Movimento per l'adozione ambientale della laguna davanti San Giuliano        

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trimestrale di informazione culturale
Archeoclub d'Italia - sede di Venezia
Anno IX, n. 3-4, dicembre 1999
Il Parco Archeologico della Laguna Nord
  
  
La Laguna di Venezia, come è noto, costituisce un'area di grande interesse non soltanto dal punto di vista ambientale, ma anche da quello storico-archeologico. 
In essa ambiente ed archeologia si intrecciano costituendo il "luogo" di indagine e di collaborazione per molteplici discipline: non solo nell'ambito della storia e delle scienze naturali, ma anche dell'organizzazione e pianificazione delle risorse all'interno della gestione del territorio.
Per la sua vastità (55.000 ettari di estensione, tra terre emerse e fondali) la Laguna, secondo le indicazioni della Soprintendenza Archeologica del Veneto, è stata ripartita in tre grandi sub-aree: il Parco Archeologico della Laguna nord, il Parco Archeologico della Laguna centrale o di Malamocco e il Parco Archeologico della Laguna sud o di Chioggia.
   
Il Parco Archeologico della Laguna nord costituisce una area vasta, ad elevata concentrazione di siti che documentano una stratigrafia particolarmente significativa per la storia delle origini di Venezia, e comprende il territorio lagunare immediatamente ad est di Altino fino ad includere le isole di Torcello, Sant'Ariano (corrispondente all'abitato medievale di Costanziaco), l'isola de La Cura, Santa Cristina, San Lorenzo di Ammiana, Sant'Andrea e Santa Maria di Gaia.

Nota 1
Potrebbe in un futuro essere inclusa anche l'isola di San Francesco del Deserto, sede di importanti scavi. 
Questa parte di laguna racchiude le testimonianze di un sistema territoriale già presente in epoca antica, con il centro di riferimento rappresentato da Altino, città paleoveneta e romana, importante nodo commerciale della X Regio, punto di collegamento tra vie marittime alto-adriatiche ed endolagunari, e l'interno del territorio.
Con il disgregarsi della Venetia et Istria romana nel VI secolo, un lungo processo formativo portò poi nell'Alto Medioevo allo sviluppo della sede ducale di Torcello, articolata in molte isole e insediamenti oggi scomparsi, prima dell'accentramento dell'antico territorio verso Rivo Alto, odierna Venezia.

   

