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GLI OTTAGONI ABBANDONATI | |||
Venerdì, 16
Aprile 2004 C'è chi dice che a mettere mano alla costruzione dell'Ottagono, cosiddetto "abbandonato", sito in laguna sud fra Malamocco ed Alberoni, a circa 900 metri dalla riva del Lido, sia stato nientemeno che Jacopo Sansovino. Ma sembra più probabile ritenere architettata, quella guerresca struttura, dal Sammicheli che - dopo aver disegnato il forte di Sant'Andrea - si era volto, seguito dal Malacreda suo allievo, a reinventare tutto il sistema di difesa della Repubblica di San Marco da possibili aggressioni dal mare, in particolare da parte dei turchi. Era il tempo infatti in cui il gran visir Ahmed Koprolu, forte di centomila uomini, stava conducendo l'ultimo assalto alle difese dell'isola di Candia, splendido presidio dei commerci imperiali della Serenissima per il quale erano già caduti migliaia di difensori e duecentottanta patrizi, quasi un quarto dei componenti del Maggior Consiglio. Non era stata ancora combattuta e vinta la battaglia di Lepanto per cui è lecito ritenere che i timori d'una invasione dal mare, come altre volte perigliosamente accaduto in passato, si fossero fatti particolarmente lancinanti. Sono cinque gli Ottagoni in laguna: quello di Poveglia, costruito subito accosto all'isola, sul suo lato sud, l'Abbandonato e quelli degli Alberoni, di San Pietro in Volta e Cà Roman. Qui si vuol dire soprattutto dell'Ottagono "abbandonato", schizzo di terra e rovi, solitario negli spazi lagunari - da queste parti assai ampi - squarciato dalle onde da nord ed ormai semi sciolto dalle corrente.
Si vuoI pure segnalare e raccomandare tutto il sito che gli sta attorno. Questi luoghi coprono, infatti, e congiungono, un arco di storia che va dal tempo di Roma al nostro. Dal giorni di Cesare a quelli del Mose. L'Ottagono "abbandonato" non era abitato. Era stato preparato perché, all'occorrenza, vi si potessero trasferire molti cannoni - da imbarcazioni corazzate costruite all'uopo - con i quali dominare gli ampi spazi lagunari che gli si aprono attorno. Oggi è ridotto a metà, e forse meno, che all'origine. Di norma, non dovrebbe essere consentito raggiungerlo e scendervi: è bene storico di grande interesse, anche per i reperti che è in grado di restituire. Ed è, paesaggisticamente, di qualche suggestione. Abitanti in Malamocco hanno ripetutamente sollecitato l'attenzione alla sua tutela. Di fatto alcuni pescatori, probabilmente caparozzolanti abusivi, lo hanno eletto a base delle loro scorrerie, hanno rimaneggiato la riva nord e depositato, fra i cocci qui disseminati, i loro rugginosi attrezzi. I reperti che l'Ottagono restituisce sono di epoca romana. Il terrapieno è stato infatti, in parte, edificato valendosi dei sedimenti raccolti dal fondali che gli si distendono attorno. Ed attorno, poco più a sud e poco più a nord, vi sono sepolti, sotto una coltre di sedimenti e di alghe, le fondamenta e i frammenti delle mura di diversi edifici, anche grandiosi, risalenti al I secolo avanti Cristo, al tempo, cioè, di Roma imperiale, di Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone. Qui erano le foci del Medoaco, l'antenato della Brenta che usciva in mare attraversando per almeno tre rami il lido odierno, il possibile "tenue praetentum litus" di Tito Livio. Qui romani e venetici nel primo secolo dopo Cristo hanno costruito un porto, con tutta probabilità quello indicato da Strabone, storico greco, e lo hanno dotato di una serie di edifici, uno dei quali lungo ben 120 metri e largo un sessantina.
Tutte queste costruzioni sono state rilevate una ventina di anni or sono dall' èquipe guidata da Ernesto Canal. È fatica immaginare la laguna, nel passato, tanto diversa da quella di oggi. Ma migliaia di carotaggi ne hanno disegnato le antiche orme ed evidenziato le ingenti trasformazioni operate dalla natura e dall'uomo. Quattromila anni fa il litorale correva almeno un miglio tutto all'interno dell'odierna area lagunare. Possiamo immaginare i "montoni" correre sulla direttrice dell'Ottagono. Così viene suggerito dai ricercatori del Cnr, per la precisione da Rossana Serandrei Barbero e Vito Favero. Il Lido di Santa Maria Elisabetta non era ancora entrato nei disegni dell'Adriatico. Il Medoaco, assai volubile nei suoi percorsi, al tempo di Roma, attraversava, invece, tutta la laguna, divagava da San Leonardo in fossa mala, giungeva sino a Poveglia ed all'Ottagono e, quindi, li oltrepassava. Accanto all' Ottagono venne pertanto costruito il porto di cui s'è detto. Oggi sotto il fango ed entro le viscere del bastione, frammenti anche di statue, anfore, vasellame, lacerti di mosaico. Una sentenza dei giudici del Piovego stesa nel 1286 segnala che a fianco dell'Ottagono correva un "gaibum de pera" un canale, un ghebbo, gremito di pietre. Si era a conoscenza del fatto che qui era il passato. Si era avvertiti della circostanza forse anche più diffusamente di oggi se risponde al vero che la zona in queste settimane, corre grave pericolo di essere devastata. Si starebbe per far passare accanto al bastione - ovvero sopra il porto di Strabone - l'acquedotto per Chioggia, intervento che pretende uno scavo largo anche un centinaio di metri e la deposizione ai fianchi del relativo fango di risulta. Gli archeologi sono in angoscia. Tanta fatica per scoprire le orme del passato, trarne insegnamenti, e veder travolto ogni impegno nella disattenzione per la grande storia. Auspicano che lo scavo venga operato qualche centinaio di metri più lontano. A loro volta, gli abitanti della antica, dogale Metamauco, che son talora portati a immaginare le galee della Serenissima solcare ancora gli spazi magici della laguna che sta loro davanti, avendo scorti gli scavi in corso, se li sono rivisti i turchi. Davvero tanti turchi. In laguna.
Augusto Pulliero
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