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I Certosini, i Morosini e il Patriarcato di Venezia 

tra il XV e il XIX secolo nel territorio di gronda
  

 


Giovedì, 9 Maggio, 2019, 18.00
Presentazione del Quaderno.

Intervengono:
Simone Venturini, Assessore alla Coesione sociale e Sviluppo Economico del Comune di Venezia, Lionello Pellizzer, autore, Gabriele Scaramuzza, presidente dell'Associazione Culturale "Terra antica" di Favaro Veneto.
Nell'occasione l'opera sarà donata alla Rete Biblioteche Venezia.

   


   
I frati Certosini giunsero a Venezia da Firenze nel 1422, condotti da S.Bernardino da Siena che convinse il Governo della Repubblica ad affidargli l'isola di S. Andrea del Lido. 

  

Nel 1435 ricevettero per testamento da Nicolò Cornaro la vasta possessione di Tombello, una località situata sul margine della laguna di Campalto. 
La possessione era composta da boschi, paludi, una cava di creta, case, fienili, animali e comprendeva l’area dove ora si trova il Parco di San Giuliano e, in parte, del Villaggio Laguna. 

Su quella possessione i Certosini realizzarono un’importante azienda agricola sul modello della grangia, ossia una fattoria costituita da edifici per la conservazione del grano, per la lavorazione del latte e del vino, le stalle, l’ospizio per i frati e un oratorio dedicato a San Marco. 

Con le leggi napoleoniche del 1805/1810 gli Enti ecclesiastici furono soppressi, i terreni e gli edifici diventarono dello Stato e, nel 1806, i frati Certosini dovettero lasciare il monastero di S. Andrea del Lido e la grangia di Tombello e di Terzo. 

Nel volume sono esaminati alcuni contratti agrari con cui erano date in affitto le terre dei Certosini. La famiglia Morosini è un'altra presenza importantissima per Campalto. 

Fu Lorenzo Morosini che nel 1503 supplicò di poter riedificare l’antica chiesa di S. Martino di Strada, ridotta in quel tempo a un cumulo di ruderi. Lorenzo Morosini e i suoi eredi furono dichiarati "giuspatroni" della chiesa, il che significava il diritto di scelta del parroco e il dovere di mantenere in buono stato i beni della chiesa.


I Morosini possedevano in Campalto vaste proprietà terriere ed erano titolari del Passo di Campalto e dell’osteria al Passo. Avevano anche le barche per esercitare il traghetto a pedaggio per Venezia. 

Durante l’insurrezione di Venezia del 1848/49, Campalto fu più volte bombardata e la chiesa subì gravi danni. Fu usata come caserma e ospedale militare e il parroco si rifugiò nella parrocchia di Favaro. 
Da alcune lettere al vescovo si comprende che fu un periodo assai difficile perché lo stato di miseria dei parrocchiani era molto diffuso e a stento trovavano di che sfamarsi. Dopo la caduta della Repubblica, la situazione finanziaria dei Morosini peggiorò e non furono più in grado di far fronte ai bisogni della chiesa. 

Finalmente, il 31 agosto 1889, Giuseppe Francesco Morosini, ultimo erede della famiglia, scrisse la lettera di rinunzia allo jus Patronato della chiesa parrocchiale di Campalto. Nella località di Campalto, Tessera e Paliaga vaste estensioni di terreno, poste sui bordi della Laguna, erano di ragion dell’abbazia di San Cipriano di Murano. Nel 1587 i beni dell’abbazia furono uniti alla Mensa Patriarcale di Venezia.


Quelle possessioni si estendevano da Campalton sino alle foci del Dese, con la presenza di aree boschive e paludose, ricche di corsi d’acqua e per larga parte
date in affitto per essere coltivate. In questi territori c’erano anche cave di argilla e di creta. Sorsero quindi molte fornaci per sfruttare quelle materie prime e soddisfare il grande fabbisogno della città di Venezia. Lo scavo cinquecentesco dell'Osellino, eseguito per difendere Venezia e la laguna dalle piene e le torbide del Marzenego, fu realizzato tagliando nel mezzo la
proprietà dei Certosini, dei Morosini e della Mensa Patriarcale. Questa nuova chavation fu chiamata in diversi modi – Cava Nova, Brenta Nova, Brentella e poi infine Osellino. Col passare del tempo quel territorio, posto oltre l'Osellino verso la laguna, fu conquistato dalle acque salse e diventò barenicolo determinando importanti conseguenze ambientali e sociali.


Lionello Pellizzer

 

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