|
|
San Giuliano, un modello da
sequestrare Il cantiere bloccato dai sospetti della magistratura E
l'esperto del gip sottolinea: «E' un esempio per
l'Italia» A confronto i documenti
dell'inchiesta
Claudia
Fornasier
MESTRE. I 69 ettari del parco di San Giuliano sono una distesa
verde. La selva è altissima, ma non è un buon segno: l'erba continua a
crescere indisturbata, nell'attesa. Attesa di sapere come proseguirà
l'appalto quando, finiti i rilievi, Comune e impresa Ferrovial,
cominceranno a trattare. E attesa di sapere come proseguirà l'inchiesta
giudiziaria. Nonostante il perito Gianluca Galli, nominato dal gip per
sapere se a San Giuliano si lavorava per bonificare o si inquinava, abbia
consegnato una relazione assolutamente favorevole al lavoro in corso, da
due mesi non c'è alcuna novità. Il tempo concesso per le indagini è
scaduto alla fine di ottobre, quando si è concluso l'incidente probatorio,
cioè il lavoro del perito. I termini per le indagini, in realtà, erano
scaduti prima ma gli avvocati stessi della difesa avevano chiesto al gip
una proroga, perchè la perizia non avesse intoppi. Nei giorni del
dissequestro del cantiere, a metà dicembre, il pm Luca Ramacci ha chiesto
al gip altri sei mesi per le indagini. Ma l'avvocato della Ferrovial,
Alessandro Rampinelli, si è opposto, affermando che quella richiesta
doveva essere presentata prima della scadenza. L'inchiesta è ferma a
questo punto. Ma è soprattutto ferma alle conclusioni di Gianluca Galli,
dottore agronomo e forestale, dell'Ordine di Firenze, perito «super
partes» tra accusa e difesa, per il quale «esecuzioni ineccepibili come la
realizzazione del parco di San Giuliano» possono dare «positivo esempio a
tutto il Paese». Le sette pagine finali delle centocinquanta che
compongono la relazione sono un continuo apprezzamento della regolarità
del lavoro svolto nel cantiere. Leggendo la relazione appare
incomprensibile la situazione in cui si trova il parco e l'inchiesta.
«Quella discarica?
E' come
la tovaglietta delle osterie»
Nella
sua relazione il perito scrive che la messa in sicurezza dell'area
inquinata è stata fatta a regola d'arte e secondo legge
Insomma, se su migliaia
di tonnellate di materiale riciclato usato a San Giuliano, si trovano
pezzi di vetro, di plastica, tondini di ferro, si può parlare di
discarica?
Gran parte della battaglia legale si svolge sulla valutazione di quei
pezzetti colorati della carta, cioè i detriti trovati in cantiere.
Galli non è il perito della difesa o dell'accusa, nominato dal gip è al
di sopra delle parti. La sua relazione fa sembrare incredibile che un
lavoro così, sia in corso a Mestre, città più famosa per gli scempi che
per gli interventi d'esempio a tutto il Paese, come scrive l'esperto.
Il gip ha chiesto al perito di verificare se nell'area del parco sono
stati usati rifiuti delle demolizioni, senza che venissero prima trattati.
Galli ha risposto che nell'area non «sussistono materiali classificabili
come rifiuti, se non quelli preesistenti alla data di consegna dei lavori»
e che tutti i materiali delle demolizioni usati, sono stati trattati prima
in modo corretto. «La correttezza delle procedure amministrative e la
rispondenza alla normativa è ampiamente dimostrata», scrive il perito,
«la ditta esecutrice e la direzione lavori hanno sempre eseguito le
prescrizioni impartite dal progetto con la massima fedeltà e applicando
semmai dei correttivi migliorativi sul piano tecnico e economico». Ma
perchè si indaga sui lavori a San Giuliano?
L'inchiesta
A far partire l'inchiesta è un vigile urbano, Roberto Filippini,
avvicinato da un operatore del settore demolizioni che lo informa di quel
via vai di camion, pieni di detriti. «Detto operatore...lamentava il
fatto», dichiara il vigile, «che presso l'impianto di frantumazione
della propria ditta si era avuto un clamoroso calo di attività».
Questioni di concorrenza, insomma. I vigili cominciano a tenere sotto
controllo i camion che vanno al parco, cosa portano e dove scaricano.
Tutti gli autotrasportatori, interrogati, dichiarano la stessa cosa:
trasportano detriti delle demolizioni e li scaricano in varie zone del
parco. Ai cancelli arriva anche un camion di lapidi dal cimitero, dell'Amav.
