CIRCOLO VELICO CASANOVA

P.ta San Giuliano - Mestre Venezia

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Le maree

La laguna, nell'arco di una giornata, varia continuamente il proprio aspetto per il fenomeno delle maree, variazioni periodiche del livello del mare.

Se consideriamo la laguna come un recipiente che comunica con il mare attraverso tre aperture (le bocche di porto) è intuitivo capire che quando il livello dell'Adriatico sale anche il livello della laguna, con determinati ritardi, si allinea al livello del mare prospiciente.

Al contrario, quando il livello dell'Adriatico cala, l'acqua della laguna si svuoterà gradualmente in mare (ancora attraverso le bocche di porto) fino a quando il dislivello risulterà azzerato.

Una volta entrata in laguna l'acqua del mare si irradia per tutta l'estensione lagunare tanto più velocemente quanto più ampia è la sezione del percorso che l'acqua si trova a percorrere.

Il porto industriale di Fusina-Marghera, ad esempio, servito direttamente da un enorme canale artificiale (Canale dei Petroli), riceverà acqua in maniera estremamente veloce e diretta, con un ritardo minimo rispetto alla bocca di Malamocco. 

Cason Montiron, al contrario, lontano dalla propria bocca di porto - quella del Lido - di una distanza pressoché uguale, registra ritardi di marea quasi doppi.

E' interessante a questo punto notare che già nell'alto Adriatico la marea ha una determinata direzione di propagazione (si propaga in senso antiorario, da Trieste a Venezia) per cui all'imboccatura della bocca del Lido avremo un anticipo di marea di circa 15' rispetto all'imboccatura della bocca di Malamocco e di circa 30' rispetto a quella di Chioggia.

All'interno del perimetro lagunare il luogo di riferimento dei ritardi (e dei livelli) di marea è il bacino di San Marco (punta della Salute). Rispetto a questo punto, dove la marea ritarda di 60' rispetto la bocca del Lido, sono stati registrati i seguenti (approssimativi) ritardi (+) e anticipi (-):

- 60' estremità della diga del Lido (a),

- 35' Chioggia (Vigo) (b),

- 28' Alberoni (faro Rocchetta) (c),

- 20' San Nicolò (chiesa) (d),

+ 12' Porto San Leonardo (e),

+ 17' Treporti (f),

+ 22' Torcello (g),

+ 90' Isola della Salina (S.Felice) (h).

Fondamentale è conoscere la differenza fra corrente di marea e propagazione di marea. 

La corrente di marea è massima alle bocche portuali dove raggiunge anche i quattro nodi ed è rilevabile con un apparecchio in grado di misurare la velocità dell'acqua rispetto al fondo. 

La propagazione di marea raggiunge invece la propria velocità massima, anche 20 metri al secondo, verso i punti più lontani rispetto alle bocche di porto ed è misurabile cronometrando in quanto tempo fra due punti di un determinato tratto di laguna l'acqua raggiunge lo stesso aumento di livello.

Considerando ad esempio il tratto bocca del Lido-San Giuliano, se il ritardo totale è di 100', a metà strada non sarà di 50' ma di circa 70', proprio per la maggior velocità di propagazione che si ha nel tratto più lontano dalla bocca di porto.

Marea astronomica

L'altezza del livello di marea dipende principalmente da motivi astronomici ed esattamente dall'attrazione che la luna (molto vicina) e il sole (enorme massa) esercitano sui volumi liquidi terrestri.

Quando le attrazione dei due astri si compensano le maree saranno poco accentuate; quando invece si sommano (fase di sizigia) le maree faranno registrare le escursioni più accentuate.

Vogliamo sottolineare che in quadratura l'escursione giornaliera di marea può essere anche assai ridotta e poco percettibile, con debolissimi movimenti acquei: in dialetto veneziano si dirà molto comunemente che siamo in morto de acqua.

Fase di quadratura e fase di sizigia si alternano periodicamente con una durata del ciclo (da quadratura a quadratura o da sizigia a sizigia) di 14-15 giorni.

E' sufficiente l'osservazione della luna per capire in quale periodo del ciclo ci si trovi: luna nuova (novilunio) e luna piena (plenilunio) ci indicano che siamo in sizigia, il quarto di luna ci dice che siamo in quadratura.

Nell'Adriatico settentrionale la marea astronomica è di tipo semidiurno; durante le 24 ore di un giorno si avranno quattro diversi picchi di marea (due minimi e due massimi) a distanza <197> variabile <197> di poco più di 6 ore l'uno dall'altro (fig. 1.29).

