DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
MARIO CALABRESI
NEW
YORK
L’alberello
numero uno ha un braccialetto di plastica gialla, con il nome e la
data in cui l'hanno piantato, chiuso intorno ad un ramo, simile a
quelli che si mettono ai neonati nei reparti di maternità.
Si
chiama Carolina Silverbell, dal nome della sua famiglia, e un
giorno farà i fiori bianchi. Lo ha piantato il sindaco Bloomberg
in persona una settimana fa.
E' su un marciapiede di fronte alla Chiesa Battista Mount Lebanon,
ricavata dentro il capannone di un carrozziere. Sembra godere di
buona salute.
Anche
i 48 fratelli che gli stanno vicino indossano un braccialetto
colorato e sono tutti sostenuti da due robusti paletti. Sono
striminziti e con poche foglioline ma hanno un grande valore
simbolico, rappresentano l'avanguardia di una nuova idea di città,
sono i primi di un milione di alberi che New York pianterà nei
prossimi dieci anni.
Un
progetto che decollerà domani mattina con il Park Day, quando ne
verranno aggiunti ben ventimila in una sola giornata.
Hanno
deciso di cominciare da qui, da Morrisania, nella parte sud del
Bronx, perché è l'area con il più alto tasso di bambini
asmatici di tutta New York. Non è difficile crederlo. A
Morrisania un tempo gli alberi erano tantissimi, dalla metà del
Seicento tutta la zona a est dell'HarIem River diventò la
tenuta di campagna della famiglia Morris. Lewis, uno dei
discendenti e tra i firmatari della Dichiarazione d'Indipendenza
americana, nel 1790 voleva metterci la capitale degli Stati Uniti
ma poi
vinse
Washington. A metà dell'Ottocento la famiglia accettò il
passaggio della ferrovia e fondò un villaggio a cui
diede
il proprio nome, poi
la
metropolitana, arrivata qui 100 anni fa, fece il resto e oggi,
prima di questi 49 alberelli, di verde e di campagna non c'era più
nessuna traccia.
Casette
basse per una decina di isolati, poi
il
grande tribunale, la superstrada e uno sfondo di palazzoni
popolari. Solo
cemento,
asfalto e un immenso murales dedicato alla memoria di Kenny,
Dematt e Scrams, ragazzi caduti in un'antica guerra tra bande, che
si
richiama
al film «I Guerrieri della Notte»: si
vedono
le rovine fumanti della città all'ora del tramonto.
Il
sindaco è venuto fin qui, accompagnato da una banda di ragazzini
in maglietta rossa e da Big Bird, il pupazzone giallo più famoso
tra i bambini d'America, perché vuole ribaltare quell'immagine. E
ha voluto strafare, non solo
gli
alberelli ma anche i fiori: davanti alla scuola media Arturo Toscanini
al numero 1000 di Teller Avenue ha fatto anche costruire
un magnifico roseto.
Frances
abita in zona da due anni, ha appena accompagnato sua figlia in
classe, e sorride a ricordare Bloomberg con l'abito blu, la
cravatta rossa, le scarpe nere e la pala in mano: «Certo che ci
ha fatto piacere, ma ci siamo anche molto preoccupati: se sono
partiti a mettere gli alberi da qui allora vuol dire davvero che
è il posto più irrespirabile di tutta NewYork. Non avevamo
dubbi, tutti i compagni di classe di Caroline hanno la tosse
cronica». E proprio i bambini sono stati i migliori alleati di
Michael Bloomberg nella
battaglia per far approvare il suo ambizioso piano ambientale: li
ha usati negli spot televisivi per piegare l'opposizione del
Parlamento statale che frenava le politiche antismog. Si vedevano
madri in pena per i figli asmatici, la telecamera inquadrava i
volti, in basso scorrevano i nomi dei ragazzini e poi una voce
fuori campo si chiedeva se fosse giusto continuare così.
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CATHLEEN
SCHINE
NEW
YORK
Radici
profonde e chiome colorate gli alberi, i monumenti più belli.
Il
sindaco Bloomberg ha in programma di piantare un milione di alberi
a New York. Un po' come l’installazione di Christo a Central
Park di qualche anno fa, con alberi verdi al posto dei drappi
arancioni sventolanti!
E
gli alberi restano.
E
sono alberi, l'importante è questo!
