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LE SFIDE DI MESTRE.
Lavori da concludere entro il 2001. Ma intanto i 69 ettari sono preda
delle erbacce
Parco
San Giuliano, fondi Ue a rischio
Dopo
lo stop della Procura, la Ferrovial pronta a lasciare
Ca' Farsetti punta a una nuova gara d'appalto
di Nicola Pellicani
MESTRE. Oggi i 69 ettari destinati al Parco di San Giuliano hanno lasciato
il campo alla vegetazione spontanea. La Ferrovial sembra pronta a
lasciare. Quella distesa di erbacce è la delusione più grande maturata
dalla giunta Cacciari in terraferma. Testimonia l'amarezza per un sogno a
lungo inseguito, bruscamente interrotto su iniziativa della Procura e che
ora costringerà probabilmente a rifare la gara d'appalto. Il futuro del
Parco di San Giuliano è ora appeso a un filo. L'unico punto fermo resta
questo: se entro il 31 dicembre del 2001 il lavoro, rimasto a metà, non
sarà concluso, il Comune perderà i fondi messi a disposizione
dall'Unione Europea.
MESTRE. Oggi il Parco di San Giuliano, o meglio i 69 ettari destinati al
Parco di San Giuliano, hanno lasciato il campo alla vegetazione spontanea
e la Ferrovial è in procinto di lasciare. Quella distesa di erbacce è la
delusione più grande maturata dalla giunta Cacciari in sei anni di lavoro
in terraferma. Testimonia tutta l'amarezza per un sogno a lungo inseguito,
bruscamente interrotto su iniziativa della Procura. Se tutto fosse filato
via liscio il cantiere avrebbe dovuto chiudere i battenti il mese scorso.
Oggi, tredici mesi dopo il sequestro del cantiere e a quattro mesi e mezzo
dal dissequestro, il futuro del parco è appeso ad un filo. E tra tante
incertezze e altrettante difficoltà, c'è solo un punto fermo: se entro
il 31 dicembre del 2001 il lavoro, rimasto a metà, non sarà concluso, il
Comune perderà le risorse messe a disposizione dalla Ue per il progetto.
In tutto 36 miliardi, dei circa 100 già impegnati per realizzare il
mega-parco. Alla certezza sui tempi, si aggiunge la probabile rinuncia
della Ferrovial a proseguire i lavori. A giorni la multinazionale spagnola
che si era aggiudicata l'appalto, incontrerà il Comune per valutare la
lunga verifica tecnico-contabile, iniziata all'indomani del dissequestro e
conclusa solo da poco. Si è trattato di un rilievo minuzioso compiuto su
novemila punti all'interno dei 69 ettari. L'esame è servito per valutare
lo stato del cantiere dopo il blocco forzato. Dai rilievi emerge che il
lavoro svolto nei quindici mesi di attività non è stato intaccato.
L'unica anomalia è rappresentata dalla crescita di un tappeto di
vegetazione spontanea. Nulla di più.
Ipoteticamente sarebbe quindi possibile riprendere gli interventi domani
mattina. Ma non sarà così. La Ferrovial non sembra aver alcuna
intenzione di rimettere in moto le ruspe. Sono molti i motivi che frenano
l'impresa spagnola.
Intanto, c'è un problema d'immagine, il colosso spagnolo, già scottato
dal sequestro firmato dal pm Luca Ramacci, teme che la ripresa dei lavori
possa coincidere con ulteriori iniziative giudiziarie. Ma le resistenze
maggiori a ripartire derivano, comunque, dai costi. Vale a dire dalla
lievitazione dei costi legati al blocco del cantiere. La Ferrovial non ha
ancora presentato il conto, anche se presto lo farà. Lo presenterà a Ca'
Farsetti ma il Comune, anche volendo non può accollarsi costi aggiuntivi
per il blocco del cantiere di cui non è stato responsabile. Si parla di
una decina di miliardi che saranno al centro di una partita legale di non
facile soluzione che seguirà alla probabile rinuncia della Ferrovial a
proseguire l'opera. Toccherà ad un collegio arbitrale trovare una via
d'uscita ragionevole per entrambe le parti, ma soprattutto possibile per
l'amministrazione comunale.
Chiuso il capitolo Ferrovial resta da individuare la strada per ultimare
gli interventi entro il 2001. Come? L'architetto di Boston Antonio Di
Mambro, progettista del Parco e da ultimo pure direttore dei lavori e
Salvatore Vento, ingegnere capo del Comune in terraferma, stanno già
studiando la soluzione: «L'alternativa è solo una», ragiona Vento, «bandire
una nuova gara d'appalto ingaggiando una corsa contro il tempo per
chiudere il cantiere entro il 31 dicembre 2001. Resta da fare il cinquanta
per cento dei lavori possiamo farcela. Prima di indire la gara sarà
necessario adeguare il progetto sotto il profilo normativo, perché nel
frattempo è stata introdotta una nuova legislazione in tema di bonifiche,
dopodichè si potrà bandire la gara d'appalto, partendo da una base
d'asta di 12/13 miliardi. Possiamo assegnare i lavori entro
ottobre-novembre di quest'anno, fissando in un anno la conclusione». Il
discorso fila, ma si sa che nell'universo burocratico i trabocchetti sono
sempre dietro l'angolo e a farne le spese questa volta sarebbe il Parco di
San Giuliano, inseguito per anni dall'amministrazione comunale e
dall'intera città. Perdendo la corsa contro il tempo Mestre perderebbe la
sfida più importante per riqualificare un'area strategica, l'anello di
congiunzione tra la terraferma e la laguna. Sulla carta il Parco
ritagliato da Di Mambro si sviluppa su un'area vastissima di circa 700
ettari spingendosi da San Giuliano a Campalto abbracciando una buona fetta
di barena. Ma gli interventi per i quali sono già stati impegnati i cento
miliardi sono tutti concentrati all'interno dei 69 ettari in questione. La
crescita del resto del parco è un problema che al momento resta sullo
sfondo.
