Veneziano
purosangue, ma trasferitosi a 17 anni negli Stati Uniti, Fabio
Carrera insegna ingegneria al Worcester Polytechnic Institute
presso Boston, dove si laureò.
Ad un certo
punto, Carrera decise di fare qualcosa per la sua città, e creò
nel 1988 il Venice Project Center, uno dei 14 centri di studio che
il politecnico di Worcester ha sparsi nel mondo e che gli studenti
devono obbligatoriamente frequentare per laurearsi.
Da allora, sono
passati per Venezia 300 studenti di 25 nazionalità diverse che,
come dice Carrera, hanno lavorato "per" la città, con
90 progetti e ricerche di cui oltre 30 dedicati ai rii veneziani,
in collaborazione col progetto Unesco-Murst "Sistema lagunare
veneziano".
In 55 mila ore di
lavoro sono state fatte indagini idrodinamiche e batimetriche sui
47 chilometri dei canali veneziani, sono stati catalogati tutti
gli sbocchi fognari, sono stati censiti i danni percorrendo palmo
a palmo i canali con la bassa marea, è stato infine analizzato in
più riprese il volume di traffico, col conteggio di oltre 100
mila passaggi di imbarcazioni in più campagne. Poche persone,
insomma, conoscono Venezia "da sotto" come il professor
Carrera.
La situazione
com'è?«Pessima, anche se ora, coi lavori di Insula, tende a
migliorare. Tutti i rii, dal primo all'ultimo, hanno danni, in
alcuni casi vere voragini. Ci sono fondamente o sponde dietro cui
c'è il nulla. Si passa da un degrado leggero e puntuale a
dissesti statici gravi e generalizzati: si può dire che almeno
5500 delle 7700 sponde censite presentano danni diffusi».
Che tipi di danni
vi sono?«Danni da impatto, provocati da urti di barche, e danni
strutturali: il 20 per cento è del primo tipo, in prossimità di
spigoli o rive da carico, mentre il resto è del secondo tipo. E
il 73 per cento dei danni strutturali si verifica entro i due
metri da uno scarico fognario».
Cosa significa?«Abbiamo
trovato una precisa correlazione tra la quantità di sedimenti
presenti in un rio e i danni. Quando il livello dei fanghi supera
i 50 centimetri, occlude lo scarico fognario, ma i reflui si
insinuano tra le malte e trovano la loro strada per uscire, poi il
traffico acqueo accelera il processo di degrado in maniera
esponenziale: a distanza di un anno, abbiamo registrato in alcuni
rii un aumento dei crolli tra i 3 e i 13 metri quadri, dovuti
esclusivamente al passaggio delle barche».
Per curiosità,
quanti sono gli scarichi fognari a Venezia, ovvero i potenziali
fattori di rischio?«Sono esattamente 5389».
Insomma, poca
manutenzione e troppo traffico. Che si può fare?«Servono
interventi drastici per tutte le tipologie di trasporto».
Cominciamo dalle
merci.«Per più giorni abbiamo analizzato il traffico nell'isola
di San Bortolo, tra il Canal Grande e i rii di San Salvador,
Bareteri, della Fava, del Fontego, contando barche, percorsi,
tempi di sosta, numero dei colli scaricati. Ebbene: la quantità
di merci portate da 90 imbarcazioni avrebbero potuto essere
consegnate da 4, al massimo 5 topi a pieno carico»!
E dunque?«Serve
una riorganizzazione del comparto. Un'idea potrebbe essere dare in
appalto l'approvvigionamento di un'isola "forte" come
San Bortolo, magari associata ad altre meno appetibili dagli
operatori: sarebbero questi ultimi, magari in consorzio, a dover
fare i massimi sforzi per ridurre i costi, trasferendo gran parte
del lavoro a terra».
Per il trasporto
persone?«Qualcosa di simile, qualcosa di meno selvaggio
dell'attuale, con le licenze in mano al Comune per imporre scafi
più piccoli e motorizzazioni diverse, il tassametro, magari il
trasporto turistico a remi, che in ambito urbano è del tutto
ipotizzabile».
E per i privati,
infine?«Per tutti sono indispensabili le targhe, perchè
altrimenti la prevenzione, i controlli e la repressione sono
impossibili, e poi molta educazione. Nelle scuole deve esserci
sistematicamente chi insegna l'"educazione civica" in
acqua, perché i ragazzini di 14 anni in barca sono i peggiori di
tutti, e sono tutti veneziani»!
Silvio Testa
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