Gli
alberi sono preziosi in città. La gente viene a New York perle
luci sfavillanti, per le strade affollate e la frenesia urbana.
Nessuno viene per gli alberi.
Ma
gli alberi, miracolosamente, a New York ci sono lo stesso, più di
5 milioni e di 168 specie diverse. Sui marciapiedi oziano come
esili adolescenti, nei parchi allargano le loro chiome sontuose.
Ovunque sono una boccata d'aria.
E
risulta che davvero aiutano a respirare.
Il
primo albero del milione promesso dal sindaco è stato piantato in
una zona del Bronx scelta per l'insolita incidenza di asma tra gli
abitanti. Gli alberi contribuiscono a ripulire l'aria inquinata e
ad abbassare la temperatura in una grande città. Fanno da filtri,
ventilatori, ombrelli. E sono alberi, l'importante è questo!
Gli
altri 999.999 verranno piantati nell'arco dei prossimi 10 anni
nell'ambito del progetto Planyc voluto dal sindaco Bloomberg per
rendere la città più verde, non solo in senso arboreo, ma
ambientalista. Sono una grande amante dei 5 milioni di alberi di
questa città (oggi 5.000.001), e non vedo l'ora di dare il
benvenuto a tutti i ciliegi in fiore, agli aceri, alle querce,
agli ippocastani e ai ginko che verranno.
Ogni volta che esco in strada col cane mi accoglie lo stridore
e il rombo di un autobus, il ruggito di una motocicletta,
l'isterico strombazzare dei taxi fermi al semaforo, il frastuono
di un'autoradio, il palpito di un elicottero sopra la testa.
Poi il cane e io entriamo nel parco.
Gli elicotteri, le moto e i clacson strombazzanti arretrano.
Cantano gli uccelli. Chiacchiera uno scoiattolo. Tutto grazie agli
alberi.
I
boschi delle fiabe, fitti e scuri, sono pericolosi, paurosi,
popolati di lupi, serpenti e piante velenose. Ma le foreste urbane
di New York ispirano ottimismo e speranza. Forse perché non sono
boschi veri, ma solo agglomerati di alberi, piantati dall'uomo per
addolcire la vista e lenire i sensi.
Sono
uno scudo, una tregua, così belli e inattesi.
In
inverno si riducono a sagome spoglie stagliate contro il cielo
grigio.
In
primavera i tigli spandono il loro profumo seducente e i petali
dei fiori di melo cadono fluttuando sul marciapiede. In estate il
fogliame screzia d'ombra il cemento incandescente. E,
ora, danno frutto. Una foresta urbana dà vita a un
raccolto urbano. Grassi scoiattoli si affannano a banchettare con
piccole mele rosse e grandi bacche gialle. Sui sentieri si
ammassano ghiande e castagne. E dalla vetta dell'albero più alto,
col tronco crivellato dai picchi, il falco coda rossa ci osserva.
È questa per me la vita di città.
Traduzione
di Emilia Benghi
L'AUTRICE
Ha scritto "Lettera d'amore".
II
suo ultimo libro, "I newyorkesi", è ambientato a
Centra] Park
CATHLEEN
SCHINE
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Alla
fine il sindaco ha vinto e la città avrà il ticket per le auto in
ingresso, un piano per ridurre i consumi energetici e le emissioni del
30 per cento, un parco raggiungibile in dieci minuti a piedi da ogni
casa, nuove linee della metropolitana, un progetto per ripulire i fiumi
e soprattutto il famoso milione di alberi.
Nelle
strade ne verranno piantati 220mila, di più non ce ne stanno, gli altri
780mila andranno nei giardini, nei playground, nelle scuole, nei cortili
e nei parchi.
L'idea
è partita dalle statistiche delle malattie respiratorie: nell'ufficio
del sindaco e al Dipartimento dei Parchi hanno preparato una cartina
della città in cui erano evidenziate le zone critiche, colorate in modo
più intenso a seconda dell'incidenza dell'asma sulla popolazione.
L'idea
era quella di mettere alberi dove maggiore era il problema. Ma non era
così semplice: prima bisognava mappare la città, fare il Grande
Censimento degli Alberi di New York. Si è cominciato dalle immagini
satellitari di ogni quartiere, poi le hanno divise per isolato e 1000
persone tra volontari e dipendenti comunali, ognuno con un computer
palmare, hanno lavorato per 30mila ore e li hanno contati uno per uno,
strada per strada, indicando anche lo stato di salute e la famiglia di
appartenenza: per le vie della Grande Mela fino alla settimana scorsa
c'erano 592.130 alberi di 168 specie differenti.
