L'isola
del Lazzaretto Vecchio è stata recuperata (per buona parte). Ma
ora arriva il difficile: completare l'opera, trovando una
destinazione economicamente autosufficiente (o quasi) per
l'intero complesso. E per il sindaco Massimo Cacciari, questo si
potrà fare solo con «partner privato a cui dare qualcosa in
cambio». Idea che il primo cittadino ha ribadito ieri con la
solita foga: «Questa città deve ficcarsi nella testa che mai
il pubblico avrà soldi a sufficienza per recuperare spazi di
questa mole.
Serve un privato che, per intervenire, deve avere una sua
convenienza economica. Poi il pubblico potrà contrattare, ma
questa resta l'unica strada. Non ci sono alternative, perché
non viviamo sotto il socialismo reale o il fascismo di stato, a
seconda dei gusti.
Chi voleva un bel museo pubblico a Punta della Dogana, ad
esempio, non ha capito nulla: senza Pinault oggi avremmo ancora
le pantegane a scorazzare tra i capannoni. E in un altro Pinault,
probabilmente, confida ora Cacciari anche per quest'isola della
laguna, a due passi dal Lido.
La novità, per il momento, sono i lavori di recupero appena
completati dal Magistrato alle acque, attraverso il Consorzio
Venezia Nuova, e presentati ufficialmente ieri. Quattro anni di
lavoro, 27 milioni di euro di investimento che sono bastati a
mettere in sicurezza 6.500 dei 7.800 metri quadri di costruito.
«La situazione
era molto degradata, con una boscaglia diffusa e gli edifici del
XV secolo in totale abbandono: murature disgregate, tetti
crollati, anche perché varie colonne erano state rubate nel
corso degli anni - ricorda il presidente del Magistrato alle
acque, Giovanna Maria Piva -. Con questo intervento si è
rifatto il marginamento perimetrale fino a un quota di un metro
e quaranta, per proteggere l'isola dalle mareggiate. Inoltre
sono stati recuperati i capannoni che seguono il muro
perimetrale e l'isola è stata completamente disboscata». Ora,
per un recupero finito, vanno restaurati i capannoni centrali
oltre a completare anche gli altri, che oggi si presentano come
contenitori spogli, senza impianti né infissi. Operazione da
fare con una certa fretta. «Perché, in caso contrario, il
degrado tornerà ad impossessarsi dell'isola nel giro di qualche
anno» ammonisce la stessa Piva.
Ma sul futuro
di quest'altra isola della laguna non c'è affatto chiarezza.
Ormai da anni si parla del Lazzaretto Vecchio come di una
possibile sede per un nuovo museo archeologico legato al
territorio. Ieri, non a caso, c'era anche la soprintendente
archeologica del Veneto, Maria Amalia Mastelloni.
Realisticamente, però, un museo di questo tipo non potrà
occupare tutta l'isola. «Bisogna pensare ad un progetto valido
da un punto scientifico-culturale, ma anche economico»
sottolinea anche la soprintendente che ipotizza «sinergie, non
esclusivamente pubbliche», magari per «realizzare un centro
polifunzionale culturale che possa essere anche luogo di scambio
con gli altri musei del Venezia». Per il momento solo idee,
come quelle di Cacciari che vira, però, decisamente sulla
necessità-opportunità dell'investimento privato. «Musei in
quegli spazi, ma ci stanno tutti quelli di Venezia» ironizza. E
allora? Per il sindaco si tratta di «trovare un privato con cui
concordare un progetto» che magari unisca Poveglia e
Lazzaretto, la prima da destinare ad attività ricettiva, la
seconda a usi vari, ma comunque anche redditizi. Quindi diporto
nautico, attività di ristorazione, e così via... «Sono spazi
enormi, non sarà facile gestirli» avverte Cacciari.
La palla, a
questo punto, passa al Demanio, proprietario dell'isola, a cui
sarà formalmente riconsegnata dal Magistrato. «Subito dopo
faremo un tavolo con il Comune e le soprintendenze per capire
che fare - annuncia il direttore dell'Agenzia del demanio,
Stefano Lombardi -. Tutti speriamo di fare qualcosa di bello».
Con il coinvolgimento dei privati? «Lo ha detto il sindaco,
vedremo - frena il direttore -. Tutto era nato per il museo
archeologico. Si tratta di trovare i finanziamenti».
Roberta
Brunetti
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