"Hobby Natura" - Anno X, numero 2     (dicembre 2001)

Il "Parco Acqueo Urbano" fra Mestre e Venezia

“Miracolo a Mestre” si potrebbe dire, parafrasando il film di De Sica sulla Milano del dopoguerra. Nella nostra sceneggiatura alla fine non si vola per il cielo a cavallo delle scope, ma dopo aver percorso sull’erba il nuovissimo parco di San Giuliano, si va a veleggiare nel “Parco Acqueo Urbano”, nella laguna fra San Giuliano e Venezia. Parlare di miracolo non è così improprio se pensiamo che poco più di vent’anni fa, Mestre era per definizione una marmellata edilizia con qualche “aiuola” qua e là, come il giardino di villa Querini, la rotonda di Carpendo o il grande – si diceva così – parco Allende; inserti verdi, in buona parte da “non calpestare”, in grado solo di rafforzare le definizioni di “città dormitorio” o “città cementificata”. Mestre bella è stato coniato da Gaetano Zorzetto negli anni ’80, ed è opinione comune che quanto ora è in corso di realizzazione vada ascritto soprattutto al suo operato. Il “Parco di San Giuliano” è il primo frutto di quella concezione, e considera un territorio complessivo di ben 700 ettari che va da Campalto all’area dei Pili a Marghera, comprendendo anche lo storico forte Marghera e una fascia verde lungo il Marzenego che ingloba anche il piccolo – ora si dice così – parco Allende. Nell’area del parco di San Giuliano, il più grande parco urbano d’Italia, è prossimo al completamento un primo stralcio di circa 60 ettari, un pezzetto esteso più del doppio del parco della Bissuola, che già permetterà di spaziare con lo sguardo sulla laguna più famosa al mondo, un paesaggio superbo fatto di luce e di acqua, con un orizzonte che comprende i campanili di Venezia e le isole incastonate in laguna nord. 

Questo parco ha forse un unico neo: è stato concepito per comprendere rive e barene, prevede al suo interno un grande “Polo Nautico”, ma non considera affatto la laguna che lo bagna e lo caratterizza, relegandola a magnifico ma lontano scenario. Quella laguna rimaneva in balìa dell’abbandono, o meglio, di un destino incerto. 
L’idea del “Parco Acqueo Urbano” prende corpo dai cittadini che in quei luoghi, da oltre un quarto di secolo, praticano vela, voga e canoa, attività che in Venezia costituiscono un vero e proprio monumento vivo alla storia e alle tradizioni della Serenissima . 

 

Un parco acqueo inteso come il naturale e necessario prolungamento in laguna del parco di San Giuliano, in piena sintonia con una concezione per certi versi rivoluzionaria, che intende finalmente la superficie della laguna alla stregua di un pezzo di città. Sono inizialmente nove le società nautiche sportive e culturali che nel marzo del 2000 costituiscono il “Movimento per l’adozione amParco Acqueo tra Mestre e Veneziabientale della laguna davanti San Giuliano”. Si tratta di società le cui basi nautiche sono poste proprio ai vertici dell’area adottata, collocate come sono a San Giuliano, Campalto e Cannaregio, punti ideali per controllare a vista quanto succede in quelle acque. L’area considerata ha inizio sulla linea di gronda fra San Giuliano e Campalto, e arriva fino al canale delle Sacche, su cui è affacciato il sestiere di Cannaregio.

Verso ovest l’area è delimitata dal canale di San Secondo, che corre parallelo e poco distante dal ponte della Libertà; a est è elimitata dai canali di Campalto e Tortolo. Risultano così 600 ettari di laguna – un centesimo circa di tutta la sua superficie – sui quali, a parte qualche seràgia superstite, non è di fatto permessa alcuna attività, e sui quali, in base a ordinanze in vigore, è vietato il transito a motore.

