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Da Luciano D'angelo , socio CVC,  riceviamo e molto volentieri pubblichiamo

« ... Un articolo per raccontare un incontro avuto recentemente 
con un noto autocostruttore di barche a vela.... 

Luciano D'Angelo »



Ernesto Tross e l’Orso Bianco

Mercoledì 8 aprile ho partecipato a una tavola rotonda in onore di Ernesto Tross organizzata da Oltre Mare presso la sede del CUS Ferrara. 
Alessandro Suardi (Alessandro si è occupato del dimensionamento delle parti strutturali di Orso Bianco) mi aveva informato tramite e-mail di questo evento. Due giorni dopo a Fiumicino ho avuto la possibilità di vedere Orso Bianco, l’ultima barca di Ernesto.

Ernesto è persona conosciuta in Italia nel settore velico in quanto collaboratore di Bolina e per aver scritto 2 libri (“Prua ad Est” e “ La mia Barca Sicura ”, Nutrimenti Editore), ma nell’ipotesi che qualcuno non lo abbia mai sentito nominare, un cenno biografico può essere utile. Nato in Germania, si è trasferito fin da giovane a Roma dove ha avuto una formazione e ha sempre operato nel settore artistico.

Ernesto può usufruire di periodi di vacanza più lunghi di quelli che ha la maggior parte di noi e ha sfruttato tale libertà per navigare, soprattutto nell’Oceano Indiano. A tale scopo non si è accontentato di consultare le offerte di barche nuove o usate per scegliere il proprio mezzo di trasporto, ma ha deciso di progettarlo  e realizzarlo in prima persona. Nel tempo ha costruito ben 9 barche, però quello che colpisce non è tanto il numero ma la varietà dei progetti. Ha esordito con un proa (canoa con bilanciere di tipo polinesiano), è passato a un trimarano, a un catamarano nello stile di James Warram, a un monocarena a chiglia lunga con deriva basculante, …. Non voglio annoiare con un lungo elenco di descrizioni, i disegni schematici delle barche di Ernesto sono visibili al sito:

 http://www.mediterranea.tv/Documents.asp?DocumentAreaID=3&DocumentID=51).

Anche per quanto riguarda le vele, Ernesto si è sbizzarrito nel provare vari tipi di armo: cutter, ketch, goletta; colpiscono soprattutto le 2 ultime barche, Orso Grigio e Orso Bianco, per le scelte assolutamente inconsuete. La prima ha un albero fortemente inclinato verso poppa, si può dire che la randa sia divisa in 2 vele, ognuna col proprio boma, di cui solo quella verso prua inferita all’albero. Orso Bianco è ancora più strana: l’albero è spostato verso poppa, non c’è randa e sono previste 3 vele di strallo, diciamo 2 fiocchi e una trinchetta. Almeno nella scelta dei materiali degli scafi, Ernesto si è “limitato” a passare dal legno all’alluminio.

Non so che cosa abbia spinto Ernesto a cambiamenti così radicali delle scelte progettuali: la curiosità, l’acquisizione di nuove conoscenze, una maggiore consapevolezza dei propri obiettivi? Probabilmente un po’ tutte queste motivazioni. La passione e la voglia di imparare risultano evidenti nelle conversazioni, dalle quali emerge una non comune competenza nel discutere argomenti tecnici (non dimentichiamo la sua formazione prettamente artistica).

La premessa è stata lunga, ora posso parlare un po’ di Orso Bianco. Una descrizione piuttosto esauriente della barca e dei principali dettagli costruttivi è data al sito:

http://www.cantierino.it/AGALLERIA/orsobianco/a.html

Ritengo che non valga la pena in questa sede riassumere quanto detto nel sito, preferisco rimandare gli interessati alla consultazione del sito stesso perché la descrizione della barca è chiara e ben documentata con numerose foto.  Qui vorrei concentrarmi su alcune considerazioni che hanno portato all’ideazione di Orso Bianco, considerazioni che non sono emerse in modo esplicito nel corso delle chiacchierate, ma che ritengo di aver capito perché intendo la vela in modo piuttosto simile. Ernesto usa le sue barche per andare in vacanza, non deve partecipare a regate né vincere sfide contro se stesso, del tipo giro del mondo passando per i 3 capi, magari andando verso ovest. La barca deve essere condotta da una sola persona che non ha più la forza di quando era ragazzo (il suo entusiasmo ed energia sono comunque invidiabili, tenuto conto che ha oltre 70 anni)  perciò le traversate si fanno nei periodi più favorevoli. Ricordando una nota pubblicità: ”Ti piace vincere facile?” la risposta sarebbe: “Sicuramente sì, se in gioco ci sono la mia incolumità e la salvezza della barca”. Alla luce di queste premesse, la barca deve avere innanzi tutto 2 caratteristiche, sicurezza e semplicità di gestione, tutto il resto è secondario. Con questa chiave di lettura diventano comprensibili, a volte quasi ovvie, molte scelte di Ernesto. Manca la tuga (nel suo secondo libro è illustrata con abbondante documentazione la pericolosità di tale elemento in condizioni critiche), il ponte è iperrobusto, ha una capacità di resistenza 4 volte superiore a quella imposta dalla normativa ISO per le barche di classe A (navigazione a qualsiasi distanza dalla costa). Senza randa la barca non bolina bene? Ernesto non bolina quasi mai, perciò è un difetto irrilevante. In compenso, non si rischia di aver a che fare con una vela che non vuole farsi ammainare quando le condizioni di vento peggiorano improvvisamente e non c’è un boma che può passare violentemente da un bordo all’altro spazzando via tutto quello che incontra, compresi i componenti dell’equipaggio (vedi la fine di Eric Tabarly ed altri meno illustri velisti). La strumentazione a bordo consta di bussola e gps (anche la bussola è eliminabile secondo Ernesto, ma su Orso Bianco c’è, forse l’ha recuperata), intensità a direzione del vento vengono valutati come sulle derive. D’altra parte, su una barca da crociera a che cosa servono tutti quei sensori in testa d’albero e i visori a cristalli liquidi? Per raccontare in banchina: “c’era una bora di 50 nodi”? Oppure per mettere a segno le vele e guadagnare un decimo di nodo?

Per completezza bisogna precisare che Ernesto ha una notevole capacità nel trovare soluzioni progettuali tese a compensare i limiti delle scelte fatte. Un esempio può aiutare a comprendere questo concetto piuttosto astratto. Al contrario di quello che fanno la maggior parte dei navigatori solitari, Ernesto usa l’autopilota invece del timone a vento; il problema di questa soluzione è il consumo di corrente quando la barca è sbilanciata, dovuto al continuo intervento dell’autopilota. Per rimediare all’inconveniente, a poppa c’è una pala supplementare (visibile nel documento linkato, nella foto che mostra il timone, in giallo dietro al timone stesso). Quando l’autopilota interviene molto spesso, è sufficiente dare una piccola inclinazione alla pala (pochi gradi), fissarla in posizione con una vite e la barca ritrova il suo equilibrio. La barca perde il solito decimo di nodo di velocità? Ma chi sse ne ……

Per concludere, che impressione dà complessivamente Orso Bianco? La maggior parte delle persone storcerà il naso vedendola perché è essenziale (“perché verniciare l’alluminio? non serve a niente”) e spartana. L’interno è realizzato con pannelli in compensato (“da 6 mm , perché un amico me li ha regalati, altrimenti li avrei messi da 8” ) e accessori IKEA. Il ponte in lamiera mandorlata (sulle fiancate della barca in esposizione  era stato messo il cartello: "VIETATO TOGLIERSI LE SCARPE!"... ) e la prua a T (da cui la denominazione T-boat ) impongono, a chi non coglie i vantaggi di tali soluzioni, di abituare l’occhio a scelte inconsuete. D’altra parte Ernesto ha realizzato questa barca per sé, non per venderla, ha chiaro in mente le proprie esigenze e come soddisfarle. Fra l’altro i possibili acquirenti sicuramente non mancherebbero, uno lo avrebbe già trovato….

          Luciano D'Angelo

 

 

  

  

   

  

 

                                                                           byRevi 28.04.2009