Credevano
di essere arrivati in fondo al pozzo del tempo gli
archeologi che scavano ad Altino. Invece non l'avevano
ancora toccato e il caso ha deciso di fare loro una
sorpresa. Così, con la complicità della pioggia, il caso
ha provocato un minuscolo smottamento che ha aperto uno
spiraglio dal quale è ora possibile gettare uno sguardo
fino a mille anni prima dì Cristo.
Almeno
tre secoli più indietro di quanto gli archeologi si
aspettassero di vedere.
«E'
vero, il caso ci ha aiutato racconta Margherita Tirelli,
direttore del Museo archeologico nazionale di Altino, che da
anni conduce scavi nell’antica città - e d’ìmprovviso
ha smentito tutte le nostre certezze. Proprio quando
credevamo di aver raggiunto gli strati più antichi, cioè quelli
del VI secolo avanti Cristo, ecco che dalla parete di
una piccola fossa dove un tempo poggiava una colonna di un
tempio, s'è staccata una fetta di terreno che ha messo allo
scoperto una tomba a incinerazione del IX-X
secolo avanti Cristo.
Questa
tomba dimostra quindi che l'arca di Altino era frequentata
almeno tre secoli prima di quanto pensavamo. Evidentemente
ci deve essere un'intera necropoli che potrebbe chiarirci la
relazione tra questa presenza di "inceneritori” e la
successiva città di Altino».
La piccola tomba a incinerazione s'è
presentata con tutte le sue caratteristiche più classiche:
un grosso vaso «biconico» contenente
ceneri e resti ossei combusti, un frammento di fibula «a
globetti» (l'unico elemento del corredo funebre) e una
ciotola come coperchio. Poche cose che 3mila anni fa vennero
accuratamente deposte in una piccola fossa e che ora pongono
diverse domande.
Chi era questa gente che alla fine dell'Età del Bronzo
viveva e moriva sulle rive della laguna veneta?
Furono i fondatori di Altino o la loro
presenza nello stesso sito è del tutto casuale?
In
attesa che i prossimi scavi rispondano a queste domande,
vediamo che cosa racconta la tomba appena ritrovata.
E
il primo a «parlare» è proprio quel vaso «biconico»,
un vaso tipico delle popolazioni orientali che arrivarono in
Italia durante il secondo millennio avanti Cristo
introducendovi una lingua imparentata col Sanscrito; lingua
(o lingue) che influenzarono in maniera determinante la
formazione di molte lingue di epoca storica, dalle quali
derivarono poi alcune delle lingue europee, italiano
compreso.
Su
queste basi puramente linguistiche gli studiosi hanno
battezzato “Indoeuropei” i popoli portatori dei vasi
“biconici” utilizzati come contenitori per i
resti combusti dei defunti.
La
pratica dell’incinerazione segnalata da queste sepolture
rivela una rigorosa visione metafisica originata da credenze
animistiche o spiritualistiche (liberazione dell'anima
dall'involucro corporeo) che si diffusero
rapidamente nella Penisola soppiantando in gran parte
la precedente pratica dell'inumazione.
Grandi
necropoli con centinaia di vasi «biconici» sono state
scoperte in tutta la Penisola e hanno restituito oggetti in
bronzo (punte e di lancia, scudi, spilloni, fibule, rasoi e
ornamenti vari), e oggetti in terracotta, come rocchetti per
filo, e fusi). Cioè oggetti che indicano sia il sesso del
defunto che la sua posizione sociale (nel caso della nostra
piccola tomba la sola presenza della fibula non permette di
sapere se il defunto era maschio o femmina). Il quadro
d'insieme che questi corredi funeari disegnano è quello di
una società fortemente gerarchizzata - la cui classe
dominante doveva essere rappresentata dai guerrieri - dedita
all'allevamento, all'agricoltura e all'estrazione e alla
lavorazione dei metalli. I loro abitati erano caratterizzati
da capanne a pianta rettangolare con tetto a doppio
spiovente ed elementi decorativi sia sul tetto che sulle
pareti esterne intonacate.
Si
può quindi ipotizzare che i futuri scavi dell'antica
necropoli di Altino possano restituire materiali che
confermeranno questo quadro generale. Ma probabilmente gli
scavi ci diranno anche se questi «incineratori» furono
davvero i fondatori della prima Altino e - se così fosse -
capiremo se questo precoce insediamento sia da mettere in
relazione alla presenza nell'area
lagunare, e addirittura lungo il corso del Po, di naviganti
provenienti dalla lontana Micene; presenza
testimoniata da diverse ceramiche micenee.
In
altre parole, lo scavo della necropoli ci potrebbe
raccontare se attorno al X secolo avanti Cristo Altino era
già un fiorente emporio commerciale al quale arrivavano
le navi dei mercanti micenei che dall'Egeo si spingevano così
a settentrione in cerca di metalli e di ambra.
Dal punto di vista geografico, infatti, Altino si trovava
esattamente a essere il terminale delle rotte commerciali
che portavano nell'alto Adriatico i metalli provenientì dai
Balcani e l'ambra proveniente del Mar Baltico.
Come
si può intuire da quanto detto, la modesta tomba a
incinerazione ora ritrovata può rivelarsi la chiave di
volta di una ricostruzione storica che arretrerebbe le
origini di Altino e chiarirebbe un capitolo della storia
dell'esplorazione geografico-commerciale della grande
Micene.
Solo
i futuri scavi potranno fornirci risposte e, forse, altre
sorprese.
Viviano
Domenici
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