«È
da tanto tempo che vogliamo suonare qui. Suoneremo per due ragioni : la
prima che abbiamo molte canzoni da suonare, la seconda che mi il mio
italiano fa schifo». Eddie Vedder legge in italiano questo messaggio.
Ha davanti 50mila persone (alcuni dicono 60) per l’ultimo concerto
dell’Heineken Jammin Festival 2010. Gente che aspettava i Pearl Jam
dalla tromba d’aria del 2007. Gente che finalmente ha potuto calmare
la propria sete di rock .
La
giornata di martedì era iniziata nei migliori dei modi. Prima
l’esibizione dei Gomez,
breve ma perfetta, poi i Gossip di
Beth Ditto (con tanto di ruzzolone dal palco e spettacolo continuato tra
il pubblico), dopo un po’ di pioggia è toccato agli Skunk
Anansie, con una Skin più rock che mai che tra hit e inediti si
è anche lanciata più volte tra il pubblico. Prima dei Pearl Jam il
concerto dell’amico Ben
Harper assieme ai Relentless
7. Sul palco il chitarrista californiano sale con la maglietta
della campagna «Io non me ne frego» realizzata dalla Cooperazione
Internazionale per riportare in primo piano la lotta contro la povertà
nel Sud del mondo. Poi tra slide e guitar e Gibson mette in fila cover
dei Led Zeppelin e i suoi piccoli gioielli come “Diamonds”.
Il
delirio si scatena quando sul palco sale Eddie Vedder e duetta con
Harper in “Under
pressure” dei Queen. Solo applausi per il chitarrista e la
nuova band che ha chiuso con “Up
to you now”. Poi tocca ai PJ. Due ore di rock potentissimo,
ispirato come non mani. “Ciao Venezia!” e l’inizio è per “Given
to fly” il pubblico la sa come una preghiera imparata da
bambini, e tra Vedder e Venezia si instaura un legame che non si spezza
più. Passano “Curduroy”,
“Word
wide suicide”, “Fixer”,
Eddie legge la lettera che si è scritto in italiano poi si continua con
“The
Fixer” dell’ultimo “Backspacer”
(poi canterà anche “Unthought
Known”, “Just
Breathe” e “Got
some”) e “Small
Town”. Chi ha ascoltato i Peral Jam e non li ha mai visti sul
palco non può capire come il gruppo di Seattle possa radunare folle
come quella del parco San Giuliano. I PJ sono animali da stage, come
pochi altri al mondo, Rolling Stones e Bruce Springsteen ad esempio. Tra
un brindisi con vino italiano (bevuto «a canna« è sempre rock) dopo
“Breath”
Eddie riprende il foglio e legge «Questa canzone la dedico ai miei
amici di Roma (…) l’ho scritta in una piccola auto» e parte “MFC
(Mini fast car)”. “Even
flow” suona rock come non mai, con la chitarra solista di Mike
McCready impegnata in assolo dietro alla testa, senza sbagliare una
nota.
Il
primo set si chiude con “Porch”.
E dopo qualche minuto si continua con “Red
Mosquitos” e con una sorpresa: sul palco c’è anche Ben
Harper e la sua slide impreziosisce ancora di più la performance.
Vedder è felice come un bambino, imbocca perfino Harper con la
bottiglia che accetta divertito. Dopo il duetto si va avanti. Il
cantante dei PJ salta, corre, si avvicina al pubblico si arrampica sui
Marshall come non faceva da tempo. Passa anche la cover di Joe Strummer
“Arms
aloft” e arriva l’inno “Jeremy”.
Nei bis arriva anche “Once”,
“Black”,
sui «molti significati dell’amore» come dice Vedder, poi si arriva
all’apoteosi con «Alive». Per l’ultima canzone si richiamano tutti
sul palco, compreso Ben Harper e i Relentless. “Rocking
in a free world” di Neil Young è un ottimo arrivederci. Tutta
la band lancia tamburelli al pubblico. «Per noi l’Italia era come la
luna, una cosa da sognare - saluta Vedder - adesso ci siamo saliti
sopra. Grazie mille, ciao Venezia!».
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Il Festival, La città, l'economia
Mercoledì 7 Luglio 2010,
Si
può dire che l’Heineken Jammin’ Festival è diventato parte
integrante del panorama cittadino? «Noi vogliamo restare anche
oltre il 2011, ma il Comune deve capire».
