Non sarà solo
La Cavana a lottare contro la concessione al Gral da parte del
Magistrato alle Acque di 3500 ettari di laguna per
l'allevamento dei caparozzoli.
«Faremo ricorso al Tar chiedendo la sospensione del
provvedimento», ha annunciato ieri il presidente
dell'Associazione Vela al terzo, Massimo
Gin,
che ha già contattato per un'azione comune Italia
Nostra,
Pax in
Aqua,
l'associazione Vas.
«Per noi è una questione di sopravvivenza, ci tolgono la
vita», ha spiegato.
«Sono spazi rubati ai veneziani», ha denunciato Gin,
sottolineando che la concessione riguarda un'area enorme nel
cuore della laguna che verrà sottratta a ogni uso pubblico,
coi fondali che verranno arati con sistemi distruttivi e su
cui, col pretesto di controllare le concessioni, i titolari
scorrazzeranno con mezzi potenti, in deroga (in barba) alle
ordinanze del commissario al Traffico acqueo che vieta la
navigazione sopra i palughi.
«Quali garanzie ci sono per l'ecosistema? È stata fatta una
valutazione di impatto ambientale»?, ha chiesto Gin.
L'area in questione, tra il Lido, Poveglia, Sant'Angelo
della polvere, il canale Re Fisolo, è in pratica l'ultima
riserva indiana per chi vuole praticare serenamente la laguna,
a vela o a remi. Il resto della laguna è ormai quasi
impraticabile. «Sarà come a Chioggia, che arrivi e ti
mandano via», ha spiegato il presidente dell'Avt,
sottolineando che lì, come anche a Burano, le aree in
concessione sono tutte cintate e disseminate di foreste di
paletti di plastica collegati tra loro con chilometri di filo
di ferro che rendono impossibile la navigazione.
«Una volta di più - ha concluso Gin - le autorità
rendono vani gli sforzi dei veneziani che vogliono continuare
a vivere nella loro città». Una città difficile, costosa,
ma che può dare dei piaceri impagabili proprio attraverso un
rapporto rispettoso con l'acqua. «Ma se ci tolgono il remo,
se ci tolgono la vela, che cosa ci resta»? si è chiesto Gin,
affermando che i veneziani ormai sono come la macchietta di
Totò, che più le prendeva a nome di Pasquale, più incassava
contento. «Tanto, non sono mica Pasquale»!
Silvio Testa
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