Le
fiamme si sono alzate alte, l'altra sera, a Campalto
illuminando a giorno un angolo di barena, quasi al termine
di via Passo, in cui convivono condomini eleganti, case
popolari e accampamenti abusivi di nomadi. Ed è proprio
da uno di questi bivacchi che verso le 22 si è sviluppato
un rogo talmente violento da distruggere in pochissimo
tempo l'attiguo deposito di kayak dell'associazione
Arcobaleno, e investire una casa, quella al civico 50 di
via delle Barene, dove abitano due famiglie di otto
rumeni, costretti a trascorre la notte in auto. Nessun
dubbio sull'origine dolosa dell'incendio che si è
sviluppato da più focolai, distribuiti quasi in maniera
scientifica a coprire l'intera area occupata dagli
zingari. A conferma che gli ignoti piromani hanno agito
con l'obiettivo di colpire e annientare, con lucida
meticolosità. Una sorta di raid punitivo oppure un
regolamento di conti firmato col fuoco maturati entrambi
nell'ambiente dei girovaghi in cui spesso e volentieri si
fronteggiano bande rivali.
I vigili
del fuoco di Mestre e di San Donà hanno faticato a domare
il fuoco che ha trovato facile esca in tutto il materiale
ammassato a ridosso delle baracche abbandonate in tutta
fretta appena alcune ore prima dell'attentato: uno
scenario di devastazione e distruzione quello restituito
dal pallido sole di ieri. La carcassa di un'Alfa 145 da
cui è probabile si sia sprigionato l'enorme falò, i
resti anneriti di un albero di Natale e di un presepe,
segno di una presenza stanziale degli inquilini costretti
a scappare precipitosamente per chissà quale
intimidazione, scorte di pane e di altri alimentari
ridotti in cenere.
E tutti
in zona parlano di una lite cruenta scoppiata il giorno
prima del disastro, fra nomadi: da una parte quelli di via
delle Barene, dall'altra quelli appartenenti a un altro
clan. E non a caso i carabinieri insieme alle volanti su
segnalazione dei residenti, erano intervenuti a
pattugliare le vie adiacenti il canale che separa dalla
laguna . Anche altre volte si erano verificati dei
battibecchi che si erano subito risolti. Stavolta
evidentemente non è andata così.
«Litigavano
nella loro lingua e così non sono riuscito a capire il
motivo. Ma urlavano e si spingevano con violenza. Questo
lunedì. Poi all'improvviso martedì, cioè l'altroieri,
di pomeriggio, hanno raccolto le loro cose e hanno
abbandonato il campo con le roulotte» dice Cristian Burca,
rumeno di 42 anni, dal 2000 in Italia. Con la moglie e la
figlia di sette anni, vive nella casetta che sul retro
confina con l'accampamento: con la sua famiglia anche
quella di un connazionale con un bimbo di tre anni.
«È
stata la mia piccolina ad accorgersi del fuoco - continua
- perché si è avvicinata alla finestra. Era già troppo
tardi. Sembrava un inferno. Siamo scappati fuori portando
alcuni vestiti, i documenti, qualcosa da mangiare». Con
orgoglio mostra la carta d'identità italiana rilasciata
dal Comune di Venezia. Lo fa anche Mihail Vitti, 38 anni.
«Siamo gente a posto. Lavoratori. Paghiamo le tasse e non
abbiamo alcun debito. La nostra unica colpa è di abitare
- spiegano - vicino agli zingari. Ora la gente può
pensare che c'entriamo qualcosa in tutto questo ma non è
vero». Cristian lavora a Venezia come dipintore e Mihail
è dipendente di Fincantieri, anche i loro due fratelli
hanno un'occupazione regolare. E ora sono preoccupati per
il futuro: «Nessuno ci dà una mano. Perché? Paghiamo le
tasse non abbiamo debiti. Paghiamo l'affitto al padrone di
casa che ora è ricoverato in casa di riposo e lo andiamo
sempre a trovare perché con noi è stato ed è generoso.
Come facciamo a passare un'altra notte in auto con i
bambini?».
L'intera
superficie interessata dall'incendio è stata sottoposta a
sequestro su mandato del magistrato di turno Gianni
Pipeschi. Affissi i sigilli anche all'ingresso della casa
di Cristian e di Mihail che però non è stata dichiarata
inagibile. Sul tetto un'aquila di terracotta, quasi a
vegliare sulla tranquillità degli inquilini. Dopo il
primo intervento delle volanti, le indagini sul grave
episodio sono passate in mano alla squadra mobile.
Monica
Andolfatto
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