di Marco
D'Alba
Vi ricordate quei giorni in cui agosto ci ha stretti nella morsa
del caldo? Bene. In quei
giorni
Marco Paolini
ha riproposto in chiave intimista, il suo spettacolo intitolato
“Il milione” che i più si ricorderanno performato la prima
volta sotto le tese delle gagiandre in Arsenale.
Erano gli anni
novanta ed il bacino della darsena dell’arsenale si riempiva
di barche a remi costituendo anfiteatro e platea incantata per
quello che a mio avviso è stato uno degli spettacoli più
sentiti e partecipati dell’attore veneto.
Il 25 e
26 agosto scorsi, Paolini ha messo in scena il suo spettacolo in
campo di S. Trovaso ma soprattutto, ha ben pensato di entrare in
contatto con il mondo dell’artigianato
veneziano e di
mettere in scena tra le 18 e le 19.30 quelle che sono state
chiamate “le conversazioni”.
Tenute presso
lo squero Tramontin, si è subito ricreata l’atmosfera
dell’Arsenale.
Io ci sono
arrivato in barca, con le batele dell’
associazione Arzanà
…scivolando tra gli ombrosi canali cercando ristoro da un sole
ancora terribilmente forte.
Batele,
sampierotte, persino una bicicletta galleggiante ad ascoltare la
storia, i racconti e le testimonianze di chi ancora porta avanti
la tradizione della costruzione di gondole, forcole e remi
incalzati da un incuriosito Paolini…un tuffo nel passato,
rigenerante.
E’ li che
mi sento chiamare…è
Pietro Meneghini
uno dei primi corsisti di quest’anno.
Serio ed
appassionato nell’apprendimento, timido e riservato in questo
contesto. Apprendo dopo poco che anche lui sarà oggetto
dell’intervista e dello spettacolo.
Piero è sostanzialmente
l’unico apprendista designato a portare avanti la
tradizione della produzione di remi e forcole a Venezia: lavora
presso il laboratorio di Saverio
Pastor, maestro d’ascia e
presidente dell’associazione el felze, un riferimento
nell’ambiente veneziano.
Parliamo,
ascolto lo spettacolo e poi la domanda: “domani parto per la
Svizzera, destinazione la fete des canots a Rolle sul lago di
Ginevra, vieni anche tu?” Non ho ancora fatto ferie, sto
lavorando ancora, ho bisogno di fermarmi…ok, fatta, vengo.
Partiamo il
venerdì a fine mattina…arriviamo a Rolle sotto il diluvio
la sera. Ci
accoglie l’auberge du Dully una locanda nel cuore di un borgo
incantato.
L’indomani
scendiamo al circolo per il brindisi di benvenuto e partenza
della manifestazione…qui in Svizzera amano tantissimo i
brindisi al vino bianco. Qualsiasi occasione è buona per tirare
fuori dei bicchierini di plastica, riempirli di vino e brindare
insieme! Alle 11 eravamo già col mal di testa.
Alle 15 il
cielo si apre anche se il vento rimane ancora forte…alle 16
decidiamo di uscire per la veleggiata di apertura. Barche di
tutti i tipi, rigorosamente di legno, tradizionali…a noi
assegnano una barca tipica del lago, la usano i pescatori…è
lunga, larga ed ha una grande vela senza boma, mi ricorda tanto
la vela di Eelke
e Maria -
gli olandesi che oramai da due anni partecipano a Velaraid.
Partiamo,
siamo in barca con uno svizzero tedesco che sorride ma non sa
una parola di inglese o di italiano pur avendo vissuto in Italia
qualche tempo fa,
la moglie Salomè
invece parla un buonissimo italiano ma non sa niente di vela,
Mariè una svizzera che parla un buon inglese ma non vuole
contrapporsi allo svizzero tedesco designato come capitano anche
se non propriamente esperto, io
e Piero
con un esperanto spinto dal motore di una venezianità mai
sopita. Risultato, l’uscita è stata piacevole, esperanto per
tutti!…rientriamo, sistemiamo la barca, un riposino e poi di
nuovo al sailing
club per la cena
a base di
una deliziosa zuppa di Pesce. La serata scorre lenta e piacevole
parlando di barche, di manifestazioni simili in Europa, del
nostro Velaraid della nostra meravigliosa laguna. In molti si
dimostrano interessati. Lascio riferimenti…Ottavia invece
nell’entusiasmo ci lascia la sua barca per la veleggiata della
domenica.
Partiamo al
mattino, armiamo, usciamo dal porto e ci dirigiamo tutti in
flottiglia verso una spiaggetta dove si è svolto un pic nic.
Ognuno mette qualcosa sul piatto, ognuno porta qualcosa…chi il
formaggio, chi il pane, chi la musica di una fisarmonica, chi
l’allegria e l’esperanto (noi) …nella semplicità ne è
uscita una giornata bellissima.
Il ritorno
sarà tutto a remi causa assenza di vento. Sistemiamo la barca
con la cura imparata di recente nelle uscite con gli
amici velaterzisti
et voilà…sbuca fuori il bicchierino di plastica, il vino
bianco, la fisarmonica, l’allegria… poi il momento più
esilarante: le premiazioni…. ma c’era una competizione in
atto?
In realtà il
maestro di cerimonia Majeu, da noi semplificato in Maiù, ha
raccolto quadri, arazzi, stampe, foto
e qualsivoglia oggetto inguardabile ed ha cominciato a
regalarlo ai vari equipaggi.
Noi ci
abbiamo guadagnato un bellissimo arazzo con tutte le tonalità
del giallo ocra. Credo possa essere molto appropriato in una
buia soffitta o un’umida cantina…Beo beo.
Il lunedì
mattina aiutiamo Maiù a smontare il palco, il tendone e a
sistemare
il club…
poi una pastasciutta e tanti bicchierini di vino…ed infine il
rientro.
Tanti km
rigorosamente su strade locali per apprezzare il
territorio e fare
riprese: “ciao sono Piero, mi trovo a Lucerna, ecco vedete il
paesaggio svizzero, ecc..” il tutto in perfetto stile Piero
Angela.
Una
bellissima esperienza, una brevissima vacanza, un’ulteriore
evento in Europa dalle
dimensioni piccole e raccolte, per barche piccole e semplici ma
che porta con se una grande carica di entusiasmo, di spirito
marinaresco, di conoscenza delle tradizioni…Alle conversazioni
dove ho incontrato Piero, Saverio Pastor ha detto una bellissima
frase: “di questi tempi il vero moderno è chi torna alla
tradizione”…
che moderni
che siamo noi del Casanova!
Marco
D’Alba
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