CIRCOLO VELICO CASANOVA

P.ta San Giuliano - Mestre Venezia

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Venezia, giovedì 4 maggio 2000, SS. Ciriaco e Porfirio
 

LE SFIDE DI MESTRE. Lavori da concludere entro il 2001. Ma intanto i 69 ettari sono preda delle erbacce
Parco San Giuliano, fondi Ue a rischio
Dopo lo stop della Procura, la Ferrovial pronta a lasciare
Ca' Farsetti punta a una nuova gara d'appalto

di Nicola Pellicani

MESTRE. Oggi i 69 ettari destinati al Parco di San Giuliano hanno lasciato il campo alla vegetazione spontanea. La Ferrovial sembra pronta a lasciare. Quella distesa di erbacce è la delusione più grande maturata dalla giunta Cacciari in terraferma. Testimonia l'amarezza per un sogno a lungo inseguito, bruscamente interrotto su iniziativa della Procura e che ora costringerà probabilmente a rifare la gara d'appalto. Il futuro del Parco di San Giuliano è ora appeso a un filo. L'unico punto fermo resta questo: se entro il 31 dicembre del 2001 il lavoro, rimasto a metà, non sarà concluso, il Comune perderà i fondi messi a disposizione dall'Unione Europea.


MESTRE. Oggi il Parco di San Giuliano, o meglio i 69 ettari destinati al Parco di San Giuliano, hanno lasciato il campo alla vegetazione spontanea e la Ferrovial è in procinto di lasciare. Quella distesa di erbacce è la delusione più grande maturata dalla giunta Cacciari in sei anni di lavoro in terraferma. Testimonia tutta l'amarezza per un sogno a lungo inseguito, bruscamente interrotto su iniziativa della Procura. Se tutto fosse filato via liscio il cantiere avrebbe dovuto chiudere i battenti il mese scorso.
Oggi, tredici mesi dopo il sequestro del cantiere e a quattro mesi e mezzo dal dissequestro, il futuro del parco è appeso ad un filo. E tra tante incertezze e altrettante difficoltà, c'è solo un punto fermo: se entro il 31 dicembre del 2001 il lavoro, rimasto a metà, non sarà concluso, il Comune perderà le risorse messe a disposizione dalla Ue per il progetto. In tutto 36 miliardi, dei circa 100 già impegnati per realizzare il mega-parco. Alla certezza sui tempi, si aggiunge la probabile rinuncia della Ferrovial a proseguire i lavori. A giorni la multinazionale spagnola che si era aggiudicata l'appalto, incontrerà il Comune per valutare la lunga verifica tecnico-contabile, iniziata all'indomani del dissequestro e conclusa solo da poco. Si è trattato di un rilievo minuzioso compiuto su novemila punti all'interno dei 69 ettari. L'esame è servito per valutare lo stato del cantiere dopo il blocco forzato. Dai rilievi emerge che il lavoro svolto nei quindici mesi di attività non è stato intaccato. L'unica anomalia è rappresentata dalla crescita di un tappeto di vegetazione spontanea. Nulla di più.
Ipoteticamente sarebbe quindi possibile riprendere gli interventi domani mattina. Ma non sarà così. La Ferrovial non sembra aver alcuna intenzione di rimettere in moto le ruspe. Sono molti i motivi che frenano l'impresa spagnola.
Intanto, c'è un problema d'immagine, il colosso spagnolo, già scottato dal sequestro firmato dal pm Luca Ramacci, teme che la ripresa dei lavori possa coincidere con ulteriori iniziative giudiziarie. Ma le resistenze maggiori a ripartire derivano, comunque, dai costi. Vale a dire dalla lievitazione dei costi legati al blocco del cantiere. La Ferrovial non ha ancora presentato il conto, anche se presto lo farà. Lo presenterà a Ca' Farsetti ma il Comune, anche volendo non può accollarsi costi aggiuntivi per il blocco del cantiere di cui non è stato responsabile. Si parla di una decina di miliardi che saranno al centro di una partita legale di non facile soluzione che seguirà alla probabile rinuncia della Ferrovial a proseguire l'opera. Toccherà ad un collegio arbitrale trovare una via d'uscita ragionevole per entrambe le parti, ma soprattutto possibile per l'amministrazione comunale.
Chiuso il capitolo Ferrovial resta da individuare la strada per ultimare gli interventi entro il 2001. Come? L'architetto di Boston Antonio Di Mambro, progettista del Parco e da ultimo pure direttore dei lavori e Salvatore Vento, ingegnere capo del Comune in terraferma, stanno già studiando la soluzione: «L'alternativa è solo una», ragiona Vento, «bandire una nuova gara d'appalto ingaggiando una corsa contro il tempo per chiudere il cantiere entro il 31 dicembre 2001. Resta da fare il cinquanta per cento dei lavori possiamo farcela. Prima di indire la gara sarà necessario adeguare il progetto sotto il profilo normativo, perché nel frattempo è stata introdotta una nuova legislazione in tema di bonifiche, dopodichè si potrà bandire la gara d'appalto, partendo da una base d'asta di 12/13 miliardi. Possiamo assegnare i lavori entro ottobre-novembre di quest'anno, fissando in un anno la conclusione». Il discorso fila, ma si sa che nell'universo burocratico i trabocchetti sono sempre dietro l'angolo e a farne le spese questa volta sarebbe il Parco di San Giuliano, inseguito per anni dall'amministrazione comunale e dall'intera città. Perdendo la corsa contro il tempo Mestre perderebbe la sfida più importante per riqualificare un'area strategica, l'anello di congiunzione tra la terraferma e la laguna. Sulla carta il Parco ritagliato da Di Mambro si sviluppa su un'area vastissima di circa 700 ettari spingendosi da San Giuliano a Campalto abbracciando una buona fetta di barena. Ma gli interventi per i quali sono già stati impegnati i cento miliardi sono tutti concentrati all'interno dei 69 ettari in questione. La crescita del resto del parco è un problema che al momento resta sullo sfondo.


