Treviso
Una
trentina di indagati, 150 quintali di vongole sequestrati
in flagranza, ma soprattutto centinaia di tonnellate di
molluschi immesse sul mercato senza alcun controllo - nè
sulle quantità nè sulla qualità - da parte delle
autorità sanitarie.
I
dettagli dell'operazione compiuta all'alba di venerdì dai
carabinieri dei Nas di Treviso, agli ordini del pm Luca
Ramacci, rendono ancor più grave la situazione, che
coinvolge - oltre a otto pescatori professionali ed un
abusivo, indagati di associazione per delinquere - anche
due centri di depurazione e commercializzazione dei
molluschi, a carico dei cui responsabili è scattata la
denuncia con la grave accusa di commercio di sostanze
alimentari nocive alla salute. Un reato punito con la
reclusione fino a tre anni.
I
militari, nella conferenza stampa di ieri, hanno ricordato
l'origine dell'inchiesta, scattata alcuni mesi fa - lo
scorso gennaio - in seguito al furto di un timbro del
settore veterinario dell'Ulss 14 di Chioggia. Un timbro
necessario al conferimento dei molluschi ai centri di
depurazione.
Per mezzo
del sigillo rubato, e successivamente - dopo che su
consiglio dei militari dei Nas l'Ulss ne aveva cambiato la
forma - grazie alla falsificazione di quello nuovo, i
pescatori indagati avrebbero dunque conferito il pescato
direttamente a questi centri, senza passare attraverso il
controllo del servizio veterinario dell'unità sanitaria.
Tale stratagemma, sembra di capire, avrebbe consentito di
aggirare il limite imposto dal regolamento provinciale di
80 chili di vongole al giorno per ogni pescatore con
licenza. Ma non è tutto, perchè successivamente, una
volta giunti in almeno due centri di depurazione
"compiacenti", i molluschi non sarebbero stati
sottoposti a nessun trattamento o controllo, finendo nei
sacchettini che poi si acquistano regolarmente nelle
pescherie e nei negozi, laddove sia i dettaglianti che i
clienti sono ignari dell'effettiva provenienza del
prodotto.
Perchè
il problema, lasciano intuire gli investigatori, è
proprio questo: capire dove sono state pescate le
centinaia, forse migliaia di tonnellate che
l'organizzazione avrebbe immesso nel mercato in questo
modo. Il sospetto, e forse qualche cosa di più, è che
buona parte di quei molluschi provenga dalle acque e dai
fanghi inquinati di Porto Marghera.
Anche
perchè non è pensabile che gli otto pescatori indagati
possano avere tirato su da soli quantitativi di questo
tipo. Ecco allora l'ipotesi che in realtà abbiano avuto
anche un ruolo di "collettori", per consentire
anche alle vongole pescate dagli abusivi di essere vendute
regolarmente. La considerazione che proprio la laguna
antistante a Porto Marghera è quella preferita dai
caparozzolanti abusivi chiude il quadro, e lascia
interrogativi drammatici sulla qualità delle vongole che
si comprano come "buone" e
"controllate". Gli abusivi, secondo l'ultimo
studio della Provincia, sono 1250, con circa 600 barchini.
Gli otto
pescatori finiti sotto inchiesta, infatti, da soliti
coprono una fetta importante della produzione chioggiotta
di vongole veraci, sembra che circa il 20 per cento del
prodotto di tutto il mercato provenga solo da loro. Sono
ora tutti accusati di associazione per delinquere,
finalizzata a far apparire come compiute le necessarie
verifiche sanitarie, oltre che di ricettazione. Indagati
anche i responsabili di due tipografie, una di Chioggia e
l'altra di Chirignago, quest'ultima per avere realizzato i
cliché dei timbri falsi.
Giovanni
Chiades
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