CIRCOLO VELICO CASANOVA

P.ta San Giuliano - Mestre Venezia

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Lidi, isole, barene e motte

I lidi (di Venezia e di Pellestrina) costituiscono il confine lagunare verso mare; sono linee litorali sabbiose, più o meno profonde, caratterizzate da ampie fasce dunose e da aree boschive; possiamo considerare parte integrante dei lidi anche le estese scogliere artificiali costituite dalle lunghe dighe foranee e dai murazzi, opera di difesa, quest'ultima, che a Pellestrina sostituisce completamente fondamentali tratti di litorale originario. I lidi sono tutt'ora alimentati dagli apporti fluviali del Sile e dell'Adige; quello di Venezia è rinomato soprattutto per le spiaggie di sabbia finissina e la conseguente attività balneare, quello di Pellestrina per la diffusa attività peschereccia.

All'interno della laguna individuiamo per primi i banchi di terreno emersi più alti ed in genere coperti da vegetazione anche di alto fusto; originariamente lembi di terraferma, aree di deposizione fluviale o dune arenose sono chiamati, tutto sommato impropriamente, isole (fig. 1.35). Venezia stessa è edificata sulle isole (deposizioni fuviali), la più estesa è comunque S. Erasmo (dune arenose), nella laguna nord, poco abitata e in prevalenza coltivata ad ortaggi.

Alcune sono artificiali, costruite generalmente per mettere a disposizione altra superficie ai centri abitati, altre sono scomparse, inghiottite dal fango o dal mare come nel caso di Costanzìaco, Ammiàna e Metamàuco.

Nei pressi delle bocche di Chioggia e degli Alberoni vanno segnalate quattro particolarissime isolette: sono gli ottagoni, formate e fortificate all'epoca della Serenissima, a protezione di quegli ingressi lagunari.

Le barene sono spazi di terreno argilloso di poco affioranti sul livello medio della laguna; sono pertanto soggette, specie con le maree sizigiali, ad essere periodicamente coperte dall'acqua della laguna. Hanno una vegetazione normalmente costituita da basse piante erbacee ed arbustive ma quando la salinità dell'acqua che le circonda diminuisce, come ad esempio alle foci del Dese, possono anche permettere la crescita di fitti canneti; in prossimità dell'autunno il loro colore predominante, il biondo, si tinge con le caratteristiche macchie azzurre e violacee dell'Aster e del Limonium21, creando armonie cromatiche di rara dolcezza.

Con il termine motta  o mota viene in genere indicato un cumulo artificiale di terra in mezzo alla laguna. La motta è di diametro assai ridotto - poche decine di metri - ma risulta sempre abbastanza elevata da rimanere emersa anche durante le alte maree più sostenute. La sua superficie veniva utilizzata per la costruzione di un cason, o comunque di un riparo per pescatori o cacciatori. Possiamo citare la motta Bombae, quella della Dolce, di Val di Pozzo, di Beverara, del Cornio Vecio e del Cornio Novo per la laguna Sud, dei Cunici (conigli) e di San Lorenzo per la laguna Nord (fig. 1.37).

Velme, zenzìve, dossi, scanni e tegnùe

Le Velme hanno l'aspetto di banchi di fango o di rive melmose perimetrali alle barene; apparentemente prive di ogni forma di vita ospitano invece degli organismi che vanno a costituire il nutrimento principale per alcune importanti specie di trampolieri22. Emergono solo nei momenti di bassa marea; in alcuni casi si tratta di ex barene sprofondate, in altri di fondali in riemersione: la laguna, lo ricordiamo, presenta una morfologia alquanto dinamica.

Per zenzìva (gengiva) si intende l'argine di un canale lagunare o di un ghebo (fig. 1.38); rimane sempre sotto la superficie dell'acqua e in genere è della medesima composizione del fondale circostante. Fanno eccezione i grandi e medi canali nei quali a fondali sabbiosi o di soléra corrispondono zenzìve fangose.

Ai margini di alcuni canali o ghebi nei quali si sviluppi una corrente di una certa entità, magari in corrispondenza di un'ansa o di una curva, è possibile la formazione dei cosidetti dossi di palùo, accumuli di sedimenti lagunari trasportati dalla corrente da non confondere con i dossi di terramerma propriamente intesi.

