CIRCOLO VELICO CASANOVA

P.ta San Giuliano - Mestre Venezia

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Sabato, 16 Settembre 2000

Alla fine di questo articolo segue
articolo sui fondi a disposizione per il disinquinamento
 


Comune e Provincia interpretano in modo diametralmente opposto la nuova legge sulle aree contaminate da risanare. Se ha ragione il Comune realizzare il parco diventa improponibile per i costi spropositati
San Giuliano sempre più a rischio
Ma l’assessore all’Ecologia, Da Villa, sostiene che è solo questione di volontà politica
Stesso argomento, due posizioni opposte. Di qua il Comune, di là la Provincia. 

Il Comune sostiene che è più facile camminare sulle acque che rimettere mano al parco di San Giuliano.

Per la Provincia, invece, i primi 60 ettari, quelli della Ferrovial, sono a posto e il lavoro può essere tranquillamente terminato. Si discuterà sui 30 ettari, cioè sul pezzo di parco San Giuliano che resta da fare, dice sempre la Provincia, non sui 60 già "lavorati".

 Perchè salta fuori questa storia? Per un motivo e cioè che, mentre si aspettava il dissequestro del cantiere, nel frattempo entrava in azione una legge sulle aree di bonifica che prevede procedure molto complesse. 
E siccome questa legge è arrivata prima che riuscissimo a chiudere il cantiere, ecco che, nell'interpretazione della legge saltano fuori le due posizioni, di Comune e Provincia. Uno, il Comune, dice che lì bisogna fare carotaggi sul terreno ogni 50 metri e poi passare una vita ad analizzare quel che si trova. 

La Provincia invece sostiene che non c'è discussione su quel che è stato fatto finora. Va premesso che l'area del parco di San Giuliano e questo lo si sa da sempre, è stata usata per anni come discarica. Prima delle industrie, poi per i rifiuti urbani. 

Quando si è pensato di farne un parco, uno dei problemi era rappresentato proprio dalla cosiddetta collina dei veleni, ovvero un agglomerato indistinto, esattamente al centro del parco, di terre di tutti i colori dell'arcobaleno. Si è discusso per parecchio sul modo migliore di risolvere il problema e alla fine si è deciso di "mettere in sicurezza" la zona (che fa parte dei 60 ettari). Il che vuol dire che si è "incamiciata" tutta la collina, per evitare che i veleni si spandessero nel terreno circostante. Poi è arrivato il sequestro di Ramacci e lo stop ai lavori. E adesso? Parliamo solo dei 30 ettari che mancano o bisogna riprendere in considerazione quel che è stato fatto anche nei 60 ettari dalla Ferrovial? Questo è il punto. 

I tecnici comunali interpretano la legge in senso restrittivo. Vuol dire che, secondo loro, se si mette mano ai 60 ettari - anche solo per completare i lavori - va fatto la "classificazione" che richiede la legge. Di che cosa si tratta? Del fatto che, stando alla nuova normativa sulle aree inquinate che devono essere bonificate, bisogna fare sondaggi ogni 50 metri del terreno e poi analizzare questi carotaggi. 

Ogni analisi costa qualche milione, e serviranno miliardi solo per sapere esattamente che cosa c'è in quella zona. Dunque, dicono in Comune, prima di partire con i lavori - sia sui 60 che sui 30 ettari - chissà quanto ci vorrà.E la pietra tombale sul parco di San Giuliano Mah. 

Ezio Da Villa, assessore provinciale all'Ambiente, è certo che in discussione non ci sono i 60 ettari. Dunque lì si può concludere i lavori. Punto e basta.

 Per i 30 nuovi ettari, invece, effettivamente bisogna adottare la procedura richiesta dalla nuova legge. Ecco che cosa prescrive nei dettagli. Bisogna mettere insieme una Commissione con tecnici di tre ministeri (Sanità, Industria, Ambiente), più tecnici dell'Arpav (l'ente per l'ambiente della Regione), più Anap (Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente), Istituto superiore di sanità, più Comune, Regione e Provincia, più Magistrato alle acque. 

Messi insieme tutti questi tecnici si procede al cosiddetto monitoraggio, cioè ci si mette d'accordo sui criteri dei prelievi e delle analisi. Sulla base dei risultati poi si propone la messa in sicurezza - tipo incamiciamento - o la bonifica - asporto totale della terra inquinata.Detta così, che cosa viene da pensare? Che ci vorrà una vita, no?«Non è detto - spiega Da Villa - per le corti di viale San Marco abbiamo fatto presto. Basta che ci sia la volontà politica di farlo».

