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Enrico Baccarini - La Prodigiosa Traversata dell'Arca di San Giuliano, di Lidia Parentelli
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LA PRODIGIOSA "TRAVERSATA"

DELL'ARCA DI SAN GIULIANO


Traslata dagli Angeli sui flutti, come la Santa Casa di Loreto, dai Dardanelli all'antico

Borgo Marinaro di Rimini. 

di Lidia Parentelli

Tratto da ARCHEOMISTERI, I Quaderni di Atlantide - n°6 Novembre/Dicembre 2002


 

 

Chiunque, presto o tardi, si trovi a Rimini nel corso della tipica stagione balneare sulla Riviera Romagnola, si sarà sicuramente ritrovato sulla tavola una tipica ed immancabile bottiglia: quella di acqua minerale naturale dell’antica Fonte Sacramora, che sgorga a pochi chilometri dal centro dell’antica città malatestiana.

  

Il toponimo "Sacramora" sta per "Sacra Dimora", e si riferisce al punto in cui sarebbe approdato dal mare, lungo il litorale riminese, il sarcofago in pietra contenente i resti mortali di San Giuliano Martire e in cui sarebbe sgorgata miracolosamente la fonte, come ribadisce la scritta sul cippo eretto a ricordo di un millennio trascorso sulla polla della "Sacra Dimora":

"LA ECCEZIONALE MORA DELL’ARCA DI GIULIANO MARTIRE DI CRISTO HA SUSCITATO LA SALUTARE E BENEFICA POLLA CHE ZAMPILLANDO GIOIOSA RICANTA IL PRODIGIO ETERNANDOLO NEI TEMPI".

Avete letto e capito bene: fu proprio un'arca funeraria litica, un vero e proprio sarcofago di marmo d’Istria alto metri 1,50 e lungo metri 2, che - a dispetto del suo più che considerevole peso - sarebbe giunto prodigiosamente via mare sulle spiagge romagnole con una incredibile "traversata" che ce la avrebbe portata "galleggiando sui flutti per miracoloso intervento angelico".
 

La tradizione risale al 957 d.C., quando la tomba del martire posta su uno scoglio a

strapiombo sulla costa fra Grecia e Turchia, nello Stretto dei Dardanelli, sarebbe franata rovinosamente nel mare sottostante.

Per immediato intervento celeste, essa sarebbe però stata presa sotto tutela dagli Angeli che, "circonfondendola di luce", sulle acque del Mediterraneo - dal Mar Egeo al Mare Adriatico attraverso lo Jonio - la avrebbero poi traslata fino al litorale riminese dove, presa terra, sarebbe infine stata posta nell’Abbazia dei SS. Pietro e Paolo che sorgeva ove oggi è la Chiesa di San Giuliano, nel Borgo Marinaro.
 

Questa leggenda riposa su una millenaria tradizione che autorità e popolo autenticano fino dal 1152 e rivela la esuberante vita di fede di quelle anime e la profonda venerazione che ispirò la figura del martire giovanetto.

I Benedettini Cassinesi furono i primi assertori del culto di Giuliano consacrandogli un altare e associandone il titolo fin dal 1164 alla chiesa.

Una storia, questa, che per molti, troppi aspetti ricorda evidentemente la altrettanto "impossibile" e miracolosa "traslazione della Santa Casa" di Loreto prima a Tersatto in Dalmazia e poi sulla costa marchigiana ad opera degli stessi misteriosi e prodigiosi "vettori" celesti: gli Angeli.
 

Fantasie? Semplici pie tradizioni peraltro destituite di ogni reale fondamento? Forse.

Sta di fatto che il prodigioso arrivo del corpo di San Giuliano sul litorale riminese con il conseguente, prodigioso sgorgare in loco della Fonte Sacramora è solo, nei secoli, l’atto finale del dramma che ha caratterizzato la fine del martire.
 

