Stesso argomento, due posizioni
opposte. Di qua il Comune, di là la Provincia.
Il Comune sostiene che è più
facile camminare sulle acque che rimettere mano al parco di San
Giuliano.
Per la Provincia, invece, i primi
60 ettari, quelli della Ferrovial, sono a posto e il lavoro può
essere tranquillamente terminato. Si discuterà sui 30 ettari, cioè
sul pezzo di parco San Giuliano che resta da fare, dice sempre la
Provincia, non sui 60 già "lavorati".
Perchè salta fuori questa
storia? Per un motivo e cioè che, mentre si aspettava il
dissequestro del cantiere, nel frattempo entrava in azione una
legge sulle aree di bonifica che prevede procedure molto
complesse.
E siccome questa legge è arrivata prima che riuscissimo a
chiudere il cantiere, ecco che, nell'interpretazione della legge
saltano fuori le due posizioni, di Comune e Provincia. Uno, il
Comune, dice che lì bisogna fare carotaggi sul terreno ogni 50
metri e poi passare una vita ad analizzare quel che si
trova.
La Provincia
invece sostiene che non c'è discussione su quel che è stato
fatto finora. Va premesso che l'area del parco di San Giuliano e
questo lo si sa da sempre, è stata usata per anni come discarica.
Prima delle industrie, poi per i rifiuti urbani.
Quando si è pensato di farne un
parco, uno dei problemi era rappresentato proprio dalla cosiddetta
collina dei veleni, ovvero un agglomerato indistinto, esattamente
al centro del parco, di terre di tutti i colori dell'arcobaleno.
Si è discusso per parecchio sul modo migliore di risolvere il
problema e alla fine si è deciso di "mettere in
sicurezza" la zona (che fa parte dei 60 ettari). Il che vuol
dire che si è "incamiciata" tutta la collina, per
evitare che i veleni si spandessero nel terreno circostante. Poi
è arrivato il sequestro di Ramacci e lo stop ai lavori. E adesso?
Parliamo solo dei 30 ettari che mancano o bisogna riprendere in
considerazione quel che è stato fatto anche nei 60 ettari dalla
Ferrovial? Questo è il punto.
I tecnici comunali interpretano
la legge in senso restrittivo. Vuol dire che, secondo loro, se si
mette mano ai 60 ettari - anche solo per completare i lavori - va
fatto la "classificazione" che richiede la legge. Di che
cosa si tratta? Del fatto che, stando alla nuova normativa sulle
aree inquinate che devono essere bonificate, bisogna fare sondaggi
ogni 50 metri del terreno e poi analizzare questi carotaggi.
Ogni analisi costa qualche
milione, e serviranno miliardi solo per sapere esattamente che
cosa c'è in quella zona. Dunque, dicono in Comune, prima di
partire con i lavori - sia sui 60 che sui 30 ettari - chissà
quanto ci vorrà.E la pietra tombale sul parco di San Giuliano
Mah.
Ezio Da
Villa, assessore provinciale all'Ambiente, è certo
che in discussione non ci sono i 60 ettari. Dunque lì si può
concludere i lavori. Punto e basta.
Per i 30 nuovi ettari,
invece, effettivamente bisogna adottare la procedura richiesta
dalla nuova legge. Ecco che cosa prescrive nei dettagli. Bisogna
mettere insieme una Commissione con tecnici di tre ministeri
(Sanità, Industria, Ambiente), più tecnici dell'Arpav (l'ente
per l'ambiente della Regione), più Anap (Agenzia nazionale per la
protezione dell'ambiente), Istituto superiore di sanità, più
Comune, Regione e Provincia, più Magistrato alle acque.
Messi insieme tutti questi
tecnici si procede al cosiddetto monitoraggio, cioè ci si mette
d'accordo sui criteri dei prelievi e delle analisi. Sulla base dei
risultati poi si propone la messa in sicurezza - tipo
incamiciamento - o la bonifica - asporto totale della terra
inquinata.Detta così, che cosa viene da pensare? Che ci vorrà
una vita, no?«Non è detto - spiega Da Villa - per le corti di
viale San Marco abbiamo fatto presto. Basta che ci sia la volontà
politica di farlo».