Il paesaggio lagunare
Tra i canali e i ghebi che intersecano con fitta orditura la laguna a nord di Burano e Torcello, il paesaggio che si presenta oggi appare estremamente piatto, privo di forti contrasti e dominato da vaste distese d'acqua salmastra. La peculiarità più rilevante è che, rispetto al livello medio del mare, l'altezza delle isole, delle motte e delle superfici barenicole "si misura con la scala dei centimetri mai dei metri" (E. Canal).
Fatta eccezione per gli insediamneti di Burano, Mazzorbo, Torcello, anche la presenza stabile dell'uomo è ormai praticamente scomparsa. Restano solo sporadici edifici, ruderi di manufatti rurali o casoni da pesca, muta testimonianza delle ultime attività legate al settore primario: dall'orticoltura e dall'allevamento del pesce nelle isole della Cura e di S. Cristina, ai casoni e villaggi su palafitte.
Il regime idrico della zona, un tempo densamente abitata, va considerato in termini ben diversi da quelli attuali, caratterizzato da carichi d'acqua ben maggiori e da fenomeni di interramento per nulla paragonabili a quelli attuali.
Infatti, pur essendo la Laguna nord quella parte di laguna che meglio si avvicina all'aspetto antico, importanti trasformazioni - sia naturali che antropiche - hanno comunque influito sulla morfologia attuale, basti pensare alle diversioni dei fiumi immissari quali Marzenego, Dese, Sile, Piave.
Tutti i siti archeologici esplorati si trovano al di sotto del livello di medio mare. Le quote dei diversi strati antropizzati evidenziano l'esistenza di rilevanti differenze nei livelli delle acque marine nel corso dei secoli, con una articolata dinamica di innalzamenti e abbassamenti.
La ricerca archeologica
Le fonti antiche e alto-medioevali sono estremamente lacunose quanto alle vicende storiche e agli sviluppi ambientali che si svolgono nell'area lagunare prima del IX secolo. Per questo attualmente si impone il ricorso ad altre discipline che consentono che consentono di integrare e verificare le fonti scritte, e di ricostruire un quadro cronologico dell'evoluzione ambientale e socioeconomica.
A causa delle caratteristiche fisiche del territorio interessato, solo raramente la ricerca archeologica può avvalersi delle tecniche e delle metodologie normalmente utilizzate in terraferma. Il più delle volte la ricerca può essere svolta solo con l'ausilio di carotaggi e con l'uso di sonde metalliche. Spesso è necessario adeguare le metodologie di intervento alla specificità dell'ambiente lagunare. Individuata l'esistenza di resti antichi, per accertarne la consistenza, prima di portarli alla luce occorre drenare l'acqua di scavo delle acque che normalmente li ricoprono; queste operazioni, a prescindere dalle difficoltà di natura tecnica, presuppongono non trascurabili risorse finanziarie raramente disponibili.
I percorsi antichi: per fiumi e fosse tra Ravenna, Altino ed Aquileia
Già Plinio ci avverte dell'esistenza di una navigazione endolitoranea che univa alvei naturali ed opere umane ancora prima del 77 a.C., dalle paludi Adriane verso Concordia e Altino.
Nel 301 d.C. un editto di Diocleziano conferma l'esistenza di una navigazione endolitoranea per questi luoghi, informando del prezzo di un trasporto acqueo per le vie interne.
Probabilmente la regolamentazione di questa via avvenne in epoche successive a partire dal I sec. a.C. fino al IV d.C., con l'istituzione delle staziones, cioè ancoraggi di controllo e di scambio, nei tracciati delle vie d'acqua.
I dati forniti dalle ricerche archeologiche consentono di ipotizzare successive fasi realizzative nella via di navigazione endolitoranea: allo scopo costituiscono importanza i segni di incremento delle strutture commerciali cantieristiche in epoca tardo imperiale tra Costanziaco e Ammiana. Ne dovette risultare un potenziamento dell'area in termini economici e insediativi con incremento di traffico sulle direttrici Ravenna -Altino.
A queste si deve aggiungere l'identificazione recentemente documentata di ampi tratti del percorso acqueo Altino-Aquileia.
Appare quindi con precisione e completezza un sistema doppio di traffico lungo due direttrici:
a) per via di terra correvano gli assi della via Popilia e della Annia, iniziate coordinatamente (132 e 131) e dotate di penetrazioni a mare, tra cui Altino, con direzione verso il porto di Murano e percorso acqueo Sile-Piave;
b) per via acquea si sviluppava il sistema di fosse Popilia e Popiliola, con stationes tra le altre in Poveglia e in Ammiana-Costanziaco.
La documentazione archeologica ha portato alla luce una serie di fondazioni, torri sui fiumi e sulle fosse di questa via endolitoranea che diviene ricostruibile con una serie di approssimazioni: si ricordano la tore de Costanzago e la turre de Plave.