Durante le persecuzioni di cui i Cristiani furono oggetto durante il regno dell’imperatore romano Traiano (249-251 d.C.), il giovane Giuliano venne tradotto dinanzi al Tribunale Imperiale del proconsole Marziano a Flaviade, in Cilicia. Il proconsole, a nome dell’Imperatore, gli ingiunse di abiurare la fede cristiana e, di fronte all’ostinazione di Giuliano, tentò di vincerne la resistenza mediante l’intervento della madre Asclepiodora. Ma senza risultato alcuno.
 

Esasperato dal proprio fallimento, Marziano - di fronte ad un ultimo interrogatorio in cui il giovane si rifiutò di apostatare - lo fece infine spogliare e ordinò che venisse rinchiuso in un sacco pieno di sabbia e serpi velenose. Quindi alla presenza dell’affranta Asclepiodora lo fece gettare in mare.

Il martirio si consumò fra i flutti, che restituirono da ultimo il corpo di Giuliano deponendolo sulle rive dell’isola egea di Proconneso o Elaphonesos (o Neuris) nel Mare di Marmara (quest’ultimo nome è dato dalle pregiate cave di marmo locali), l’antica Propontide sita fra la Turchia europea e quella asiatica. 
La pietà degli abitanti, consapevoli dell’identità del suppliziato, portò alla sua inumazione in una arca marmorea, poi collocata su uno scoglio a picco sul mare che dominava lo stretto.

Il sarcofago vi resta per oltre sette secoli, fino a quando in una notte estiva del 957 lo scoglio rovina con esso nelle acque sottostanti e si ha il subitaneo quanto inatteso e miracoloso intervento celeste.

L’arca, infatti, perde incredibilmente peso e viene velocemente condotta sulle onde dagli Angeli "ad ali spiegate" verso lo Jonio e l’Adriatico.

Unitamente alla vita ed al supplizio del martire, il prodigio, per spiegare fisicamente il quale si dovrebbero necessariamente tirare in ballo ignote energie di tipo magneto-idrodinamico, è rappresentato in varie fasi nel Dossale di San Giuliano di Bitino da Faenza (Sec. XV), con una serie di scene successive intorno alla figura centrale del Santo. E da esse ricaviamo una serie di preziose informazioni aggiuntive che è opportuno considerare. 

Intanto, non a caso il corpo del martire viene posto in un’arca marmorea posta a picco sul mare di Marmara. Esso, infatti, diviene dopo l’inumazione un "corpo glorioso" e come tale irradiante una luce soprannaturale, e il sarcofago viene dunque mostrato proiettare tutta una serie di raggi luminosi da sotto il coperchio, a mo’ di vero e proprio faro atto a guidare i naviganti nello Stretto dei Dardanelli (come illustrato da Bitino da Faenza).

Non solo. L’arca è altresì raffigurata come guidata e sostenuta sulle acque da quattro suggestivi "Angeli Nocchieri" che, seduti sui quattro angoli di questa, illuminano le tenebre notturne con lunghe fiaccole luminose atte a rischiarare la rotta sul mare verso la destinazione finale.

E questa è la scena che si presenta ad una folla stupita accorsa sul litorale di Rimini richiamata dall’anomala "burrasca" dominata dalle possenti presenze angeliche

manifestatasi al largo immediatamente prima dell’avvicinarsi dell’arca alla costa.

 

Il sarcofago si arena poi prodigiosamente sulla spiaggia riminese e, all’inizio, stranamente, a nulla varranno i vari tentativi di rimuoverla, anche con la forza di un paio di buoi. Solo quando il Vescovo di Rimini, seguito dal capitolo dei Canonici, entrerà nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo per invocare la grazia di poterla spostare, sarà allora possibile farlo con l’aiuto degli stessi buoi che pure prima non ci erano riusciti. E l’Abate ed i Monaci di S. Pietro - mentre la Fonte della Sacramora inizierà a sgorgare - accompagneranno processionalmente il sarcofago alla loro Chiesa. 

Qui, nel chiostro di S. Pietro, l’arca verrà infine scoperchiata alla presenza del Vescovo, dell’Abate, del clero e del popolo accorso a venerare le reliquie del Santo Martire.

