Avel-Mat
significa 'Bene nel Vento' in bretone, ed é il nome
della sanpierota di Giacomo e Maud, giovani casanoviani
vogatori e velaterzisti. La
laguna di Giacomo
s'intreccia così con la Bretagna di Maud, non lontanissima da Morbihan,
terra di 'veneti' combattuti da Cesare, oggi fra le capitali della nautica
tradizionale.
Le Doris della
Bretagna di
Giacomo Pasqualetto
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Una baia fra le tante che tratteggiano le coste settentrionali della Bretagna.
Siamo in Francia nord-occidentale, nella
Vallée de la Rance, all'interno di un fiordo profondo che da St. Malo penetra nell'entroterra per oltre 20 chilomentri, fin quasi a
Dinan
[mappa a fondo
pagina].
A metà strada si trova Saint-Suliac, un villaggio meraviglioso, affacciato sulla baia, dove una lunga luna di sabbia lascia affiorare qualche roccia sparsa a cui si aggrappano le alghe. E passeggiando sulla spiaggia, con la bassa marea, ecco adagiate queste barche, punteggiare il paesaggio.
Le abbiamo notate subito, poichè differiscono completamente dalle altre imbarcazioni in vetroresina, ormeggiate al gavitello ed appoggiate su di un fianco, durante la bassa marea. Incontriamo un vecchio pescatore che, seguendo le nuove esigenze del turismo (che anche qui inizia ad assumere, nei mesi estivi, connotati di
massa) ha aperto un piccolo «brocante»: uno di quei bazar tipici dove le antichità si mescolano alle vecchie cianfrusaglie marinare, testimoni di un passato ormai mitico.
Lui possiede ancora una Doris, una di quelle ormeggiate nella baia: senza nascondere una certa fierezza, a raccontarci i suoi trascorsi.
Nata dalle esigenze di supporto alla pesca del merluzzo in alto mare, durante il XIX secolo, questa imbarcazione, mossa a remi, da uno a due membri di equipaggio, sta conoscendo una seconda vita come barca da diporto costiero.
La sua estrema duttilità ha origine dalla necessità di essere facilmente collocata sulla coperta delle grandi imbarcazioni da pesca che solcavano i banchi di
Terranova.
La sua forma inconfondibile, con prua e poppa molto pronunciate, scafo in fasciame sovrapposto, la struttura realizzata con una serie di ordinate, fondo piatto (anche se relativamente stretto), scassa e foro per l’albero sistemati in corrispondenza del trasto di pruavia e una lunghezza compresa tra i 5 e i 6,5 metri, la rendeva adatta ad affrontare le onde dell’oceano garantendo, al tempo stesso, una notevole stabilità e la capienza necessaria a raccogliere le reti col pescato.
Grazie a queste caratteristiche, la Doris conosce una rapida diffusione anche come barca da pesca costiera, di piccolo cabotaggio, adatta ad uscite giornaliere, grazie alla possibilità di combinare insieme la propulsione a remi (vogata
all’inglese) a vela (al terzo o aurica e, in alcuni casi, senza disdegnare l’aggiunta di un fiocco) e alla
«godille»,
ossia con il remo infulcrato sullo specchio di poppa, come nei nostri
"passetti", per muoversi all’interno dei porti in acque ristrette. Analogamente a molte imbarcazioni veneziane, con l’avvento della motorizzazione, anche la Doris, tra gli anni ’50 e ’60 inizia ad essere equipaggiata con un fuoribordo installato ricavando una cavità nello specchio di
poppa.
Al giorno d’oggi la Doris ha perso completamente la sua originaria vocazione di barca da lavoro, ma sta conoscendo una riscoperta notevole del suo valore diportistico. Benchè il legno e il compensato marino, sia ancora il materiale
principale con cui viene realizzata, la vetroresina inizia ad affacciarsi su alcuni dei nuovi modelli, tra cui alcune versioni di piccole dimensioni dedicate ai bambini, come alternativa al più classico optimist.
Lungo la costa bretone della Francia, la Doris sembra aver trovato il suo «ambiente naturale», in particolare all’interno del
fiordo della Rance, nella zona di St. Malo: qui una volta all’anno, da vent’anni, in agosto, si celebra il
più grande raduno di queste imbarcazioni, in una due-giorni di grande festa e di incontri tra associazioni che si occupano di tutelare e rilanciare l'immagine di questa imbarcazione tradizionale e i club nautici della regione.
Facendo i dovuti distinguo, si potrebbe comunque affermare che la sanpierota lagunare abbia (a sua insaputa!) una «sorella» oceanica, con la quale ha condiviso un destino parallelo e alquanto simile, nel suo impiego, nelle sue caratteristiche costruttive e nella sua.. nuova vita !
La ricerca di un gemellaggio con queste realtà, considerata l’esperienza già maturata dal CVC nell’ambito francese delle
«pinasse» d’Arcachon, potrebbe essere interessante, per ampliare quella rete di contatti tesa a rivalutare la
nautica naturale e tradizionale in ambito locale ed internazionale. Per maggiori informazioni si possono consultare i seguenti link
>
Giacomo Pasqualetto
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Saint-Suliac
e la sua baia
Doris
alla fonda
Una
Doris armata "al terzo"
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