Venezia è la città che dalla sua laguna ha tratto la nascita, le fortune e la fama mondiale; ed è di gran lunga la città che oggi, per estensione dei confini comunali e per numero di abitanti, può ben dire di rappresentare la laguna. Non è invece altrettanto noto che ben due terzi degli abitanti del Comune di Venezia, la larga maggioranza, risiedono in terraferma, a Mestre. Quando si parla di veneziani ci si riferisce in realtà ad una popolazione che in larga maggioranza abita a Mestre, e che nella sostanza ignora la propria laguna, conoscendola tutt’al più dall’autobus o dal vaporetto. E’ emblematico in proposito il risultato dell’inchiesta che il prof. Franceschini ha effettuato nel 2000 fra gli studenti del liceo scientifico “G. Bruno” di Mestre. Su millecinquanta studenti oltre mille non sapevano né che Mestre fosse bagnata dalla laguna, né che da Mestre fosse possibile fare attività di vela, voga o canoa; che fosse cioè possibile vivere la laguna, che fosse possibile esserne parte, sentirla propria, intrattenere un legame. Vivere la laguna significa lasciarsi avvolgere dalla sua natura, ascoltarne i silenzi, adattarsi al moto delle acque e dei venti, delle maree; interpretarne i colori e gli odori, scoprirne angoli e panorami irreali… Tutto questo non è possibile recepirlo dal ponte della Libertà o dal vaporetto. In laguna bisogna avanzare silenziosamente con il remo o con la vela per coglierne le preziosità, le fragilità, per potersene innamorare… Per capire, ad esempio, come l’Unesco – ma un po’ tutto il mondo - la consideri patrimonio culturale dell’umanità. Oggi il fascino della laguna è tale che molto facilmente si possono rastrellare migliaia di turisti, un businnes di cui è indice il preoccupante incremento del traffico acqueo. Fra non molto, continuasse così, vaporetti, taxi acquei, lancioni, barchini e barconi, saturato lo spazio esistente, potranno solo ammirare se stessi, il loro fracasso, odorare le reciproche puzze degli scappamenti e soffrire un moto ondoso perpetuo ma finalmente non più aumentabile. Tutto questo è stato denunciato all’opinione pubblica infinite volte da vari soggetti e riguarda la totalità della superficie lagunare: è la guerra più paurosa mai combattuta dalla Serenissima, con il nemico che agisce dall’interno e parla perfettamente in venessian. Una guerra che riguarda anche il “parco Acqueo Urbano” fra Mestre e Venezia. Questo nuovo pezzo anfibio di Mestre, che sta crescendo a San Giuliano, comodamente accessibile in auto, a cinque minuti da aeroporto e casinò, rischia di diventare talmente bello e attraente da suscitare gli appetiti del turismo senza qualità, ispirato dal businnes e alimentato dalla cultura dell’esibizione e dell’eccesso. Quel migliaio di barche d’altura stazionate in Canal Salso, ad esempio, possono diventare l’avanguardia di una Miami Beach veneziana cui andrebbe molto bene il possesso della laguna urbana e delle sue isole. Oppure, magari nel corso di una crisi politica, potrebbe sfondare quell’incontenibile voglia di trasformare San Giuliano in grande terminal turistico, in barba a quanto previsto dai consolidati indirizzi urbanistici. Oggi, in conclusione, non è ancora scontato che il territorio del parco di San Giuliano rimanga quell’oasi di verde, acqua e pace, così scrupolosamente descritta dal bando del progetto internazionale e tante volta riproposta in articoli e pubblicazioni. La vocazione originale va ancora difesa e sostenuta, fintantoché diventi reale e possibilmente irreversibile.

Il grande parco Acqueo Urbano, che comprende le tre isole di Campalto, San Giuliano e San Secondo, si trova proprio nel cuore della città metropolitana, raggiungibile, letteralmente in dieci minuti, sia dal centro di Mestre che dal centro di Venezia. Potrà diventare uno spazio acqueo fruibile per le attività nautiche sportive – le federazioni di vela e canoa ne condividono il progetto – ma soprattutto potrà quotidianamente essere la méta per bimbi, giovani e meno giovani che intendano trascorrere qualche ora speciale fra acqua e cielo. Un luogo in grado di rinverdire, soprattutto nelle nuove generazioni di veneziani, la tradizione e il piacere dell’andar per acque, sicuramente il solo modo efficace per vivificare e sentire propria almeno questa piccola e particolare porzione di laguna.

Adola è l’acronimo che identifica il “movimento per l’ADOzione ambientale della LAguna davanti San Giuliano”, ed oggi esprime la volontà, oltreché dei duemila soci delle società sportive che la costituiscono, anche delle istituzioni, federazioni e associazioni – ambientaliste, sportive e culturali – che ne condividono l’idea e le finalità. Il “parco Acqueo” non è ancora considerato dagli attuali strumenti urbanistici, ma esistono a riguardo formali pronunciamenti da parte dei tre Consigli di Quartiere con competenza nell’area e soprattutto è considerato con sufficiente precisione nel testo provvisorio della Variante al Piano Regolatore per la Laguna, testo già licenziato dalla giunta comunale nel marzo di quest’anno, primo atto d’approvazione del lungo e difficile iter previsto dai piani urbanistici. Domenica 21 ottobre 2001, nel primo pomeriggio, percorrendo in auto il ponte della libertà, nell’area lagunare del “parco Acqueo” si contavano almeno una settantina di piccole barche a vela. Era in pieno svolgimento la regata Optimist per le XXXIV e Veneziadi, solo l’ultima di tante manifestazioni ospitate nel 2001 nel parco Acqueo Urbano. Fra queste anche la simbolica ’“Inaugurazione popolare del parco Acqueo fra Mestre e Venezia”, celebrata il 6 maggio al largo di San Giuliano alla presenza del Prosindaco di Mestre, fra studenti e sportivi e in compagnia di Gobius, il pesciolino-mascotte protagonista di piccole avventure in una laguna che rapisce facilmente le fantasie dei ragazzi. Questo territorio, nel 2002, oltre alle tante regate e attività consolidate, vedrà nuovamente i corsi di voga e canoa - programmati in orario scolastico - per gli studenti degli Istituti Superiori, ma la novità sarà data dall’arrivo in gronda delle scolaresche delle scuole elementari e medie, che visiteranno questi luoghi – “…ancora fuori dai circuiti del tempo libero…” – guidati dai responsabili degli Itinerari Educativi della Pubblica Istruzione del Comune di Venezia. Per metà anno è anche programmato il completamento, da parte del Magistrato delle Acque, della banchina del “Polo Nautico”, un’opera importante e di notevole impatto visivo, progettata dall’arch. Di Mambro – progettista del parco di San Giuliano – in stretta collaborazione con le società sportive destinatarie dell’opera. Se per quell’epoca la candida pietra d’Istria della banchina avrà anche i colori vivaci di kayak e spinnaker, e se da quella riva sin qui muta e deserta saliranno gli “ohe!” dei maestri di voga, ebbene, sarebbe forse il caso di cominciare a crederci; il primo ciack sarebbe stato dato, “miracolo a Mestre” si gira per davvero.

Vittorio Resto