La
lezione è venuta da una dolce signora francese, minuta e
emozionata, che con brevi parole ha ricordato un concetto
che tanti, troppi veneziani hanno dimenticato.
«Usiamo le barche tradizionali in legno - ha spiegato -
per essere esempio di vita e di rispetto per la città che
amiamo».
Una città, ha aggiunto, che va protetta da troppi
pericoli. Già, pericoli.
La
signora è
Peggy
Groult, a Venezia dal 1989: 16 anni nei
quali ha capìto molte cose, tanto da creare il club degli
Amici della Sanpierota non per tutelare o diffondere un
tipo di barca, che in fondo non ne ha bisogno, ma per fare
da collante tra quanti concepiscono Venezia in un certo
modo, e attraverso "quella" barca e
"quelle" persone cercare di difenderla da usi
incompatibili.
Peccato che se ne vada via: la vita la chiama altrove. Lo
ha annunciato ieri in una occasione quasi simbolica, ricca
di promesse per il sogno che ha coltivato: il varo di una
nuova sanpierota.
Un varo
che corona un altro sogno, lanciato 20 anni fa da quel
matto di
Cesare Scarpa
e da pochi altri, quello di
recuperare alla città la Certosa .
Il tempo gli ha dato ragione, e ora l'isola dall'abbandono
sta rifiorendo a nuova vita grazie a Vento di Venezia, la
società che 15 mesi fa ha raccolto l'invito del Comune a
insediare nei capannoni a destinazione produttiva delle
attività artigianali compatibili con il nascente parco
urbano.
«In
questi 15 mesi ci siamo ammazzati di lavoro», ha
raccontato prima del varo l'amministratore della società,
Alberto Sonino, velista di caratura internazionale come
del resto i soci Matteo Vianello e Giovanni Soldini.
Ora l'isola, ha aggiunto, non è solo un cantiere, ma è
un luogo dove si svolgono attività sportive ed eventi
culturali in collaborazione con le realtà più vive del
territorio, dove giovani da tutta Europa, grazie alla
collaborazione coi Glenàns e con l'Associazione vela al
terzo, praticheranno l'andare a vela e si avvicineranno
alla laguna, dove altri, grazie ad Emergency, conosceranno
i valori della pace e della solidarietà, dove altri
ancora, infine, grazie ai percorsi naturalistici e
archeologici, impareranno a rispettare l'ambiente e a
conoscere la storia. E quando a breve ci sarà il parco, i
veneziani avranno una nuova mèta per il loro tempo
libero, presto collegata con un regolare servizio Actv.
La prima
barca realizzata nel Polo nautico, dunque, non poteva
essere che una sanpierota, barca versatile e connaturata
con la laguna, benedetta ieri davanti a tantissimi
appassionati da
padre Sergio
Tellan, parroco capuccino del
Redentore. In acqua, a remi, fa un bel vedere, e presto la
si misurerà a vela.
L'ha
disegnata («non cade foglia senza foglio», diceva il
grande Nino Giuponi) e realizzata, rispettando la
tradizione ma non disdegnando materiali innovativi,
Matteo
Tamassia, maestro d'ascia toscano giunto a Venezia, come
Peggy, 16 anni fa (si vede che è il tempo giusto...).
L'armatore, infine, è
Alessandro
Vercio, anch'egli noto
velista a cui, come ha raccontato, «si sono accese le
lampadine» per la vela al terzo grazie al fratello
Giovanni. Vive in Olanda con la compagna
Wendy De
Groot,
che è stata la madrina del varo, e tornerà a Venezia in
occasione di ogni regata. «Ma non è detto - ha buttato lì
- che "Vento di Venezia" (questo il nome della
barca,ndr) non diventi la prima sanpierota di Amsterdam».
Silvio
Testa
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