Alberto Vitucci
Clamorosa scoperta quella fatta dai tecnici della Soprintendenza archeologica veneziana, nelle acque lagunari davanti a Fusina.
Durante i lavori di scavo per la costruzione del Pif, il «tubone» del depuratore che porterà le acque reflue al largo del Lido, sono venuti alla luce interi pezzi di pavimentazione che risalgono a milleduecento anni fa, nel periodo delle invasioni barbariche, passaggio tra la civiltà romana e il Medioevo.
Una scoperta di grande importanza
storica, che può aiutare a ricostruire le vicende di quei decenni
tormentati che videro la nascita dei primi bagliori della civiltà
veneziana in laguna.
Ritrovamenti numerosi e intatti, che hanno costretto i progettisti
a modifcare il tracciato dove dovrà passare il grande tubo. Non
è del resto una sorpresa, perché storici e archeologici sanno
che sui fondali lagunari giacciono tesori che risalgono
all’antichità.
Numerosi ritrovamenti sono venuti alla luce anche durante i lavori del Mose. Relitti di barche e navi nell’area delle bocche di porto dove sono in corso i lavori del Mose. A Malamocco è stato scoperto un brigantino affondato alla metà dell’Ottocento (Il Margareth) che però non è stato recuperato. Altre navi da carico sono sepolte nei fondali. Fino alla famosa galea e alla rascona, ritrovata dai subacquei del Consorzio Venezia Nuova durante i lavori a San Marco in Boccalama, in laguna centrale. Anche in questo caso, dopo i rileivi e le foto, la galea è stata nuovamente sepolta nel fango. Ancora non decolla infatti il progetto ideato dal responsabile dell’Ufficio veneziano della Soprintendenza archeologica Luigi Fozzati per aprire all’Arsenale un laboratorio di restauro dei legni antichi. E i relitti non trovano posto nello storico complesso.
Intanto le scoperte si
moltiplicano. Casse di vetri e reperti erano state recuperate
durante i lavori della nuova Città della Giustizia, all’ex
Manifattura Tabacchi di piazzale Roma. Qui una volta finivano le
terre emerse veneziane, e si trovava un canale di accesso con una
torre di guardia. Numerose le armi ritrovate, insieme ad utensili
e oggetti artigianali di uso quotidiano.
Tracce di antichi muri di contenimento sono venute alla luce anche
durante i lavori al Tronchetto. La strada romana scoperta ora,
durante i lavori per la posa del «tubone», potrebbe essere il
collegamento che molti storici si attendevano. La via percorsa dai
mercanti prima della fondazione della Repubblica, che dominerà i
commerci via mare fino al XVIII secolo.
L’ennesimo ritrovamento che riporta in primo piano le necessità di potenziare con uomini e mezzi la Soprintendenza archeologica veneziana. La quantità di materiali ancora sommersi in laguna è infatti ingente. E gli studiosi auspicano che per ogni intervento o nuova opera previsti nell’area lagunare siano finanziati adeguatamente anche le campagne di scavo e i sondaggi preventivi. Che potrebbero evitare di accorgersi dei reperti a lavori iniziati. Risparmiando così tempo e denaro. E lanciando il nuovo museo della laguna che dovrebbe sorgere nell’isola del Lazzaretto Vecchio.