Esiste, da poco prima a poco dopo di ognuno dei picchi, uno spazio di tempo in cui la marea è praticamente ferma e le correnti nei canali nulle: al picco di minima (magra de acquav) segue la fase di marea entrante (crescente oppure, desueto, cevéntev); al picco di massima (colma de acquav) segue la fase di marea uscente (dosànav).

Dividendo in dodicesimi lo spazio tra un picco ed il successivo diviene anche possibile osservare come in uno stesso spazio di tempo la crescita di marea non sia regolare. Riferendoci, a titolo d'esempio, ad un'escursione da picco a picco di un metro, avremo la seguente sequenza di incremento dei livelli di marea:

1/12 dell'ampiezza durante la      1.a ora   (+8,3 cm su 100)

<197> 2/12       "      2.a ora   (+16,6 cm su 100)

<197> 3/12      "      3.a      "      (+24,9 cm su 100)

<197> 3/12      "      4.a      "      (+24,9 cm su 100)

<197> 2/12      "      5.a      "      (+16,6 cm su 100)

<197> 1/12      "      6.a      "      (+8,3 cm su 100)

La corrente di marea sarà proporzionale all'incremento di marea; se quindi dovremo risalire la marea contraria sarà conveniente farlo in orari prossimi ai picchi piuttosto che nell'intervallo fra la 3.a e 4.a ora del ciclo.

Le fasi di alta e bassa marea astronomica si alternano con frequenza di circa 6 ore ma solo dopo 24 ore e mezza circa avremo il ripetersi abbastanza fedele del ciclo; ciò significa che se in fase di quadratura una velma appare durante il picco minimo di marea potremmo dover attendere non 12 ma 24 ore per rivederla nuovamente emersa.

Una certa ciclicità di marea è riscontrata anche in corrispondenza delle stagioni; d'inverno si potrà notare che le maree più basse avvengono nel pomeriggio, d'estate, al contrario, le avremo nel corso della notte inoltrata o in vicinanza dell'alba; sarà molto utile ricordarlo volendo programmare attività stagionali.

Primavera ed autunno non hanno caratterizzazioni di marea altrettanto marcate; in ogni caso nelle uscite lagunari è sempre opportuno disporre del libretto di Previsione di Marea, preziosissimo riferimento per chi vuole navigare in laguna e conoscere ora per ora l'altezza prevista di marea astronomica di tutti i giorni dell'anno; è facilmente reperibile, a cavallo di fine anno, nei negozi legati alla nautica, alla pesca o in qualche edicola.

Le sesse

Alle cause astronomiche possono sovrapporsi altri fenomeni (chiamati genericamente sesse) con variazioni anche notevoli sugli effetti di marea visti sin qui: sono il vento e la pressione atmosferica.

La conseguenza dell'agire del vento sull'acqua è facilmente riproducibile soffiando sul bordo di una bacinella quasi colma d'acqua: il livello andrà abbassandosi vicino a dove soffiamo e s'innalzerà dalla parte opposta.

In modo del tutto analogo quando ad esempio da Sud-Est - dal Canale d'Otranto - soffia il vento di scirocco, il livello dell'Adriatico raggiungerà la massima altezza proprio sul litorale opposto, ossia sul litorale veneto. Se invece soffia la bora (da Nord-Est) a salire sarà il livello della laguna occidentale mentre il livello della laguna orientale diminuirà.

Riguardo infine la pressione atmosferica è sufficiente dire che l'alta pressione "premendo" sulla superficie del mare tende ad abbassarne il livello; effetto contrario si avrà con la bassa pressione che pertanto può contribuire ad alzarne il livello.

Effetti astronomici e sesse possono compensarsi o sommarsi, sono comunque in grado di determinare condizioni di marea tali da poter sconvolgere la stessa morfologia lagunare.

Il fenomeno delle acque alte è tipico del tardo autunno e dell'inverno; negli altri periodi dell'anno l'evento è piuttosto raro e viene considerato solo da coloro che per vari motivi frequentano abitualmente la laguna.

Le escursioni giornaliere massime di marea - le sizigiali - possono variare dai 100 ai 130 cm, ma l'escursione di marea massima storica (differenza tra il massimo storico più alto ed il minimo storico più basso) è di ben 3,15 metri; la minima storica è del 14 Febbraio 1934, con 121 cm sotto al livello medio del mare (lo zero di riferimento), la massima storica è invece la ben famosa alta marea del 4 Novembre 1966 che superò il livello di riferimento di ben 194 cm20.

@SUB_PARAG = palùi, fosse, laghi, tagli, passaùre e bacani.

