Il
VENERDI' di REPUBBLICA del 17 Aprile 2010
Avventure
nel mondo
ITALIA
L’uomo
che vuole attraversare l’Europa in barca
Un
montanaro valdostano che ama l'acqua.
Un
ex giocatore di basket squattrinato. Partiranno da Londra per arrivare
a
Istanbul. Sei mesi.
In
auto? No, utilizzando le strade liquide che percorrono il Continente
GIAN
LUCA FAVETTO
Ha
l'aria del pennellone gentile, il viso aperto, la barba di qualche
giorno, il sorriso negli occhi più che sulle labbra. Un gran
gesticolare di mani, quando racconta. E il dono della leggerezza.
Giacomo De Stefano, 44 anni, un metro e novantasei di candore,
visionarietà e buon senso, è un montanaro che ama
il mare:
un astigiano cresciuto in Val d'Aosta, che da venticinque anni vive a Venezia,
e da cinque su un due alberi di tredici metri, il Brancaleon, che ha
giusto la sua età..
Se
è un mestiere, di mestiere ha scelto di fare il viaggiatore. L'ultimo
viaggio, l'ha cominciato ieri. «Mi porto dietro i sogni e lascio
a casa gli
incubi», dice.
Sembra appena uscito da una canzone di Paolo Conte. Porta con sé
anche una bussola, un coltello, una pentola a pressione da usare come
stufa, un secchiello di tela, una pompa di sentina, una batteria da
sette ampère con pannello solare, le cime e le mappe necessarie, un
telefonino e un amico, Jacopo Epis, 36 anni, ex compagno di basket,
veneziano doc
mai uscito dall'Italia. Niente soldi, neanche un euro, niente carta di
credito: si affida alla solidarietà e alla capacità di sbrigarsela.
Alza
le vele o si attacca ai remi e va. Giù lungo le strade d'acqua che
uniscono l'Europa. Dal Tamigi al Corno d'Oro, da Londra a Istanbul. A1
timone di Clodia, una barca di quasi sei metri, larga uno e 70, costruita
in tre mesi da Roland Poltock, maestro d'ascia inglese da molti anni
residente a Venezia. «Ho scelto la via storicamente utilizzata da
pesci, uomini, merci e idee per andare da Est a Ovest e da Nord a Sud»
racconta. «È utilizzata anche da stronzi e veleni, e io vorrei che
queste ultime due cose, soprattutto i veleni, potessero essere eliminati».
.
Dopo sei ore di
voga e un
po' di vela, oggi, 16 aprile 2010, secondo giorno di navigazione, si
trova vicino all'isola di Sheppey, nell'estuario del Tamigi, a
cinquanta miglia nautiche da Londra, più o meno novanta chilometri. A
Istanbul dovrebbe arrivare fra sei mesi. «Non può essere che un
viaggio di apprendimento e condivisione per documentare la vita lungo i
fiumi», dice. Un viaggio lento, in grado di lasciare dietro sé solo
una scia destinata a sparire».
Non
la chiama impresa, ma avventura. Lo scopo è andare, imparare,
vedere, registrare lo stato di salute delle vie d'acqua. «Sono un po'
più di
5.200 chilometri
, perché ho dovuto modificare il tracciato» spiega. «II Reno è
proibito alla navigazione
a vela da
Rotterdam a Magonza. Quindi, passata la Manica, entriamo nel Canale
della Somme sotto Boulogne sur Mer. Attraversiamo la Mosa, la Mosella
e la Marna, sfruttando il sistema dei canali francesi. Imbocchiamo il
Canale dalla Marna al
Reno e arriviamo
a Strasburgo, dove entriamo nel Reno.
Lo
percorriamo per 202 chilometri fino a Magonza. Da li risaliamo il
Meno per
360 chilometri
fino a Bamberg, da dove parte il Canale Meno-Danubio, che Carlo Magno ha
cominciato a costruire nel 793 ed è stato inaugurato solo milleduecento
anni dopo:
171 chilometri
e una marea di chiuse».
A
Ratisbona, finalmente il Danubio: via per
2.400 chilometri
che portano al Mar Nero e a Istanbul, dopo aver toccato quindici
nazioni e sei capitali.
Ma
arrivare è l'ultima delle sue preoccupazioni. La meta è il vaggio. De
Stefano conosce bene il valore della rinuncia, sa accettare le
sconfitte. «A 18 anni ero in Val d'Aosta ad arrampicare, perdo
l'equilibro e cado. Per due giorni rimango paralizzato. Ho smesso di
pensare all'estremo. Mi sono detto: ci sono luoghi dove camminano gli
dei, io cammino dove posso. Ho iniziato a scoprire la lentezza e il
suo valore costruttivo. Non sono un no limits man; adoro la natura e il
suo aspetto epico, ma voglio che i miei viaggi servano a qualcosa».
Due
anni or sono ha risalito il Po: «Mi sono arreso alla confluenza con il
Tanaro: la corrente era troppo forte, insuperabile con maniere oneste».
Prima, ha perlustrato le coste dell’Albania. Prima ancora è andato da
Venezia a Corfù. Dal 2001 barche e acqua sono la sua nuova vita, dopo
che in diciassette anni ha cambiato trentadue lavori: casellante e
lavapiatti, dog sitter e guida turistica, realizzatore di negozi Benetton
in Spagna e braccio destro di un antiquario. «Troppo glamour come
professione» sorride. «Meglio questo tipo di fatica».
Una
fatica naturale. Il cibo, dalla Manica al Bosforo, lo pescano 0 lo
raccolgono. E poi domandano aiuto a chi incontrano. «Chiedo cosa
possiamo fare per avere tre chili di riso, ad esempio, o della farina.
Se mi dicono di lavare i piatti, lavo i piatti. Mi rendo utile a chi
vive lungo il fiume. Ho imparato a essere un buon ospite e a offrire
prima di chiedere». Scambia anche racconti: una storia per un piatto
di minestra. Lo ha già fatto nella risalita del Po. Come allora, il
suo è un vaggio aperto.
«Chi
vuole, può salire a bordo» incoraggia. «Sul sito www.manontheriver.com
un puntino segnala la nostra posizione. Puoi inviare una e-mail e
prenotarti per un tratto. Voglio venire da Passau a Budapest, dici,
oppure da Sulina a Burgas. Se c'è posto, vieni.
Fa
i la vita che facciamo noi, remi con noi, sei felice se c'è vento, sei
triste se piove, sudi, ridi, ti lavi nel fiume».
E
ti muovi leggero sulla sua barca, «che ha il corpo di un pesce e
l'ala di un uccello», dice. Ti adegui al ritmo dell'acqua, ti abitui
alla sua pazienza. E con l'economia del dono, almeno per un po', vivi
a zero euro. Lo chiama lo spirito dei fiumi, lui.
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dal Venerdì di Repubblica:
Giacomo De Stefanis (44 anni), Jatopo Epis, 36, e la rotta del
viaggio iniziata ieri. A destra, l'imbarcazione (sei metri) che li
porterà da Londra a Istanbul,
ovvero dal Tamigi
al
Corno d'oro
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