Oggi
sono già 49 in più e da domani la cifrà
crescerà di diecimila al mese.
Il
database creato è impressionante e la città ora sarà in grado in
tempo reale di moniorare ogni albero.
Ma se immaginare Teller Avenué
ombreggiata non colpisce certo la fantasia, per farsi un'idea di cosa
significa che la città dei grattacieli vuole diventare la città degli
alberi, si pensi che a Midtown Manhattan, nella zona che va dall'Empire
State Building fino a Union Square ne verranno piantati più di
cinquemila.
La Quinta strada alberata, l'ombra su
Madison Avenue, i fiori su Lexington è qualcosa che non fa parte della
cartolina.
Ma il sindaco ha giocato sull'orgoglio
dei newyorkesi, raccontando che la metropoli oggi più ricca e sicura
d'America dovrà essere anche la più verde, e sul loro portafoglio: crescerà
il valore delle case e risparmierete sulla bolletta elettrica, perché
farà meno caldo e ci sarà meno inquinamento.
«New York -ha detto Bloomberg davanti ai
ragazzini portoricani che addentavano la merenda della ricreazione, un
panino da 99 centesimi spalmato di burro e con una fettina di prosciutto
cotto - è sempre stata la città dei grandi sogni e delle grandi idee,
permettiamoci anche questa». Gli scolari hanno applaudito diligentemente, anche se avevano chiaro che il sindaco non stava parlando a loro.
Il progetto è costoso, la città ha
programmato di investire 400 milioni di dollari per regalarsi 600 mila
alberi, gli altri dovrebbero essere a carico di finanzieri, costruttori,
organizzazioni no-profit, comitati di quartiere, negozianti e cittadini.
L'idea è che ogni condominio, ogni
bottega, biblioteca o famiglia adotti la sua pianta, si conta sull'aiuto
di tutti, anche se su qualcuno si punta di più. Bette Midler, l'attrice
del «Club delle prime mogli», fondatrice del New York Restoration
Project, partner della città in questo progetto, non ha peli sulla
lingua: «Sì sarà costoso, ma se le 92 compagnie newyorkesi che stanno
nella classifica di Fortune delle 500 più ricche del mondo
contribuissero ciascuna con 2,2 milioni di dollari, o se le mille
compagnie più potenti della città mettessero 200mila dollari a testa,
o se i 3,7 milioni di abitanti che lavorano investissero 5 dollari al
mese o se solo uno dei grandi manager degli hedge fund ci regalasse il
suo bonus di fine anno allora ce l'avremmo fatta».
Ma non ci sarà bisogno di elemosinare
troppo, oggi l'ambiente è diventato di moda in una città in cui i
ristoranti più chic hanno cominciato a servire l'acqua del rubinetto in
caraffe di cristallo «perché è così poco politicamente corretto bere
da una bottiglia che per arrivare sul tavolo ha dovuto viaggiare per
giorni con un consumo di energia e carburante altissimo».
Una città che ha eletto un sindaco
repubblicano ma vota democratico e sta riempiendo
all'inverosimile le casse di Hillary
Clinton. Una città che aveva votato presidente Al Gore con l'ottanta
per cento.
Anche il primo cittadino di Los Angeles,
Antonio Villaraigosa, un anno prima di Bloomberg aveva lanciato l'idea
del milione di alberi, mala cosa ha fatto meno effetto, non era così
glamour.
Guardare le vetrine di Tiffany all'ombra
di un acero rosso fa più impressione che pensare di piantumare gli
sconfinati viali della città californiana.
Domani mattina sulla 75esima strada,
nell'elegante Upper East Side, sarà il turno degli
alunni della scuola media Robert Wagner, aiutati dalle signore che
passano i loro pomeriggi al «Knitting 3, 2, 1», un centro dove ti
insegnano a lavorare a maglia.
E da lunedì prossimo, ogni giorno le divise marroni dei giardinieri del
Dipartimento dei Parchi e le magliette bianche e verdi dei volontari
appariranno in una via diversa per cambiare volto alla città.
Al termine della cura ci saranno tanti viali alberati che se li si
mettesse uno dietro l'altro si potrebbe arrivare fino a Las Vegas.
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