Movimento per l'adozione ambientale della laguna davanti San Giuliano      

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ARCOBALENO A FUOCO
L'S.O.S di Tito Pamìo

... rompo gli indugi e, amorevolmente pressato dalle insistenze di chi vuole offrire un contributo per la rinascita dell'Arcobaleno, scrivo qui di seguito le coordinate del conto corrente bancario della nostra associazione... 
Associazione Canoistica Arcobaleno - 
c/c IBAN:
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Cassa di Risparmio di Venezia - succursale di Favaro Veneto, P.za Pastrello - Ve....
 

Ciao.. Tito


IL GAZZETTINO del Venerdi' 11 Gennaio 2008    Edizione Mestre
IL BILANCIO DEI DANNI
Danni incalcolabili per l'associazione "Arcobaleno" di Tito Pamio: divorate dal fuoco oltre cento canoe e tutte le attrezzature nautiche
(m.d.l.) Difficile quantificare i danni subiti dall'associazione di kayak Arcobaleno, presieduta da Carmela Olivieri con il marito Tito Pamio. 
Il deposito di via delle Barene a Campalto è andato completamente distrutto dalla furia dell'incendio appiccato al bivacco di nomadi confinante. 
Stando alla ricostruzione fatta dalla coppia, le avvisaglie che qualcosa di grave sarebbe senz'altro successo erano evidenti da giorni. 
Pamio aveva infatti già allertato le forze dell'ordine informando che tra la famiglia nomade accampata nei pressi del loro deposito e alcuni nomadi arrivati da fuori c'erano stati momenti di forte tensione, con scambi di accuse e minacce. «Al punto - spiega Carmela Olivieri - che la famiglia nomade che da quasi sette anni staziona vicino a noi aveva, il giorno prima, abbandonato l'accampamento per una destinazione che noi non conosciamo e nel mentre partiva il capofamiglia aveva confidato a mio marito che si stavano allontanando per paura di ritorsioni da parte dei nomadi con i quali nei giorni precedenti s'erano azzuffati».

Le fiamme dopo aver letteralmente disintegrato tre roulotte e una specie di container di proprietà dei nomadi, si sono estese al deposito dell'associazione, una vecchia fonderia che funge da ricovero per le barche. 
Insieme ai vigili del fuoco anche i tecnici dell'Enel che si sono prodigati per staccare la fornitura di energia elettrica e mettere in sicurezza le vicine centraline. «Ovviamente i danni subiti dall'associazione sono di proporzioni notevolissime - ha fatto capire la presidente - perché l'incendio ha in pratica distrutto più di cento tra canoe e kayak, altrettanta pagaie e, poi, mute, caschetti, giacche d'acqua e tanto altro materiale che l'associazione utilizzava per la pratica sportiva».

Una lite fra clan il giorno prima del rogo doloso
Fiamme altissime al campo nomadi a Campalto, incenerito il deposito di kayak confinante e lambita un’abitazione attigua
Le fiamme si sono alzate alte, l'altra sera, a Campalto illuminando a giorno un angolo di barena, quasi al termine di via Passo, in cui convivono condomini eleganti, case popolari e accampamenti abusivi di nomadi. Ed è proprio da uno di questi bivacchi che verso le 22 si è sviluppato un rogo talmente violento da distruggere in pochissimo tempo l'attiguo deposito di kayak dell'associazione Arcobaleno, e investire una casa, quella al civico 50 di via delle Barene, dove abitano due famiglie di otto rumeni, costretti a trascorre la notte in auto. Nessun dubbio sull'origine dolosa dell'incendio che si è sviluppato da più focolai, distribuiti quasi in maniera scientifica a coprire l'intera area occupata dagli zingari. A conferma che gli ignoti piromani hanno agito con l'obiettivo di colpire e annientare, con lucida meticolosità. Una sorta di raid punitivo oppure un regolamento di conti firmato col fuoco maturati entrambi nell'ambiente dei girovaghi in cui spesso e volentieri si fronteggiano bande rivali.

I vigili del fuoco di Mestre e di San Donà hanno faticato a domare il fuoco che ha trovato facile esca in tutto il materiale ammassato a ridosso delle baracche abbandonate in tutta fretta appena alcune ore prima dell'attentato: uno scenario di devastazione e distruzione quello restituito dal pallido sole di ieri. La carcassa di un'Alfa 145 da cui è probabile si sia sprigionato l'enorme falò, i resti anneriti di un albero di Natale e di un presepe, segno di una presenza stanziale degli inquilini costretti a scappare precipitosamente per chissà quale intimidazione, scorte di pane e di altri alimentari ridotti in cenere.

E tutti in zona parlano di una lite cruenta scoppiata il giorno prima del disastro, fra nomadi: da una parte quelli di via delle Barene, dall'altra quelli appartenenti a un altro clan. E non a caso i carabinieri insieme alle volanti su segnalazione dei residenti, erano intervenuti a pattugliare le vie adiacenti il canale che separa dalla laguna . Anche altre volte si erano verificati dei battibecchi che si erano subito risolti. Stavolta evidentemente non è andata così.

«Litigavano nella loro lingua e così non sono riuscito a capire il motivo. Ma urlavano e si spingevano con violenza. Questo lunedì. Poi all'improvviso martedì, cioè l'altroieri, di pomeriggio, hanno raccolto le loro cose e hanno abbandonato il campo con le roulotte» dice Cristian Burca, rumeno di 42 anni, dal 2000 in Italia. Con la moglie e la figlia di sette anni, vive nella casetta che sul retro confina con l'accampamento: con la sua famiglia anche quella di un connazionale con un bimbo di tre anni.

«È stata la mia piccolina ad accorgersi del fuoco - continua - perché si è avvicinata alla finestra. Era già troppo tardi. Sembrava un inferno. Siamo scappati fuori portando alcuni vestiti, i documenti, qualcosa da mangiare». Con orgoglio mostra la carta d'identità italiana rilasciata dal Comune di Venezia. Lo fa anche Mihail Vitti, 38 anni. «Siamo gente a posto. Lavoratori. Paghiamo le tasse e non abbiamo alcun debito. La nostra unica colpa è di abitare - spiegano - vicino agli zingari. Ora la gente può pensare che c'entriamo qualcosa in tutto questo ma non è vero». Cristian lavora a Venezia come dipintore e Mihail è dipendente di Fincantieri, anche i loro due fratelli hanno un'occupazione regolare. E ora sono preoccupati per il futuro: «Nessuno ci dà una mano. Perché? Paghiamo le tasse non abbiamo debiti. Paghiamo l'affitto al padrone di casa che ora è ricoverato in casa di riposo e lo andiamo sempre a trovare perché con noi è stato ed è generoso. Come facciamo a passare un'altra notte in auto con i bambini?».

L'intera superficie interessata dall'incendio è stata sottoposta a sequestro su mandato del magistrato di turno Gianni Pipeschi. Affissi i sigilli anche all'ingresso della casa di Cristian e di Mihail che però non è stata dichiarata inagibile. Sul tetto un'aquila di terracotta, quasi a vegliare sulla tranquillità degli inquilini. Dopo il primo intervento delle volanti, le indagini sul grave episodio sono passate in mano alla squadra mobile.

Monica Andolfatto

                                                                           byRevi Venezia 08.01.2008