Il progettista: «Si
va avanti»
Scatta
l'ora
del nuovo ponte
n.p.
MESTRE. La parola d'ordine dell'architetto Antonio Di Mambro, progettista
del Parco di San Giuliano e direttore dei lavori, non lascia spazio ad
equivoci: «Si va avanti». Un input trasmesso anche l'altro giorno al
telefono da Boston a Villa Querini, quartier generale dell'assessorato ai
Lavori pubblici. Un messaggio di ottimismo per la riapertura del cantiere
tenuto sotto sequestro per nove lunghi mesi, ma anche un indicazione
chiara per l'apertura dei due nuovi cantieri, sempre all'interno dei 69
ettari, che costituiscono i confini del primo lotto d'intervento per la
realizzazione del Parco. Tra meno di due settimane, il 15 maggio,
inizieranno due nuovi interventi. Il primo consentirà la costruzione del
ponte ciclo-pedonale, l'altro la realizzazione dei collettori idrici per
l'irrigazione dello stesso parco. In tutto un investimento di 11 miliardi.
E' il bicchiere mezzo pieno della San Giuliano-story, che fa guardare a Di
Mambro l'intera vicenda con sufficiente ottimismo, nonostante i numerosi
problemi che restano da superare. Il nuovo ponte collegherà la pista
ciclabile di viale San Marco all'ingresso del Parco, attraversando la
rotonda di San Giuliano. Raggiungerà l'altezza massima di cinque metri e
sarà lungo 90 metri, retto da un pilone centrale, e da dieci cavi
d'acciaio, stile ponte di Brooklyn.
LE TAPPE
Il
silenzio dura da dicembre
Tolti
i sigilli, ma i lavori sono ancora fermi
n.p.
MESTRE. Per il Parco di San Giuliano i guai sono iniziati nel marzo del
'99, quando il pm Luca Ramacci ha ordinato il sequestro del cantiere. Una
mazzata tra capo e collo della giunta Cacciari. I sigilli sono stati tolti
solo il 15 dicembre dello scorso anno, 262 giorni dopo, appena due giorni
prima dell'udienza fissata dal Tribunale della Libertà, che avrebbe
dovuto pronunciarsi sull'istanza avanzata da Ca' Farsetti. Una strana
coincidenza, che non passò inosservata negli uffici comunali.
Ma fu lo stesso pm ad intervenire per sgombrare il terreno da possibili
polemiche sostenendo che la decisione era stata assunta non appena
possibile, alla fine di tutte le verifiche del caso. Indagini come si
ricorderà complicatissime e costosissime. Tant'è che Ramacci fece
scendere in campo, carabinieri, elicotteristi, polizia, genio militare,
vigili urbani e periti di vario tipo. Insomma, per San Giuliano sarebbe
stato allertato uno spiegamento di forze degno di un'emergenza nazionale.
La Ferrovial si era aggiudicata l'appalto alla fine del '97 con un ribasso
del 50 per cento su una base d'asta di 36 miliardi. L'impresa spagnola
aveva potuto presentare un'offerta così vantaggiosa per il Comune,
stipulando un accordo con il Magistrato alle acque per l'utilizzo dei
detriti - opportunamente trattati - della discarica di materiale edile di
Sacca San Mattia per mettere in sicurezza l'area inquinata. Ovvero l'area
- all'interno dei 69 ettari dove è prevista la nascita del primo lotto
del Parco - in passato utilizzata come discarica di rifiuti
tossico-nocivi.
I lavori proseguirono senza intoppi dal gennaio del '98 fino al 27 marzo
dell'anno successivo, giorno in cui scattò l'ordinanza di sequestro.
A far partire l'inchiesta fu un vigile urbano, Roberto Filippini,
insospettito da uno strano via vai in cantiere di camion, carichi di
detriti. I vigili cominciarono a tenere sotto controllo l'ingresso degli
autocarri in cantiere e presto il sospetto si trasformò in accusa: i
rimorchi, anzichè scaricare detriti trattati, avrebbero scaricato di
tutto. Da lapidi cimiteriali, a lavandini, tubi di plastica e chissà che
altro. Tant'è che Ramacci ordinò il sequestro dell'area. Ne seguì
un'interminabile inchiesta, diventata una telenovela. Ma il paradosso sta
nel fatto che la perizia dell'esperto Gianluca Galli, disposta dal gip
smentì l'accusa, segnalando l'intervento in corso a San Giuliano come un
esempio da seguire per la bonifica di ex discariche industriali. «La
correttezza delle procedure amministrative e la rispondenza alla normativa
è ampiamente dimostrata», scriveva Gianluca Galli. Quantobasta per
autorizzare il dissequestro del cantiere? Nemmeno per sogno, Ramacci
ordinò altri prelievi che confermarono le accuse iniziali, rilevate dai
vigili urbani, convincendo anche il gip - nel frattempo cambiato - a
confermare il sequestro, fino allo scorso 15 dicembre.
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