Aumentando la devozione dei cittadini dopo la metà del XII secolo verso il martire giovinetto, Giuliano fu proclamato "patrono singolarissimo" del Comune ed il monastero, già dei SS. Pietro e Paolo, cambiò la denominazione in "San Pietro e San Giuliano Martire".

Così a San Gaudenzio e a San Colomba Rimini aggiungeva San Giuliano fra i suoi celesti patroni.

Allo stesso periodo va sicuramente assegnato il conio del "denaro riminese di San Giuliano" e questo lo fa supporre il fatto che mentre per tutte le città italiane le varie monete coniate a ricordo della loro libertà recano il nome del Santo al quale era dedicata la loro Chiesa Maggiore, per Rimini questo non è, in quanto dall’XI secolo fino alla Rivoluzione Francese il tempio maggiore della città era invece intitolato a San Colomba, mentre il denaro di San Giuliano vuole essere piuttosto una moneta commemorativa della elezione del Martire a Patrono cittadino.

Il pontefice Bonifacio IX nella Bolla del 1° giugno 1398 approvava la Messa del Santo con due uffici, uno per il Clero e per la Diocesi, l’altro dei i Monaci del Monastero dei Santi Pietro e Giuliano, nelle cui lezioni sono comprese le narrazioni degli Atti riferite dai Bollandisti il 22 giugno.

Alla storia del Martire è inoltre dedicata una Pala del Veronese che - sintesi dell’arte e della grazia proprie di Paolo Calliari - è considerata una delle opere più belle dell’artista dal Vasari, dal Lanzi e dal Muntz. Al pittore è dedicata l’attuale mostra ospitata in Castel Sismondo a Rimini.

Dietro tutta questa tradizione, comunque, c’è e resta nella sua interezza l’incidenza storica del fatto prodigioso dell’intervento degli Angeli "televettori", proprio come nel caso della Santa Casa di Loreto. 
Solo che il "miracolo" dell’arca di San Giuliano è anteriore a quello della traslazione della Casa della Santa Famiglia, anticipandone le incredibili modalità per

tecnica e caratteristiche...

 

FONTI

- Silvio Casadei, "San Giuliano nella tradizione, nel culto e nell'arte", Rimini 1910 e 1920

- Adolfo Venturi, "Storia dell'arte italiana", Vol. VII, Milano 1911

- Giuseppe Gerola, "La ricognizione della tomba si San Giuliano in Rimini", Bolletti D’Arte, V,

1911

- Rezio Buscaroli, "La pittura romagnola del Quattrocento", Firenze 1931

- Gino Ravaioli, "Le particolarità stilistiche del Polittico Bitiniano", Forlì 1931

- Giuseppe Pecci, "Bitino da Faenza", in "Il Rubicone" I, 6, 1933

- Cesare Brandi, "La pittura riminese del Trecento", Rimini 1935

- Luigi Servolini, "La pittura gotica romagnola", Forlì 1944

- Nevio Matteini, "Rimini e i suoi dintorni", Bologna 1956

- Giulio Cesare Mengozzi, "San Giuliano a Rimini", San Damiano d’Asti 1957

- P. Cannata, "Giuliano, venerato a Rimini", Roma 1965

- Adriano Gattucci, "Codici agiografici riminesi", Il Passionario della Cattedrale, Spoleto 1970 .


San Giuliano, nell’immagine centrale del Dossale di Bitino da Faenza (sec. XV)

 

Arca litica e spoglie del Santo.

 

 

 

Due delle 13 scene illustrate nel dossale di Bitino da Faenza.

  

Sopra: gli Angeli conducono

ad ali spiegate l’Arca sul mare illuminandone la traslazione notturna con prodigiose fiaccole.
  

Sotto: l’Arca, caduta in mare per il franamento della rupe a picco, inizia sul mare il suo straodinario cammino guidata da quattro "Angeli Nocchieri". 

                                                                           byRevi 31.12.2007