I vigili girano dei video: automezzi pieni di rovinassi, detriti
accumulati nel parco, calcestruzzi, tubi di plastica, ferro. Il pm Ramacci
chiede il sequestro del parco. «Preme ricordare», scrive il perito, «che
il conferimento di materiale di risulta proveniente da altri cantieri
edili o stradali, non deve essere considerato un fatto anomalo, infatti il
capitolato d'appalto prevedeva specificatamente l'utilizzo di materiale
proveniente da demolizioni». Gli stessi vigili raccolgono dichiarazioni
sul fatto che il camion di lapidi non è mai entrato nel parco e che quel
carico è stato portato in una discarica.
Un giorno la telecamera dei vigili resta accesa, si sente l'operatore che
dice: «Bene, bene, qua chiudiamo tutto». Il perito scrive che i vigili
hanno ripreso solo una zona del parco, dove erano già cominciati gli
scavi nell'ex discarica e che, materiali e blocchi accumulati, sono quelli
tirati fuori da sottoterra. Scrive anche che i vigili non sono mai
riusciti a riprendere i camion che entrano e scaricano. «I commenti audio
fuori campo degli operatori», si legge, «potrebbero far pensare a un
approccio non esattamente imparziale degli stessi». A parte video e
testimonianze, a convincere il gip Monica Gaggelli che il sequestro va
fatto, è anche un semplice conto.
I conti
L'enorme differenza tra la quantità di detriti scaricati a San Giuliano e
il numero di frantumazioni fatte dall'impianto dentro il cantiere - si
legge nell'ordinanza - rende evidente che gran parte del materiale non è
stato trattato, ma abbandonato selvaggiamente. I vigili che hanno raccolto
dati e documenti lo hanno fatto, però, solo a San Giuliano, mentre i due
terzi del materiale per il parco - come segnala il perito che ha fatto a
Murano un controllo a sorpresa - arrivano da Sacca San Mattia, dove esiste
un altro impianto di frantumazione.
Le analisi del pm
Il perito ha lavorato con i consulenti del pm e della difesa, ma il pm
Ramacci ha fatto fare, in seguito, altri prelievi e altre analisi proprie.
Sono venticinque i prelievi lungo il canale scolmatore, nella collina dei
veleni, nelle tracce di strade e vialetti futuri. I risultati dicono che
si trovano blocchi di calcestruzzo e cemento armato in varie zone,
mattoni, legno, plastica, pezzi di muro con le piastrelle ancora
attaccate. Una delle zone dove i ritrovamenti sono più evidenti sono le
rive del canale scolmatore. Ma quella zona, sostiene la difesa, è
competenza di un progetto del Magistrato alle acque, perfino al di fuori
della recinzione del cantiere. I periti del pm hanno analizzato, tra le
altre cose, un campione di un metro quadro di terra prelevato nella
collinetta e hanno trovato l'11 per cento di materiale non idoneo, tra cui
pvc, gomma, legno. «L'utilizzo di materiale riciclato», scrive il perito
Galli nelle conclusioni, «comporta necessariamente l'accettazione di uno
standard qualitativo differente da quello delle materie vergini. La
legislazione non indica valori limite alla presenza di elementi
indesiderati nei materiali inerti da riciclaggio».
La famosa tovaglietta dell'osteria, insomma.
IL PARTICOLARE
Le
lapidi del cimitero di Mestre
non hanno varcato i cancelli
Tra i sette indagati nell'inchiesta per il parco di San Giuliano, c'è
anche Vittorio Salvagno, in qualità di direttore dell'Amav perchè ha
fatto stoccare rifiuti cimiteriali a San Giuliano senza autorizzazioni,
iscrizioni e comunicazioni. L'episodio che fa entrare l'Amav
nell'inchiesta è l'arrivo ai cancelli del parco di un camion proveniente
dal cimitero di Mestre. Nelle relazioni dei vigili urbani, però, c'è la
dichiarazione di Valerio Dittadi, rappresentante della Idea, la ditta di
autotrasporti, il quale afferma di aver portato il carico al parco, alla
Tecnoecology, che si era rifiutata di riceverlo perchè non esisteva alcun
accordo. Lo stesso autotrasportatore dichiara di aver scaricato il
materiale nella ditta Veneta mineraria di Mira. Secondo la ricostruzione
del perito, Amav e Tecnoecology si erano accordate per scaricare il
materiale a San Giuliano, purchè munito di idonea documentazione. Al
primo trasporto il camion fu bloccato e rifiutato perchè il materiale fu
ritenuto «sporco». Tutti i trenta trasporti dal cimitero, come risulta
dai documenti sull'identificazione dei rifiuti, sono arrivati alla Veneta
mineraria.
|
|
Antonio
Di Mambro |