Spesso costituiscono il prolungamento della zenzìva, più in generale rappresentano un rialzo, a volte emergente, di maggiore consistenza rispetto al fondale circostante. In navigazione, volendo ad esempio immetterci dal palùo in un canale, possono costituire una sgradevole sorpresa che può anche significare l'incaglio; per la loro limitata estensione è comunque possibile riuscire ad aggirarli senza eccessiva perdita di tempo. Va anche segnalato che negli ultimi anni, con l'aumento della profondità media della laguna e la formazione di correnti trasversali ai canali, i dossi di palùo si sono sensibilmente appiattiti.

Per consistenza ed estensione simili ai dossi di palùo ma perpendicolari al flusso di marea in laguna si trovano ancora alcuni scanni, compatti accumuli sabbiosi anticamente presenti soprattutto in mare, al di fuori delle bocche di porto. 
Il mare grosso - in particolare quello causato da scirocco - sugli scanni frangeva, rallentava la sua corsa verso la laguna e le conseguenze delle acque alte eccezionali venivano in qualche misura limitate.

Gli scanni tuttavia costituivano un grosso pericolo per la navigazione  e a partire da tempi relativamente recenti vengono regolarmente rimossi non appena raggiungono determinate dimensioni.

Il già citato Bacàn, collocato fra S.Erasmo e la bocca del Lido, altro non è che un ultimo grosso scanno lagunare emergente; fra esso ed il mare aperto, all'altezza di punta Sabbioni, di scanni ne esistono alcuni altri, piccoli e insidiosi, e volendo procedere al di fuori del canale persino con le nostre barche è consigliata un po' di prudenza.

Includiamo fra gli elementi più caratteristici del fondale anche le tegnùe, zone di estensione anche molto ridotta dove per cause naturali o artificiali risulti riprodotto un fondale frastagliato simile a quello scoglioso. La tegnùa può essere costituita da elevazioni calcaree, - rovinassi - (materiale di risulta) o opere in muratura sprofondate; il termine stesso (tegnùa significa tenuta) deriva dall'arresto che le reti a strascico subivano incappando in quel tipo di ostacolo.

Valli, chiari e bonifiche

Nel perimetro lagunare sono comprese zone vaste fino a 1500 ha artificialmente isolate dal contesto che le circonda, sono le valli (fig. 1.39) e costituiscono dei bacini con superficie complessiva di circa 8800 ha in cui si pratica l'itticultura. Vi si allevano prevalentemente anguille, specie varie di cefali, branzini e orate. Comunicano con le acque lagunari attraverso aperture controllate chiamate chiàviche; sono private (vere e proprie aziende) e oggi quasi tutte inaccessibili a qualsiasi imbarcazione._Dopo l'alluvione del 1966 gli argini della maggior parte di queste valli sono stati drasticamente rinforzati e in molti casi le stesse chiàviche sono state sostituite da vere e proprie chiuse: in caso di alte maree eccezionali la possibilità d'espansione della massa acquea risulta così sensibilmente ridotta e dovesse ripetersi il 2 Novembre 1966 le conseguenze negative non potrebbero che aumentare._All'interno delle valli, in cui abbondano minuscole formazioni barenose in un paesaggio normalmente intricato, va segnalato che gli specchi acquei più estesi - anche poche migliaia di metri quadrati - prendono il nome di ciàrig (chiari) di valle e vengono particolarmente frequentati dai cacciatori.

L'ultimo e molto particolare ambiente che va nominato è quello costituito dalle cosiddette aree di bonifica (fig. 1.40), a ovest di Fusìna._La formazione di queste superfici deriva dal riempimento - con materiale d'escavo dei fondali lagunari - di spazi barenosi dapprima delimitati tramite argini terrosi e successivamente drenati.

L'imbonimento di queste specifiche aree doveva garantire una nuova superficie per l'espansione dell'adiacente polo industriale di P.to Marghera; la maturazione di nuovi orientamenti nella classe politica ed una maggior attenzione verso i problemi ambientalistici hanno poi bloccato il progetto originale lasciando queste estensioni lagunari all'evoluzione naturale.