Nota 2
Antropizzazione del territorio lagunare in epoca antica
Le ricerche effettuate negli ultimi decenni in particolare da Ernesto Canal, Ispettore onorario della Soprintendenza Archeologica per il Veneto, hanno portato alla scoperta nella Laguna nord di un numero rilevante di siti archeologici. In base all'analisi stratigrafica e al C 14, alcuni sono risultati databili già intorno al III-II sec. a.C., con ritrovamenti di ceramica apula e attica testimonianti la presenza di antiche relazioni con il mondo mediterraneo.
Il maggior numero di ritrovamenti sono però databili tra il I e V sec. d.C. e confermano l'esistenza in quell'arco di tempo di condizioni eccezionalmente favorevoli all'insediamento umano. Fra gli insediamenti più significativi sono i resti di ville rustiche di epoca romana.
Limitando le considerazioni alle aree della palude del Monte, della barena del Vigno (Sette Soleri, Isola di santa Cristina e San Lorenzo di Ammiana), di Lio Piccolo e della Palude di Santa Caterina di Mazzorbo, sono stati rinvenuti una decina di siti, nei quali la presenza di tessere e lacerti musivi non in situ, attesta l'eleganza e la raffinatezza degli insediamenti.
Per quanto riguarda la menzionata barena del Vigno, in un'area di 45x52 m. sono tornati alla luce i resti di una complessa struttura edilizia, di particolare interesse, con fondazioni di pali disposti a semicerchio, resti di colonne lignee e frammenti di imbarcazioni a fasciame legato.
Percorsi lagunari
L'insediamento della Palude del Vigno pare ricollegarsi ad altri due edifici nelle barene di Riva del canale La Dolce. Qui sono situate tre strutture disposte lungo il tracciato di un sentiero con andamento rettilineo. È stato rilevato parte di un tardo rifacimento del piano stradale la cui posizione è riferibile al corso del Sile, o di uno dei suoi rami, identificabile con il Canal la Dolce. Forse correva un po' rilevato, parallelamente ad esso, e sullo stesso sono stati rinvenuti numerosi frammenti di anfore databili al V sec. d.C.
La presenza di edifici in allineamento alla centuriazione romana, fanno presumere che la strada ricalchi un tracciato viario più antico riferibile a precedenti fasi di popolamento dell'area. Addirittura, nell'area del canale Scanello, a circa 3 m. di profondità, sono stati rinvenuti i resti di un tratto di strada che sembra continuare sull'allineamento della calle esistente a Torcello tra S. Fosca e S. Maria. Il tracciato della suddetta calle ha una largheza di 9 m. e su di esso si affacciano diversi resti di edifici a forma quadrangolare.
Gli insediamenti, in tal modo dislocati, sembrano suggerire una relativamente intensa presenza antropica di carattere rurale, senza sostanziale differenza tra le aree di terraferma e quelle dell'attuale comprensorio lagunare.
Antropizzazione e strutture commerciali in epoca romana
Nell'area del Canale Scanello, è stata individuata una complessa struttura portuale riconducibile ad uno dei molti scali a mare sviluppatisi in epoca antica. Il basamento costruttivo della struttura, costituito da pilastri a distanza regolare di 6 m. di interasse, richiama il modulo costruttivo di tale tipologia e riscontrabile in analoghe e coeve strutture ad Aquileia ed al Pireo.
Gli insediamenti antichi
L'ambiente lagunare indagato presenta chiari i segni di una discontinuità insediativa. 
Le evidenze archeologiche sembrano far supporre che un processo di spopolamento si sia protratto in un arco di tempo relativamente lungo: infatti la presenza di strade rialzate, diverse però dalle arginature, indicano la necessità o la volontà di continuare a vivere l'ambiente lagunare nonostante le evidenti modificazioni morfologiche in atto, correlabili ad altrettanti profondi mutamenti climatici.
I risultati dell'indagine archeologica consentono di delineare con attendibilità lo sviluppo del popolamento nell'area di foce del Sile-Piave in quattro fasi distinte: a) nei primi secoli dopo Cristo un'antropizzazione diffusa recante le tracce di un'organizzazione territoriale di modello romano; b) il progressivo abbandono di tali insediamenti fino al VI sec.; c) con l'affermarsi di grossi nuclei abitati ai quali facevano capo attività agricole e commerciali ma con funzione militare di carattere difensivo; d) il declino di tali centri alla fine dell'alto medioevo contestualmente alla concentrazione nell'area realtina.

