IL GAZZETTINO di Venezia
Isole
abbandonate. Si spera nei privati Mercoledì
28 Gennaio 2009,
Giusti trent’anni or sono i
fratelli
Giorgio e Maurizio
Crovato, assieme ad un gruppo di amici dell’associazione
Settemari, organizzarono una mostra fotografica alla Scuola
Grande di San Teodoro dal titolo “Isole abbandonate della
laguna, com’erano e come sono”.
Fu davvero una emozione
improvvisa e, pure, violenta per diverse migliaia di persone che
ebbero, così, modo, del tutto inaspettatamente, di ripercorrere
una storia antica ma dal volto disfatto dal tempo o quantomeno
terribilmente struggente negli ultimi lineamenti.
Era dolorosa
scoperta. Due secoli avevano annientato una grande vicenda, nata
quando i dogi avevano lanciato la loro prima sfida e finita
quando era stato abbandonato ogni orgoglio, era stata tradita
l’antica religione. Lasciando fantasmi.
Quella mostra
fotografica era accompagnata da un libro che illustrava i luoghi
della laguna in disfacimento rapportandoli alle immagini del
passato conservate negli archivi cittadini.
Era, insieme,
l’occasione per ripercorrerli interamente, quegli eventi, in
tutti i loro significati e denunciare, con l’immagine dello
sfacelo, la mancanza di memoria dei veneziani.
|
|
A trent’anni di distanza quel
libro-provocazione è caduto - fatto abbastanza curioso - sotto
l’attenzione di due editori inglesi: John Francis Phillimore e
Chris Wayman.
Ne è nata una riedizione, con traduzione in
inglese.
Ne è nata, altresì, insieme, l’occasione di un
bilancio.
Di domandarsi cioè, ripercorrendo l’avventura dei
fratelli Crovato, se qualche cosa è cambiato da allora, se
quella disperata denuncia di trent’anni or sono – la perdita
di tanta monumentalità - ha avuto qualche efficace seguito.
|
Si è cercato di dare pubblica
risposta a questo quesito, all’Ateneo Veneto, in un incontro
propiziato dalla comunità inglese in Venezia, orgogliosamente
presenti, come ovvio, i fratelli Crovato,
La riunione, affollatissima, era presieduta dal dott. Valerio de
Scarpis, presidente del
Circolo Italo
britannico. Ben si ha memoria del grande amore degli inglesi per
le “pietre” di Venezia.
Qualche cosa di positivo
sembrerebbe essere accaduto in questi trent’anni.
Si è,
infatti, potuto appassionatamente dissertare, nell’ordine, del
“Lazzaretto nuovo”, prezioso nido di memorie meritoriamente
curato da volontari (
Gerolamo
Fa
zzini
); si è detto della Certosa, in ripresa da quel desolante
abbandono che, dopo la caduta della Repubblica, l’ha privata
della sua antica, religiosa monumentalità, (Alberto Sonnino).
Si sono citati, pure con giusto orgoglio, l’isola di San
Servolo rivitalizzata ad opera della Amministrazione
provinciale, (Davide Zoggia). Così gli ultimi lavori al
Lazzaretto vecchio, ed all’isola di Poveglia ad opera del
Magistrato alle acque. Tutte manifestazioni di una buona,
rinascente volontà in un quadro, tuttavia, in cui ancora
prevale la constatazione di quanto è da fare e la memoria di ciò
che è andato perduto per sempre.
Non ha autorizzato a guardare il
futuro meno malinconicamente il Sindaco Massimo Cacciari.
Sottolineato quanto è stato possibile realizzare in questi
trent’anni con i mezzi messi a disposizione dalla legge
speciale, ha, infatti, invitato a togliersi illusioni
sull’immediato. Non ci saranno più soldi pubblici, in avanzo
al Mose, impegnabili nelle isole della laguna.
Occorre quindi
“sperare in un rapporto virtuoso con il privato”, senza
riserve… Con il privato “è possibile farcela”, ha
concluso.
Augusto Pulliero
|
|
|