Ed è qui che salta fuori il pessimismo dei funzionari comunali. Perchè, capite bene che, si trattasse anche solo di quei 30 ettari, non è da ridere mettersi a fare una roba del genere. E non è solo mettere insieme tanta gente, ma chi si dovrebbe fare parte attiva in questo processo è l'assessore ai Lavori pubblici ovvero quel Marco Corsini che già si spezza la schiena a venire a Venezia per ben due giorni la settimana e adesso, con l'argomentazione del tutto speciosa che è pagato per farlo, qualcuno vorrebbe che pure si occupasse dei problemi concreti.

Ecco perchè è difficile che se ne vada fuori. Perchè i funzionari comunali si sono già fasciati la testa prima di iniziare e l'assessore ai Lavori pubblici semplicemente non c'è. Essere ottimisti sul parco di San Giuliano a questo punto è praticamente un atto di fede e sarà per quello che si continua a chiamarlo con il nome di un santo.

Maurizio Dianese

 

Necessari a ripulire le aree inquinate
Dove sono i soldi per le bonifiche?
«Il Ministero dell'Ambiente deve garantire lo sblocco delle decine di miliardi stanziati per le bonifiche di Porto Marghera e impegnarsi per approvare il più velocemente possibile i piani di intervento delle aziende rispettando le competenze delle autorità locali». 

Ezio Da Villa, assessore provinciale all'Ecologia, non ha dubbi: l'accordo per la chimica di due anni fa va messo in pratica al più presto. L'obiettivo infatti è cruciale: risanare il territorio inquinato - 5 milioni di metri quadrati di aree contaminate nell'intera provincia di cui la maggior parte dentro e intorno a Porto Marghera - per poterlo riconsegnare risanato alle future generazioni. Finora però i problemi sono nati attorno al "come" intervenire.

«Nessuno pensa di asportare tutto il terreno contaminato e di sostituirlo con terreno pulito, un'operazione del genere sarebbe pura follia anche per i costi che sarebbero altissimi - specifica Da Villa - Si tratta, come si è già fatto in diversi casi, di intervenire con piani differenziati area per area realizzando messe in sicurezza che impediscano ai rifiuti tossico nocivi di nuocere con pericolosi sversamenti esterni che possono arrivare perfino alle falde acquifere».Nessuna battaglia di ecologismo radicale dunque, ma il tentativo di mettere fine ai danni del passato in una città dove la mappatura dei siti inquinati realizzata dalla Provincia nel 1998 ha individuato una ventina di discariche industriali la maggior parte delle quali contenenti rifiuti tossici o nocivi.

 Le aree sono oggetto d'interesse anche della magistratura: Vallone Moranzani via Bottenigo, canale industriale Nord e Brentella, Pili, Sordon, stabilimento Montefibre...La preoccupazione di Da Villa è quella di arrivare al più presto all'accordo di programma che dovrebbe armonizzare con le leggi nazionali sulle bonifiche quanto già previsto dall'accordo sulla chimica.«All'accordo di programma va dato il via con urgenza, perché Marghera non può aspettare ancora - ribadisce Da Villa - Mi rendo conto però che il Ministero deve fare la sua parte rassicurando aziende ed enti locali sulla certezza dei fondi pubblici e sulla celerità dei tempi di approvazione dei progetti.

 L'intervento sulle Corti femminili o quello sul TD 12 hanno dimostrato che Roma, se vuole, risponde in fretta. Inoltre l'accordo di programma prevede l'attivazione di un braccio operativo, il comitato tecnico, in cui sono inseriti rappresentanti di enti locali, Anpa, Ministero dell'Ambiente, Istituto Superiore di Sanità, chiamati a valutare in fase preliminare i piani di bonifica, vi è già dunque un controllo stretto di cui a Roma non si può non tenere conto e che dovrebbe far rispondere il Ministero con tempismo».

Questo per quanto riguarda le procedure. E anche i soldi - per le bonifiche nell'area interessata dall'accordo sulla chimica è prevista una partecipazione finanziaria fino al 50 per cento da parte dello Stato - ci dovrebbero essere visto che la legge 426/98 prevedeva già stanziamenti di circa 180 miliardi per la bonifica di siti inquinati d'interesse nazionale tra i quali risulta anche Porto Marghera. Un decreto del febbraio del 2000 ha poi definito che l'area che potrà accedere a questi fondi è quella che va da Campalto fino a Fusina e che comprende non solo le discariche interne alla zona industriale, ma anche quelle urbane.Nicoletta Benatelli

 


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