Ed è qui che salta fuori il
pessimismo dei funzionari comunali. Perchè, capite bene che, si
trattasse anche solo di quei 30 ettari, non è da ridere mettersi
a fare una roba del genere. E non è solo mettere insieme tanta
gente, ma chi si dovrebbe fare parte attiva in questo processo è
l'assessore ai Lavori pubblici ovvero quel Marco Corsini che già
si spezza la schiena a venire a Venezia per ben due giorni la
settimana e adesso, con l'argomentazione del tutto speciosa che è
pagato per farlo, qualcuno vorrebbe che pure si occupasse dei
problemi concreti.
Ecco perchè è difficile che se
ne vada fuori. Perchè i funzionari comunali si sono già fasciati
la testa prima di iniziare e l'assessore ai Lavori pubblici
semplicemente non c'è. Essere ottimisti sul parco di San Giuliano
a questo punto è praticamente un atto di fede e sarà per quello
che si continua a chiamarlo con il nome di un santo.
Maurizio Dianese
Necessari
a ripulire le aree inquinate |
Dove
sono i soldi per le bonifiche? |
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«Il
Ministero dell'Ambiente deve garantire lo sblocco delle
decine di miliardi stanziati per le bonifiche di Porto
Marghera e impegnarsi per approvare il più velocemente
possibile i piani di intervento delle aziende rispettando
le competenze delle autorità locali».
Ezio
Da Villa,
assessore provinciale all'Ecologia, non ha dubbi:
l'accordo per la chimica di due anni fa va messo in
pratica al più presto. L'obiettivo infatti è cruciale:
risanare il territorio inquinato - 5 milioni di metri
quadrati di aree contaminate nell'intera provincia di cui
la maggior parte dentro e intorno a Porto Marghera - per
poterlo riconsegnare risanato alle future generazioni.
Finora però i problemi sono nati attorno al
"come" intervenire.
«Nessuno
pensa di asportare tutto il terreno contaminato e di
sostituirlo con terreno pulito, un'operazione del genere
sarebbe pura follia anche per i costi che sarebbero
altissimi - specifica Da Villa - Si tratta, come si è già
fatto in diversi casi, di intervenire con piani
differenziati area per area realizzando messe in sicurezza
che impediscano ai rifiuti tossico nocivi di nuocere con
pericolosi sversamenti esterni che possono arrivare
perfino alle falde acquifere».Nessuna battaglia di
ecologismo radicale dunque, ma il tentativo di mettere
fine ai danni del passato in una città dove la mappatura
dei siti inquinati realizzata dalla Provincia nel 1998 ha
individuato una ventina di discariche industriali la
maggior parte delle quali contenenti rifiuti tossici o
nocivi.
Le
aree sono oggetto d'interesse anche della magistratura: Vallone
Moranzani via
Bottenigo, canale industriale Nord e Brentella, Pili,
Sordon, stabilimento Montefibre...La preoccupazione di Da
Villa è quella di arrivare al più presto all'accordo di
programma che dovrebbe armonizzare con le leggi nazionali
sulle bonifiche quanto già previsto dall'accordo sulla
chimica.«All'accordo di programma va dato il via con
urgenza, perché Marghera non può aspettare ancora -
ribadisce Da Villa - Mi rendo conto però che il Ministero
deve fare la sua parte rassicurando aziende ed enti locali
sulla certezza dei fondi pubblici e sulla celerità dei
tempi di approvazione dei progetti.
L'intervento
sulle Corti femminili o quello sul TD 12 hanno dimostrato
che Roma, se vuole, risponde in fretta. Inoltre l'accordo
di programma prevede l'attivazione di un braccio
operativo, il comitato tecnico, in cui sono inseriti
rappresentanti di enti locali, Anpa, Ministero
dell'Ambiente, Istituto Superiore di Sanità, chiamati a
valutare in fase preliminare i piani di bonifica, vi è già
dunque un controllo stretto di cui a Roma non si può non
tenere conto e che dovrebbe far rispondere il Ministero
con tempismo».
Questo
per quanto riguarda le procedure. E anche i soldi - per le
bonifiche nell'area interessata dall'accordo sulla chimica
è prevista una partecipazione finanziaria fino al 50 per
cento da parte dello Stato - ci dovrebbero essere visto
che la legge 426/98 prevedeva già stanziamenti di circa
180 miliardi per la bonifica di siti inquinati d'interesse
nazionale tra i quali risulta anche Porto Marghera. Un
decreto del febbraio del 2000 ha poi definito che l'area
che potrà accedere a questi fondi è quella che va da
Campalto fino a Fusina e che comprende non solo le
discariche interne alla zona industriale, ma anche quelle
urbane.Nicoletta Benatelli
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