Roberto De Luca,
responsabile di LiveNation Italia, è l’Heineken Jammin’
Festival in persona, nel senso che se l’è inventato lui,
l’ha realizzato per la prima volta e per altri nove anni,
all’autodromo di Imola, e nel 2007 si è fatto convincere da
Massimo Venturini (presidente della Municipalità) ma
soprattutto dalla bellezza del parco di San Giuliano.
Per le prime due edizioni il
Festival ha contribuito con 150 mila euro, e il Comune li ha
usati soprattutto per la manutenzione ordinaria del Parco. Per
questa edizione non è arrivato un centesimo e De Luca fa capire
che la linea di condotta sarà questa anche in futuro. L’anno
prossimo è l’ultimo previsto dalla convenzione tra Comune e
LiveNation, quindi subito dopo che l’edizione 2010 avrà
salutato Mestre si dovrà cominciare a discutere cosa fare dal
2012 in poi. Non è da molto che De Luca ha avuto un primo
incontro con l’assessore alla Cultura, Tiziana Agostini, ma è
ancora presto per trarre conclusioni definitive. Il sindaco
Giorgio Orsoni, lo stesso assessore Bettin e il vicesindaco
Simionato, hanno ripetuto che il Festival è un arricchimento
per la città intera. Ma c’è qualcuno in Comune che storce il
naso.
«Noi siamo qui, ma ripeto che il
Comune deve capire che il ritorno sul territorio è forte. Che
non è solo economico, ma anche culturale in un’area che,
diciamocelo, da questo punto di vista è un po’ decaduta».
D’ora in poi, dunque, il
contributo del Festival a Mestre sarà in termini di indotto,
economico o colturale e sociale che sia.
«Non sono più tempi di grandi
guadagni, noi facciamo il possibile per garantire sempre un
grande spettacolo, d’altro canto si fa presto a fare i conti».
Se alla fine di questo Festival
saranno passati per San Giuliano 100 mila spettatori incasserete
5 milioni di euro (50 euro al biglietto).
«Bene, per allestirlo ne
spendiamo 6 milioni e mezzo. Qualche centinaio di migliaio di
euro li incassiamo dai vari stand e poi c’è lo sponsor,
l’Heineken, che un tempo era anche coproduttore, e oggi ha
comunque un grande ruolo di partner molto attivo che pensa alla
promozione e all’allestimento di molte aree del Festival.
D’altro canto, tornando al contributo alla città, non siamo
noi che diciamo che gli alberghi sono pieni e pure i campeggi».
Qualcuno dice che Imola abbia
pianto lacrime amare.
«Dopo un anno ci hanno chiesto
di tornare, volevano darci un milione di contributi, ma ormai
avevamo scelto Venezia, anche perché obiettivamente è la
location ideale. L’altra sera al concerto degli Aerosmith
avevamo mezza giunta di Novara, l’assessore alla Cultura
piemontese e il responsabile del Bilancio. Non vengono solo per
ascoltare musica». (e.t.)
GIOVEDÌ,
08 LUGLIO 2010
Pagina
23 - Cronaca
Quattro
giorni a tutto rock a San Giuliano
Più
di 100 mila spettatori, 40 ore di musica. Vedder: «Mai suonato in un
posto così magico»
JAMMIN’
FESTIVAL L’anno prossimo la carovana di De Luca sarà di nuovo
a Mestre:
«E’ la location ideale»
MICHELE BUGLIARI
Alla
fine, è stato un successo la dodicesima edizione dell’Heineken Jammin’
Festival che ha richiamato ben 111.541 spettatori in quattro giorni, dal
3 al 6 luglio. Quaranta ore di rock a tutto volume nel cuore del Parco
di San Giuliano.
Se
un biglietto costava 50 euro, il ricavo è stato di 5 milioni e 577 mila
euro, un risultato importante per un festival che però costa
tantissimo. Basti pensare che dentro al villaggio per 4 giorni ci
lavorano 1.500 persone. Per non parlare dei costi degli artisti. La
pioggia che domenica ha causato l’annullamento del concerto dei Green
Day e che ha fatto una comparsa minacciosa, l’altro ieri, alla fine
non ha impedito il buon esito dell’ultima giornata di rock con i Pearl
Jam, il più gettonato con 50.000 spettatori.
I
numeri sera per sera. Al secondo posto nel gradimento del pubblico: la
giornata di sabato con gli Aerosmith (24.541 spettatori),
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