Benetton
vuole costruire un grande albergo a San Giuliano,
è interessato al Fontego dei Tedeschi e all'area
ex Italgas di Santa Marta. Oggi Luigi Brugnaro,
padrone di Umana e sponsor della Reyer femminile,
con tutta probabilità diventerà padrone dei
Pili, una quarantina di ettari di terreno in
gronda lagunare, la porta di Venezia.
La
terraferma sta vivendo un momento di fervore che
fa a pugni con la crisi economica che stanno
vivendo i suoi abitanti e molti dei suoi
commercianti. Ma, probabilmente, è proprio in
questi momenti che chi ha le possibilità e uno
sguardo sufficientemente ampio sul futuro riesce a
realizzare opere in grado di cambiare il volto di
una città.
Di
questo è convinto il sindaco Massimo Cacciari
che, come spiega nell'intervista che pubblichiamo
qui a fianco, è uno dei più convinti assertori
della necessità di lavorare assieme ai privati.
Il
piano regolatore prevede un albergo, nell'ambito
del più generale sviluppo del Parco di San
Giuliano e - ci aggiunge Cacciari - di tutto il
"water front", il fronte sull'acqua, che
potrebbe diventare una nuova città nella città.
Benetton si è incontrato la settimana scorsa con
il sindaco di Venezia: il primo cittadino ha
illustrato all'imprenditore tutti i progetti
dell'amministrazione veneziana su Mestre e su
Venezia, e Benetton gli ha risposto illustrando i
suoi, di progetti.
Luigi
Brugnaro, invece, è l'unico imprenditore che ha
fatto un'offerta al Demanio per l'acquisto dei 40
ettari dei Pili messi all'asta: con 5 milioni di
euro si porterà a casa un terreno inquinatissimo
da ogni genere di rifiuti industriali, ma
strategico per il futuro di Mestre e pure di
Venezia, visto che costituisce una delle porte
naturali di accesso al centro storico.
Non
è da escludere che tra Brugnaro e Benetton ci sia
già un'unione d'intenti, perché la famiglia
trevigiana guarda con interesse alla parte nord
del fronte acqueo di San Giuliano, mentre Brugnaro
oggi acquista la parte sud e il progetto, nel suo
insieme, è davvero ambizioso: un albergo di lusso
con ristorante, poi c'è il parco di San Giuliano,
poi la viabilità di accesso a Venezia e,
proseguendo, l'area dei Pili dove potrebbe sorgere
una nuova darsena.
Da
tutto questo il Comune che cosa può ricavarci? La
valorizzazione dell'area e il suo utilizzo anche
per i fini pubblici. In che senso? La
realizzazione dell'albergo porterà fondi per
completare il parco di San Giuliano, e in
particolare il Polo Nautico, inoltre
l'amministrazione veneziana potrà rivedere il
piano dei parcheggi - coordinandolo con la nuova
viabilità che uscirà dopo la realizzazione del
cavalcavia di San Giuliano - e fare dei Pili
un'area di servizio per il Parco, per il Vega e
per tutta la zona circostante che comprende anche
i vecchi depositi dell'Agip, naturale
continuazione - fino al canale Brentella - del
Parco scientifico e tecnologico.
Il
Comune di Venezia, in definitiva, non ha fatto
valere alcun diritto di prelazione su quei 40
ettari, anche perché gli uffici tecnici hanno
valutato che non vi sia alcun interesse per
l'amministrazione - e che in ogni caso gli spazi
per la nuova futura viabilità sono garantiti, -
ma potrebbe promuovere una Stu (Società di
trasformazione urbana) assieme ai privati: questi
mettono i soldi, Ca' Farsetti le idee per la città.
Elisio
Trevisan
L’INTERVISTA
AL SINDACO IN VISITA AL SUO NUOVO
UFFICIO DI MESTRE |
Cacciari:
«Occasioni straordinarie» |
(e.t.)
«Ci sono occasioni straordinarie da
usare al meglio, noi non abbiamo più
un centesimo, quindi dobbiamo lavorare
fianco a fianco con i privati».
Massimo Cacciari è sbarcato a Mestre,
nel Municipio appena restaurato, per
visitare il suo nuovo ufficio che sarà
pronto tra qualche giorno. È nelle
sale di via Palazzo che intende
passare buona parte del suo mandato da
primo cittadino, perché la terraferma
è la fiamma che contribuisce a tenere
accesa anche la fiaccola di Venezia.
Le occasioni cui si riferisce sono il
completamento del parco di San
Giuliano, l'area dell'Umberto I, i 40
ettari dei Pili, il completamento del
Vega Parco scientifico, l'area di
Tessera, il rilancio di Porto Marghera.
Operazioni
in grado, da sole, di cambiare davvero
il volto della città di terraferma
per i prossimi 30 anni.
