Central Park di New
York
il padre dei moderni parchi
cittadini
[Venerdì
di Repubblica dell'11.7.2003]
Una corsa di
biciclette, un campionato di tiro con l'arco, un enorme gioco a
rimpiattino, una parata dì cani, maghi e saltimbanchi in quantità,
un concerto della Count Basie Orchestra, tanto per cominciare. E,
naturalmente, la cerimonia del taglio della torta perché 150 anni
sono un'età di tutto rispetto, che vale la pena di celebrare come si
deve.
Tanto più se a compierli è il Central Park, l'oasi urbana più
famosa del mondo.
Festeggiamenti imponenti e molto sentiti dai
newyorkesi che spesso associano al polmone verde nel bel mezzo della
loro isoletta il piacere dei rari momenti di relax di giornate a
doppia velocità.
Il 19 luglio sarà festa tutto il
giorno, con un programma denso dì attività. Il 15 settembre si
bisserà con una «evening extravaganza» che prevede cene in alcune
case private lungo il perimetro East e West. Alcuni dei fortunatissimi
inquilini hanno acconsentito per l'occasione ad aprire le loro
abitazioni a chi è disposto a pagare un biglietto da mille dollari Il
cui ricavato sarà poi devoluto alla conservazione dei parco medesimo.
E quella stessa sera il rettangolo che si estende dalla
Cinquantanovesima alla Centodecima strada e dalla Quinta alla Ottava
Avenue, sarà rischiarato dallo spettacolo pirotecnico del cinese Cai
Guo-Qiang, un maestro internazionale dei fuochi d'artificio.
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Tutto iniziò nell'estate dei
1853.
In
quella data la municipalità di New York decise di sottrarre
all'edificazione un ingente appezzamento di terra nel cuore dell'ìsola
e pagò cinque milioni di dollari (tanti soldi, solo due in meno di
quanti ne avrebbe sborsati per acquistare l'Alaska quindici anni dopo)
per quel suolo brullo e roccioso. Il progetto, caldeggiato dalle
colonne dell'Evening Post dal suo direttore Wilham Cullen Bryant (a
lui è dedicato l'omonimo parco dietro la Public Library) era di
salvaguardare, in quella città ìn crescita edilizia tumultuosa, un
grande spazio verde. La gara pubblica per progettarlo fu vinta, nel
'58, da due architetti inglesi.
E nei sedici anni
successivi il plastico del Greensivard Plan di Frederick Laiv Olmstead
e Calvert Vaux, dopo la cura ricostituente dei dieci milioni di carri
di terra che arrivavano dal New Jersev e da Long IsIand, sarebbe
diventata la prima versione di quella straordinaria distesa di 341
ettari che oggi ospita 26 mila alberi, 93 chilometri di sentieri e
quasi 9 mila panchine sulle quali, ogni anno, si siedono circa 25
milioni di persone.
Se l'élite
newyorkese aveva bene in mente Hyde Park a Londra o il Bois de
Boulogne a Parigi, la differenza è che mentre quei giardini erano
stati creati per testimoniare la grandezza dei rispettivi re, questo
lo sarebbe stato per il benessere dei cittadini. «Il grande scopo del
parco», scrisse allora Olmstead, «è di fornire alle centinaia e
migliaia di lavoratori stanchi che non hanno l'opportunità di
trascorrere le estati in campagna, un piccolo campione di quel ben di
Dio. Dare loro, gratis, il ristoro che quelli di più fortunati natali
otterranno, pagando salato, con un mese o due sulle Mite Mountains o
ad Adirondacks».
A Sheep Meadow, la
grande spianata dove un tempo pascolavano le capre, in un secolo e
mezzo è successo di tutto. Ha ospitato concerti leggendari come
quello di Simon and Garfunkel che nel settembre dell'81 calamitò 400
mila persone o quello dì Luciano Pavarotti (ha casa qui) che nel
giugno del'93 ne richiamò mezzo milione. Per non dire dell'affluenza
della marcia di protesta contro il nucleare del giugno '82 con i suoi
600 mila partecipanti e i record di tutti ì tempi stabilito per la
Giornata della Terra che fece accorrere 750 mila persone.