Le casse di colmata, ai confini ovest della seconda zona industriale di Marghera, costituiscono attualmente uno degli ambienti più incontaminati della laguna e sono popolate da una fauna inferiore che presenta alcune specie anche estremamente rare; offre inoltre ideali condizioni per la pasturazione e nidificazione di vari tipi di uccelli acquatici.

Tale situazione, a meno di radicali interventi, non è purtroppo destinata a perdurare; anche se risparmiate dalla rapida colonizzazione industriale le aree di bonifica si trasformeranno gradualmente in terra emersa a tutti gli effetti e fra non molto tutte quelle preziose peculiarità che ancora le legano all'ambiente umido risulteranno inevitabilmente perdute.

Tipologie dei fondali

La conoscenza del tipo di fondale lagunare è senz'altro utile per chi utilizza barche capaci di navigare in pochi centimetri d'acqua. Non è affatto raro che fra il fondo della barca ed il fondo lagunare avvengano contatti imprevisti, in molti casi tuttavia poche conoscenze possono bastare per rimediare, o quanto meno non peggiorare, una qualsivoglia situazione. Si pensi inoltre che fra le categorie di persone che maggiormente frequentano la laguna non sono pochi coloro che, nei casi di notevole riduzione della visibilità atmosferica, riescono a capire la propria posizione proprio dal riconoscimento dei vari fondali. Le descrizioni seguenti non saranno sufficienti per porre l'ultimo arrivato al livello di un mediocre pescatore ma certamente forniranno le basi per un approfondimento da adeguare alle specifiche esigenze.

La terminologia è quella correntemente usata dagli stessi pescatori lagunari (professionisti e non): se in navigazione capitasse di aver bisogno di informazioni sull'argomento sarà con loro che dovremmo capirci; hanno conoscenze affidabili ed aggiornate ed è sempre conveniente essere preparati ad interpretarle:

Marogna: in dialetto veneziano significa "scoria di fusione del ferro" ed è il fondale meno consigliabile per strisciarvi il fondo della barca. E' molto duro e sulla superficie presenta incrostazioni organiche quali piccole madrepore e altre forme coralline. Può formarsi e sparire anche nel giro di un paio d'anni.

Solèra o Capègno: sabbia ricchissima di frammenti di gusci di conchiglie; è un fondale ugualmente molto duro e compatto e in genere non vi cresce vegetazione. Anche in questo caso se la barca striscia sul fondo non è evitabile una sostanziosa levigatura superficiale.

Sabbion (Arena): fondale sabbioso, omogeneo e consistente, tipico delle zone circostanti alle bocche di porto. Vi si può camminare sopra senza sprofondare. Venendone a contatto con la barca non ne avremo nessun apprezzabile danno ma, come del resto nei due casi precedenti, avremo molte possibilità di dover aspettare la crescita della marea per riuscire a muoverci nuovamente.

Carànto: fondo argilloso a ridosso delle barene, liscio, molto compatto e tipico della laguna Sud. Vi si può camminare sopra senza paura di sprofondare <197> tutt'al più risulta un po' appiccicaticcio <197> e anche in caso d'incaglio non dovrebbe essere difficile riuscire a far <169>slittare<170> la barca e riprendere la navigazione senza particolari aiuti.

Grotòn o Grolo; fango argilloso, presente fra le barene. La consistenza rispetto al carànto diminuisce.

Lopa; fango con torba, molto comune nella laguna sud, specie da valle Zappa alle Bonifiche. Si forma laddove muore una barena; l'uomo vi sprofonda fino al ginocchio e non dovremo preoccuparci eccessivamente per l'incaglio.

Fango; fondo melmoso e viscido. La barca vi può quasi galleggiare e l'uomo vi può sprofondare fino alle cosce. Non nasconde particolari sorprese (in laguna non esistono sabbie mobili) ma nel caso fosse necessario scendere per spingere la barca i più inesperti potrebbero ritrovarsi a constatare con un certo imbarazzo come, sotto spinta, si possa sprofondare ben oltre la cinta: a questo punto attenzione, l'avventura potrebbe farsi anche seria.

Fra i tipi di fondale nominiamo anche l'Astrùra, è presente solo in mare ma risulta molto simile alla marogna, anche se più frastagliato. E' molto familiare a chi pratica la pesca costiera e potremmo facilmente sentirne parlare, magari usato come termine di paragone.


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