«Operazioni
rese possibili dagli strumenti
urbanistici che abbiamo impostato
dieci anni fa e che oggi sono
operativi. È naturale, dunque, che in
questa fase si facciano avanti
imprenditori di grosso calibro, io ne
vedo due o tre al giorno (Benetton,
Caltagirone, Brugnaro di Umana,
Marinese per il calcio Venezia e altri
di cui per il momento non dico il
nome). D'altro canto sono operazioni
che noi non riusciremmo mai a
realizzare da soli, perché non
abbiamo un centesimo in cassa.
Ricapitolando: abbiamo gli strumenti
urbanistici che disegnano la città
futura, ora ci sono pure gli
imprenditori che sono pronti ad
investire per realizzare i nostri
progetti. Basta partire, e io intendo
far tutto quanto è nelle mie
possibilità perché si possa partire
entro pochissimi mesi».
I
privati mettono i soldi, ma non è così
automatico che i cantieri possano
partire: l'Umberto I, ad esempio, è
dell'Ulss, per le aree di Tessera
(stadio e nuovo Casinò) bisogna
mettersi d'accordo con la Save
(aeroporto); insomma non basta che i
privati firmino gli assegni.
«No,
è assolutamente indispensabile una
concordia tra le istituzioni, ma non
vedo alternative. Il riutilizzo
dell'ospedale al mare del Lido, ad
esempio, porterà soldi nelle casse
dell'Unità sanitaria ma renderà
possibile realizzare anche il nuovo
palazzo del Cinema. Voglio dire che la
convenienza è reciproca».
E
l'Umberto I? È la naturale
continuazione di piazzale Candiani e
di piazza Ferretto, lo riempiamo di
case e negozi? Non è il massimo per
rivitalizzare un centro cittadino.
«L'Ulss
ha la necessità di valorizzare le
aree che vuol vendere, il Comune dal
canto suo deve garantire che si
realizzino anche opere con forte
impatto sociale, residenze protette e
altro, e che l'area che si renderà
disponibile dopo l'apertura del nuovo
ospedale si integri con il centro
storico della terraferma».
Benetton,
dopo Venezia, si interessa anche alla
terraferma?
«Sì,
ha progetti per l'area ex Italgas di
Santa Marta, il palazzo delle Poste a
Rialto (Fontego dei Tedeschi) e l'area
di San Giuliano».
Nasce
un albergo, ma il Polo Nautico resta
ancora al palo.
«Lo
ripeto per l'ennesima volta: gli
utenti di punta San Giuliano, gli
sportivi, dovranno essere garantiti, e
noi lo assicuriamo. Ma solo chi
investe in quell'area e costruirà
l'albergo potrà avere interesse a
gestire e realizzare una marina,
quindi la struttura dovrà avere le
caratteristiche che salvaguardino chi
voga, rema e va a vela, ma anche la
redditività dell'investimento»
Il
Polo Nautico, però, fa parte
integrante del progetto
dell'architetto Di Mambro per il Parco
di San Giuliano, e non a caso non si
chiama darsena o marina, perché ha
caratteristiche diverse.
«E
noi le vogliamo garantire, solo che
non potranno essere esclusive.
Parliamoci chiaro, anche se avessimo i
soldi - e non li abbiamo - per fare il
Polo Nautico, il problema non
cambierebbe di una virgola perché il
vero problema, ormai, è nella
manutenzione, per tutte le strutture
pubbliche. Il Parco, se vogliano
tenerlo bene, ci costa 2 milioni
d'euro l'anno e noi quest'anno, se
proprio va bene, riusciremo a tirar
fuori 800 mila euro. Che cosa vogliano
fare?»
Privati,
privati e privati, se questa è la
strada, possibile che non se ne trovi
uno che metta soldi anche per il
Candiani?
«Dura,
molto dura. Un teatro non ci sta, per
gli uffici è scomodo, per il Museo di
Mestre è inadatto, e non ci sono
spazi sufficienti per esposizioni
d'arte moderna. Usiamolo in modo
polifunzionale, per audiovisivi,
fotografie, multimedialità. Ma non so
se questo possa bastare a reggere e
mantenere una mole simile».
A
proposito di Museo, lei dice che il
Candiani è inadatto, ma sono anni che
se ne parla e non è possibile che non
esista uno straccio di spazio dove
sistemarlo.
«Purtroppo
non è più questione di spazi, ma di
soldi. Per fortuna c'è quasi un
accordo con la Fondazione Venezia e
probabilmente riusciamo a chiudere.
D'altro canto per Mestre i due grandi
crucci che ho sono proprio il Museo e
la Biblioteca civica.
Questa, in
particolare, non ha nessuna possibilità
di nascere grazie ad una sinergia con
i privati. Dobbiamo farlo noi, con le
forze pubbliche: per il momento ci
accontenteremo di allargare gli spazi
della sede attuale in via Miranese.
Poi una soluzione definitiva e degna
di Mestre potrebbe essere villa Erizzo
in via Carducci, ma solo a patto di
poter usare gli spazi dietro. Oppure
l'ideale sarebbe la Standa, ma la
proprietà chiede una vera follia per
venderla».
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