Ma fu soprattutto il
ventennio '60-'80 a incidere sullo stato di salute dei parco.
Moltitudini di persone più manutenzione quasi inesistente uguale
lampioni decapitati, panchine divelte, erba spelacchiata a macchie di
leopardo. La decadenza si arrestò nel 1980 quando un gruppo di
cittadini creò il Central Park Consemancy. Grazie a testimonial
famosi come Jackie Onassis o la famigha Sulzberger, gli storici
editori del New York Times, l'associazione non profit riuscì a
racimolare 300 milioni di dollari che consentirono al parco un lifting
strepitoso.
l'ultimo problema da
risolvere ora quello della sicurezza. Avventurarcisi dì notte a metà
degli anni Ottanta equivaleva a un giro di roulette russa che nessuna
persona sana di mente avrebbe voluto giocare. Le cose precipitarono
nell'aprile dell'89. Una banda di ragazzi neri e ispanici calati dalla
confinante Harlem decìsero di sfogare la loro rabbia su incolpevoli
visitatori bianchi. Molti furono pestati a sangue ma la vittima
principale fu una ventottenne banchiera d'affari della Salomori Smith
Barney che fu violentata più volte, picchiata brutalmente e lasciata
sull'erba agonizzante. Anni dopo il sindaco Rudolph Giuliani citò
l'episodio come motivo per inaugurare la contestata ma efficace «tolleranza
zero» contro il crimine e anche il parco cominciò a essere
pattugliato, giorno e notte, da squadre di poliziotti.
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Oggi Central Park
assomiglia all'idea originaria dei suoi due inventori: un'oasi dove i
newyorkesi trascorrono i fine settimana o la pausa pranzo leggendo,
prendendo il sole o cercando disperatamente di far prendere quota a
bizzosi aquiloni.
I sentieri asfaltati
sono pertinenza quasi esclusiva dei rollerblader e chi non sa starci
in equilibrio può frequentare i corsi che si tengono all'altezza
delle due entrate sulla Settantaduesima strada. Per la congenita
attitudine multitasking degli abitanti della Grande Mela non è
infrequente vedere papà e mamme che spingono passeggini da corsa (con
grandi ruote da bicicletta) mentre sfrecciano sui pattini. Non manca
mai qualcuno che piange a Strawberry Field, il piccolo altare
commemorativo dell'assassinio di John Lennon, e, segno dei tempi, non
è neppure inconsueto vedere squadre di ragazzi che giocano a calcio
piuttosto che a football.
Oltre a scoiattoli e
piccioni, come ha documentato nelle settimane scorse il cosiddetto «bio-blitz»
di centinaia di naturalisti, nel parco hanno preso dimora oltre 800
specie animali, dal germano reale alla moretta arlecchino al gobbo
rugginoso (solo per restare nel campo delle anatre che forse il
giovane Holden non sarebbe stato in grado di riconoscere), più
infinite varietà di insetti.
Altri avvistamenti
che non richiedono una laurea in zoologia sono quelli degli attori e
registi che l'hanno eletto per oltre 170 volte come location dei loro
film. Da “A piedi nudi nel parco” a “Terminator 2” passando
per la stragrande maggioranza delle pellicole di Woody Alien, a sua
volta residente nei paraggi.
In “Anna e le sue
sorelle” il protagonista Mickey guarda le persone che fanno jogging
commiserandole per il «tentativo di tenere lontano l'inevitabile
decadimento dei loro corpi», Che ci riescano o no, di certo quello
che la storica Sara Cedar Miller ha definito il Central Park: An Amerícan
Masterpiece, appena uscito negli Stati Uniti, «il più importante
lavoro di arte americana del XIX secolo», è un grande balsamo per
tutti quelli che lo frequentano. Le eccezioni più paradossali
riguardano proprio i suoi due padri. Vaux morì annegato, suicida,
nell'Hudson. Olmstead, dopo due esaurimenti nervosi guadagnati durante
la lunga e travagliata lavorazione, finì i suoi giorni in una clinica
psichiatrica. Spegnendo le 150 candeline il pensiero dei newyorkesí
andrà anche a loro.
RICCARDO STAGLIANO’
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