Il progettista: «Si va avanti»
Scatta l'ora
del nuovo ponte

n.p.

MESTRE. La parola d'ordine dell'architetto Antonio Di Mambro, progettista del Parco di San Giuliano e direttore dei lavori, non lascia spazio ad equivoci: «Si va avanti». Un input trasmesso anche l'altro giorno al telefono da Boston a Villa Querini, quartier generale dell'assessorato ai Lavori pubblici. Un messaggio di ottimismo per la riapertura del cantiere tenuto sotto sequestro per nove lunghi mesi, ma anche un indicazione chiara per l'apertura dei due nuovi cantieri, sempre all'interno dei 69 ettari, che costituiscono i confini del primo lotto d'intervento per la realizzazione del Parco. Tra meno di due settimane, il 15 maggio, inizieranno due nuovi interventi. Il primo consentirà la costruzione del ponte ciclo-pedonale, l'altro la realizzazione dei collettori idrici per l'irrigazione dello stesso parco. In tutto un investimento di 11 miliardi. E' il bicchiere mezzo pieno della San Giuliano-story, che fa guardare a Di Mambro l'intera vicenda con sufficiente ottimismo, nonostante i numerosi problemi che restano da superare. Il nuovo ponte collegherà la pista ciclabile di viale San Marco all'ingresso del Parco, attraversando la rotonda di San Giuliano. Raggiungerà l'altezza massima di cinque metri e sarà lungo 90 metri, retto da un pilone centrale, e da dieci cavi d'acciaio, stile ponte di Brooklyn.


LE TAPPE
Il silenzio dura da dicembre
Tolti i sigilli, ma i lavori sono ancora fermi

n.p.

MESTRE. Per il Parco di San Giuliano i guai sono iniziati nel marzo del '99, quando il pm Luca Ramacci ha ordinato il sequestro del cantiere. Una mazzata tra capo e collo della giunta Cacciari. I sigilli sono stati tolti solo il 15 dicembre dello scorso anno, 262 giorni dopo, appena due giorni prima dell'udienza fissata dal Tribunale della Libertà, che avrebbe dovuto pronunciarsi sull'istanza avanzata da Ca' Farsetti. Una strana coincidenza, che non passò inosservata negli uffici comunali.
Ma fu lo stesso pm ad intervenire per sgombrare il terreno da possibili polemiche sostenendo che la decisione era stata assunta non appena possibile, alla fine di tutte le verifiche del caso. Indagini come si ricorderà complicatissime e costosissime. Tant'è che Ramacci fece scendere in campo, carabinieri, elicotteristi, polizia, genio militare, vigili urbani e periti di vario tipo. Insomma, per San Giuliano sarebbe stato allertato uno spiegamento di forze degno di un'emergenza nazionale.
La Ferrovial si era aggiudicata l'appalto alla fine del '97 con un ribasso del 50 per cento su una base d'asta di 36 miliardi. L'impresa spagnola aveva potuto presentare un'offerta così vantaggiosa per il Comune, stipulando un accordo con il Magistrato alle acque per l'utilizzo dei detriti - opportunamente trattati - della discarica di materiale edile di Sacca San Mattia per mettere in sicurezza l'area inquinata. Ovvero l'area - all'interno dei 69 ettari dove è prevista la nascita del primo lotto del Parco - in passato utilizzata come discarica di rifiuti tossico-nocivi.
I lavori proseguirono senza intoppi dal gennaio del '98 fino al 27 marzo dell'anno successivo, giorno in cui scattò l'ordinanza di sequestro.
A far partire l'inchiesta fu un vigile urbano, Roberto Filippini, insospettito da uno strano via vai in cantiere di camion, carichi di detriti. I vigili cominciarono a tenere sotto controllo l'ingresso degli autocarri in cantiere e presto il sospetto si trasformò in accusa: i rimorchi, anzichè scaricare detriti trattati, avrebbero scaricato di tutto. Da lapidi cimiteriali, a lavandini, tubi di plastica e chissà che altro. Tant'è che Ramacci ordinò il sequestro dell'area. Ne seguì un'interminabile inchiesta, diventata una telenovela. Ma il paradosso sta nel fatto che la perizia dell'esperto Gianluca Galli, disposta dal gip smentì l'accusa, segnalando l'intervento in corso a San Giuliano come un esempio da seguire per la bonifica di ex discariche industriali. «La correttezza delle procedure amministrative e la rispondenza alla normativa è ampiamente dimostrata», scriveva Gianluca Galli. Quantobasta per autorizzare il dissequestro del cantiere? Nemmeno per sogno, Ramacci ordinò altri prelievi che confermarono le accuse iniziali, rilevate dai vigili urbani, convincendo anche il gip - nel frattempo cambiato - a confermare il sequestro, fino allo scorso 15 dicembre.


 
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