Ricordate
la meraviglia, lo stupore, che suscitò la prima lettura
dell'attraversata delle Alpi fatta da Annibale con quegli
animali enormi e per certi versi buffi mai visti prima in
Italia?
Fu
un avvenimento eccezionale, non più ripetuto, rimasto
quasi un mito nelle pagine dei libri di storia.
Qualcosa di simile accadde anche dalle nostre parti nel
1439. Solo che in quella occasione non furono gli elefanti
ma autentiche navi ad essere protagoniste; navi che,
trainate da migliaia di uomini e di buoi, ripercorsero a
ritroso il fiume Adige, risalirono l'allora splendido lago
di S. Andrea (lago di Loppio), si inerpicarono al passo
San Giovanni e si tuffarono nel lago di Garda attraverso
l'idilliaca valletta di Santa Lucia posta sotto la rocca
di Castel Penede di Nago.
L'avvenimento di grandiosità biblica deve aver colpito la
fantasia di tutti se uno storico dell'epoca scrive: "e
io non mi fermo a descrivere un fatto meraviglioso e quasi
incredibile, se non fosse stato eseguito sotto gli occhi
di migliaia di testimoni, e non venisse celebrato da tutti
gli scrittori".
In
effetti fu un'operazione militare unica nella storia della
marina da guerra. Veniamo alla cronaca.
Si è allora in pieno conflitto fra la repubblica di
Venezia ed il Duca di Milano Filippo Maria Visconti.
Erasmo da Nardi, il celebre Gattamelata, guida l'esercito
della prima mentre il secondo è affidato a Nicolò
Piccinino altrettanto rinomato capitano di ventura.
Le
sorti della guerra: 1426-1454) volgono a favore dei
milanesi. Infatti l'armata viscontea ha invaso la Pianura
Padana raggiungendo Verona e cingendo d'assedio Brescia.
La città lombarda resisterà eroicamente per ben tre
anni: alla fine più di metà degli abitanti risulterà
morta di stenti e di fame.
Urge
quindi portare subito soccorso e vettovaglie: le
richieste dei dispacci sono drammatiche e martellanti.
Come
fare?
Le vie della Pianura Padana sono controllate assieme a
quasi tutto il lago di Garda dal Piccinino.
I
veneziani abituati da sempre ad imprese audaci (lo ammette
persino il segretario del nemico Filippo Maria Visconti: "non
è per nulla da meravigliarsi che dai veneziani sia stato
intrapreso un sacrificio di tanta mole"), escogitando,
pensate, di aggirare il nemico con navi via terra e di
arrivare a Brescia alle spalle attraverso la Valle del
Chiese e la Valle di Ledro, rimasta da sempre indipendente
ma fedele a Venezia. Per raggiungere la Valle di Ledro
occorre però mantenere il controllo delle acque dell'Alto
Garda. I viveri devono pervenire al porto di Torbole e di
qui essere trasportati senza perder tempo a quello del
Ponale situato tra Riva e Limone, da dove sale un tortuoso
e difficile sentiero.
L'ordine
del Senato veneziano è perentorio: "dedicarsi
con ogni cura a caricare e stivare tutto prima di varare
le navi in modo che in acqua vi salgano gli equipaggi e
partano in modo che arrivino al Ponale prima che i nemici
si accorgano".
Era
sicuramente un eccesso di ottimismo pensare che le navi
potessero essere caricate prima del varo. Infatti
arriveranno malconce a Torbole e dovranno essere riparate.
Il
Senato tuttavia era nel giusto nel ritenere che bisognava
agire di sorpresa. L'impresa è durissima: occorre prima
studiarla nei minimi particolari. Il 1 dicembre 1438 viene
caricato all'uopo un vecchio marinaio Sobolo di Candia il
quale deve aver esplorato in sopralluogo il percorso e
sondato la profondità dell'Adige dichiara di essere in
grado di portare a compimento l'arduo compito.
Il 19 febbraio 1439 il Senato da ordine ai
capi dell'Arsenale di apportare in 15 giorni una galea
uguale a quella già fatta ed armata.
Scrive Marco Antonio Sabellico nella Storia
Veneziana che dopo tre mesi dalla partenza quei
"legni" furono tratti da Venezia e condotti a
Torbole ponendo sotto le galee travi da scorrere. Gli
altri navigli furono sistemati sui carri e in più
numerosi brigantini.
Andò male tuttavia e la flotta trasportata
con tanto dispendio di denaro e fatica fu quasi
completamente distrutta dal Piccinino al largo delle acque
di Maderno il 29 settembre 1439.
La tenacia dei Veneziani però vinse anche
questo primo momento di grande sconforto in cui tutta la
città era piombata all'infasta notizia.
Il leone, simbolo della Serenissima, ruggisce. Si decide allora di
costruire una seconda flotta, questa volta direttamente
sul posto in considerazione delle grandissime difficoltà
riscontrate l'anno precedente. "Acciocché
non paresse che avessero perduto l'animo, ordinarono una
nuova armata, da essere posta nel lago con diverso modo da
quello di prima, cioè che i legnami e le altre materie
fossero condotte a Torbole su 600 carri... ".
E il 5 maggio dell'anno successivo, nel 1440
hanno finalmente ragione della flotta milanese nelle acque
del Ponale, rendendo così possibile l'invio dei soccorsi
a Brescia che viene liberata.
Questi
i fatti storici.
L'Amministrazione
comunale di Nago-Torbole, d'intesa con quella veneziana,
avrebbe intenzione di ricordare l'accaduto con l'erezione
di un monumento al Passo San Giovanni nella ricorrenza del
550" anniversario nel 1989.
La scritta potrebbe essere la stessa con cui il Senato veneziano ringraziò
il Sorbolo: "... in
conducendo galeas per montes in lacu Gardae cum gloria
nostra".
Sarebbe altrettanto l'occasione di eternare
un'impresa che ha dell'incredibile, veramente degna di
essere ricordata e tramandata ai posteri.
Annibale
valicò le Alpi con gli elefanti, Napoleone con i cannoni,
i Veneziani addirittura con le navi: un
trittico niente male.
Rigotti
Ottorino
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