Nota 3
L'insediamento di S. Lorenzo di Ammiana e S. Cristina
Un notevole contributo alle definizioni di tali dinamiche, per il periodo tra il III e V sec. d.C., è emerso dalle ricerche compiute sulla motta di S. Lorenzo.
Gli scavi effettuati in più riprese (1969-1988), hanno portato alla luce una stazione continuativamente abitata dal I al VI sec., da identificarsi con uno dei nuclei dell'antico insediamento di Ammiana. I resti più recenti sono pertinenti al monastero delle benedettine di San Lorenzo, che qui ebbe la sua sede fino al 1439, anno in cui le religiose abbandonarono l'isola per trasferirsi a Murano nel monastero di Santa Maria degli Angeli.
Il sito rivela, atraverso lo studio della tecnologia costruttiva, l'appartenenza all'età imperiale del I e II sec. d.C.. Sono stati rinvenuti lacerti musivi, ceramici e vitrei, frammenti di laterzi, ed è stata recuperata una moneta di Aureliano (270-275 d.C.).
Il parco archeologico della Laguna Nord
Il Parco Archeologico della Laguna Nord è una proposta per la valorizzazione dell'archeologia in ambiente lagunare, dove i reperti, singoli cocci o grandi antiche fabbriche sono inseriti all'interno di relazioni-circuiti territoriali che costituiscono meta di itinerari possibili; un tema di sviluppo che unisce maggiormente Venezia-Centro storico e Venezia-Laguna, già strette da una complice relazione di cause ed effetti, in una alternanza di azioni naturali ed antropiche.
Il Progetto generale
Il Parco Archeologico della Laguna Nord è uno spazio definito nel quale possono convergere e agire nuove relazioni, privo di delimitazioni precise, nella forma e nelle dimensioni.
Si tratta di relazioni esistenti tra siti dalla differente vocazione, come una rete, che si stende sul territorio, raccoglie e unisce la terra, l'acqua e la storia in un'unica e ordinata sintesi, fonte di tutte le conoscenze scientifiche, le impressioni e le emozioni che la laguna racchiude; un sistema per la lettura della memoria dei luoghi e dell'uomo, nel circuito delle comunicazioni attuali possibili.
La struttura di questo parco archeologico si fonda sulla realizzazione dei servizi ritenuti necessari allo scopo, e nasce per divulgare la conoscenza sul patrimonio archeologico lagunare e perilagunare. Di fatto rendendo sempre più conosciute le azioni e le ricerche dell'archeologia, si incrementerà il rispetto di quelle aree lagunari che, forse poco conosciute dalla moltitudine, sono spesso divenute luogo di preda e saccheggio per altri.
Politiche del Parco: gradualità di fruizione
Sulla base della ricerca, è stata proposta anche per il Parco Archeologico della Laguna Nord, una ripartizione in sub-aree, corrispondente ai diversi gradi di fruizione.
Tutto il parco rientra nella classificazione delle tipologie proposte per le aree archeologiche sommerse italiane, per la sua suddivisione si riconoscono pertanto:
Parco archeologico subacqueo: localizzato nelle aree di Altino, Torcello, La Cura/S. Cristina, Treporti, alcuni tratti del canale di S. Felice e del canale Scanello; trattandosi di aree già sottoposte a scavo e rilievo topografico, non presentano particolari problemi per la conservazione in situ degli aspetti monumentali e sono inserite nel circuito dei percorsi attrezzati.
Riserve archeologiche subacquee: rientra in questa tipologia l'area compresa tra il canale Silone e il canale di S. Felice. È un'area sommersa aperta agli studiosi che devono compiere prospezioni, sondaggi o rilevamenti, ma non sono aperte al pubblico per l'impossibilità di offrire un reale contesto museografico.
Riserve archeologiche sommerse integrali: La zona nord compresa tra il canale S. Maria, la Palude di Cona, la valle Perini, e l'area a est, comprendente la valle di Ca' Zane e la Palude del Tralo, sono invece aree per le quali la programmazione prevede tempi non immediati di intervento per scavo e recupero. Lo scopo in tal caso è preservare i siti dai pericoli naturali e antropici.
Utenza
Si individua anche per quest'area un flusso di fruitori pressoché simile a quello degli altri parchi sia terrestri che marini. Le diverse tipologie di utenti (esperti, scuole, turisti) sono contraddistinte da caratteristiche proprie e da differenti necessità.
Percorsi
Il sistema dei percorsi costituisce di fatto la forza e la realtà del parco, sono come i fili di quella trama che regge questo territorio così mobile ed in continuo movimento. L'innesto ai percorsi del parco è costituito dai siti di accesso:
Altino per chi arriva in automobile dalla terraferma; i percorsi possibili sono quelli ciclopedonali lungo gli argini dei canali e il percorso navigabile fino a Torcello;
Torcello: percorso acqueo con l'uso della barca fino alle isole degli scavi e percorso pedonale all'interno dell'isola per la visita agli scavi archeologici nei pressi della Basilica e della chiesa di S. Fosca; Treporti: percorso subacqueo lungo i siti archeologici del canale Scanello.
Percorsi archeologici virtuali
Si tratta di un sistema di informazione strutturato in rete tra tutti i siti archeologici (Altino. Torcello, Treporti) che attraverso l'uso di software specifici si lega alla banca dati informatizzata, elaborata dalla Soprintendenza Archeologica, protetta da eventuale riserbo.
Si potrà in un futuro ormai prossimo accedere ad informazioni di tipo archeologico e conoscere anche lo stato di avanzamento della ricerca scientifica, visualizzando le immagini desiderate.
Francesca Zannovello
Per saperne di più
L. BOSIO, Le strade romane della Venetia e dell'Histria, Ed. Programma, Padova 1991
E. CANAL, Le Venezia sommerse: quarant'anni di archeologia Lagunare, in La Laguna di Venezia, Cierre Ed., Verona 1995
E. CANAL, Testimonianze archeologiche nella Laguna di Venezia. Età antica, Edizioni del Vento, Cavallino, Venezia 1998
W. DORIGO, Le Origini di Venezia I, Electa, Milano 1893
L. FOZZATI - B. DAVIDDE, Le aree archeologiche sommerse italiane. I parchi subacquei, Ed. Abaco, Forlì 1996
M. TIRELLI, Il museo archeologico nazionale e le aree archeologiche di Altino, Ed. Programma, Padova 1993
Note Editoriali di ArcheoVenezia
Questo numero di Archeo Venezia è una riduzione tratta dalla Tesi di Laurea di Francesca Zannovello
(Istituto Universitario di Architettura di Venezia, 9.4.1998, rel. G.Marcialis, correl. L.Fozzati)