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  CORRIERE DELLA SERA - CORRIERE DEL VENETO

Domenica 6 Aprile 2003
Altino, dalla pioggia una luce sulla storia perduta
A sorpresa uno smottamento negli scavi porta allo scoperto reperti del Mille a.C

di VIVIANO DOMENICI

 

 

Credevano di essere arrivati in fondo al pozzo del tempo gli archeologi che scavano ad Altino. Invece non l'avevano ancora toccato e il caso ha deciso di fare loro una sorpresa. Così, con la complicità della pioggia, il caso ha provocato un minuscolo smottamento che ha aperto uno spiraglio dal quale è ora possibile gettare uno sguardo fino a mille anni prima dì Cristo.

Almeno tre secoli più indietro di quanto gli archeologi si aspettassero di vedere.

   

«E' vero, il caso ci ha aiutato racconta Margherita Tirelli, direttore del Museo archeologico nazionale di Altino, che da anni conduce scavi nell’antica città - e d’ìmprovviso ha smentito tutte le nostre certezze. Proprio quando credevamo di aver raggiunto gli strati più antichi, cioè quelli del VI secolo avanti Cristo, ecco che dalla parete di una piccola fossa dove un tempo poggiava una colonna di un tempio, s'è staccata una fetta di terreno che ha messo allo scoperto una tomba a incinerazione del IX-X secolo avanti Cristo.

  

Questa tomba dimostra quindi che l'arca di Altino era frequentata almeno tre secoli prima di quanto pensavamo. Evidentemente ci deve essere un'intera necropoli che potrebbe chiarirci la relazione tra questa presenza di "inceneritori” e la successiva città di Altino».

La piccola tomba a incinerazione s'è presentata con tutte le sue caratteristiche più classiche: un grosso vaso «biconico» contenente ceneri e resti ossei combusti, un frammento di fibula «a globetti» (l'unico elemento del corredo funebre) e una ciotola come coperchio. Poche cose che 3mila anni fa vennero accuratamente deposte in una piccola fossa e che ora pongono diverse domande.
Chi era questa gente che alla fine dell'Età del Bronzo viveva e moriva sulle rive della laguna veneta?

Furono i fondatori di Altino o la loro presenza nello stesso sito è del tutto casuale?
  

In attesa che i prossimi scavi rispondano a queste domande, vediamo che cosa racconta la tomba appena ritrovata.

E il primo a «parlare» è proprio quel vaso «biconico», un vaso tipico delle popolazioni orientali che arrivarono in Italia durante il secondo millennio avanti Cristo introducendovi una lingua imparentata col Sanscrito; lingua (o lingue) che influenzarono in maniera determinante la formazione di molte lingue di epoca storica, dalle quali derivarono poi alcune delle lingue europee, italiano compreso.
   

Su queste basi puramente linguistiche gli studiosi hanno battezzato “Indoeuropei” i popoli portatori dei vasi “biconici” utilizzati come contenitori per i resti combusti dei defunti.

La pratica dell’incinerazione segnalata da queste sepolture rivela una rigorosa visione metafisica originata da credenze animistiche o spiritualistiche (liberazione dell'anima dall'involucro corporeo) che si diffusero  rapidamente nella Penisola soppiantando in gran parte la precedente pratica dell'inumazione.

   

Grandi necropoli con centinaia di vasi «biconici» sono state scoperte in tutta la Penisola e hanno restituito oggetti in bronzo (punte e di lancia, scudi, spilloni, fibule, rasoi e ornamenti vari), e oggetti in terracotta, come rocchetti per filo, e fusi). Cioè oggetti che indicano sia il sesso del defunto che la sua posizione sociale (nel caso della nostra piccola tomba la sola presenza della fibula non permette di sapere se il defunto era maschio o femmina). Il quadro d'insieme che questi corredi funeari disegnano è quello di una società fortemente gerarchizzata - la cui classe dominante doveva essere rappresentata dai guerrieri - dedita all'allevamento, all'agricoltura e all'estrazione e alla lavorazione dei metalli. I loro abitati erano caratterizzati da capanne a pianta rettangolare con tetto a doppio spiovente ed elementi decorativi sia sul tetto che sulle pareti esterne intonacate.

    

Si può quindi ipotizzare che i futuri scavi dell'antica necropoli di Altino possano restituire materiali che confermeranno questo quadro generale. Ma probabilmente gli scavi ci diranno anche se questi «incineratori» furono davvero i fondatori della prima Altino e - se così fosse - capiremo se questo precoce insediamento sia da mettere in relazione alla presenza nell'area lagunare, e addirittura lungo il corso del Po, di naviganti provenienti dalla lontana Micene; presenza testimoniata da diverse ceramiche micenee.

  

In altre parole, lo scavo della necropoli ci potrebbe raccontare se attorno al X secolo avanti Cristo Altino era già un fiorente emporio commerciale al quale arrivavano le navi dei mercanti micenei che dall'Egeo si spingevano così a settentrione in cerca di metalli e di ambra.
Dal punto di vista geografico, infatti, Altino si trovava esattamente a essere il terminale delle rotte commerciali che portavano nell'alto Adriatico i metalli provenientì dai Balcani e l'ambra proveniente del Mar Baltico.

 

Come si può intuire da quanto detto, la modesta tomba a incinerazione ora ritrovata può rivelarsi la chiave di volta di una ricostruzione storica che arretrerebbe le origini di Altino e chiarirebbe un capitolo della storia dell'esplorazione geografico-commerciale della grande Micene.

Solo i futuri scavi potranno fornirci risposte e, forse, altre sorprese.

  

Viviano Domenici