<197> il palùog (impropriamente italianizzato in palude) rappresenta la tipologia più diffusa di estensione lagunare. Nelle descrizioni più antiche queste aree risultano "coperte da poca acqua" solamente a partire dai livelli medi di marea, altrimenti, quindi non di rado, rimanevano sommerse unicamente dalle varie forme di vegetazione algosa, determinando un'aspetto probabilmente all'origine della specifica denominazione.

Ora quelle descrizioni non sono più così calzanti; l'odierno livello medio lagunare, a causa dell'abbassamento del suolo (subsidenza) e dell'innalzamento del livello medio del mare (eustatismo), già rispetto al livello di riferimento di Punta della Salute del 1897 risulta più alto di ben 24 cm; è quindi facilmente intuibile come l'aspetto odierno si scosti sostanzialmente da quello di neanche un secolo addietro. Lo si può constatare particolarmente nella laguna Sud dove il palùo si estente praticamente senza interruzione da Venezia a Chioggia (fig. 1.32); qui il fondale riemerge solo di rado e l'aspetto di queste aree si avvicina a quello di un tempo solo in conomitanza delle minime di marea sizigiale.

Particolarmente per la laguna Sud va sottolineato che diverse aree del palùo vengono denominate valli. Non vanno confuse con quelle correntemente intese e di cui parleremo di qui a poco; in questo caso si tratta di valli aperte, zone di pesca all'interno del palùo anticamente in concessione o in proprietà alla borghesia veneziana e tutt'al più delimitate da pali infissi nel fondale._Oggi, nonostante il citato aumento del livello medio, l'altezza d'acqua dei palùi lagunari rimane comunque assai limitata e per accedervi può essere necessario individuare un ghebo che li percorra; data la loro estensione, che può essere anche considerevole, è sempre preferibile inoltrarvisi tenendo conto dell'evoluzione di marea.

<197> All'interno del palùo possono aversi le fosse (o fondi), avvallamenti che a volte raggiungono anche il metro e mezzo al di sotto del livello medio lagunare e che comunque non vengono seccati neanche in concomitanza dalle basse maree minime. Citiamo, a titolo di esempio, la fossa di S. Angelo e quella dei Sette Morti in laguna Sud, quella di Palùo Maggiore in laguna nord.

<197> i laghi sono costituiti da specchi d'acqua compresi entro confini facilmente individuabili quali barene e argini di canali o di isole (fig. 1.33); in genere si trovano all'interno delle formazioni barenose. L'acqua vi rimane anche nel periodo di bassa marea e l'origine del nome deriva con tutta probabilità da questa circostanza. La profondità dei laghi, sempre rispetto al livello medio, si aggira attorno al metro ma, al contrario di quanto accade nei palùi, il fondale registra un lento innalzamento, dovuto soprattutto alla sedimentazione di strati putrescenti di vegetazione acquatica._Per evitare che questi fenomeni accellerassero l'eutrofizzazione di alcuni di questi bacini ai tempi della Serenissima furono scavati degli appositi canali (i tagli) proprio per agevolarne il ricambio d'acqua. I tagli, così come le passaùre (piccoli tagli) servivano ottimamente anche per accorciare i percorsi fra le barene; quelli rimasti (taglio Perini, taglio di Rosa, taglio Vecchio ecc.) ancor oggi assolvono alle loro funzioni e testimoniano l'estrema cura che la Repubblica riservava anche ai luoghi più periferici del proprio habitat.

<197> Il termine Bacàn oggi non è molto conosciuto neanche fra gli stessi veneziani del centro storico ma rappresenta, almeno d'estate, uno dei luoghi più frequentati della laguna non urbanizzata. Il Bacàn è costituito da un accumulo sabbioso originariamente prospiciente ad ognuna delle bocche di porto; attualmente esiste solamente di fronte alla bocca del Lido (fig. 1.34) e nonostante la sabbia e l'acqua oggi non siano delle migliori è comunque considerato una particolare, certamente esclusiva, <169>spiaggia<170> dei veneziani.

@SUB_PARAG = lidi, isole, barene e motte

<197> I lidi (di Venezia e di Pellestrina) costituiscono il confine lagunare verso mare; sono linee litorali sabbiose, più o meno profonde, caratterizzate da ampie fasce dunose e da aree boschive; possiamo considerare parte integrante dei lidi anche le estese scogliere artificiali costituite dalle lunghe dighe foranee e dai murazzi, opera di difesa, quest'ultima, che a Pellestrina sostituisce completamente fondamentali tratti di litorale originario. I lidi sono tutt'ora alimentati dagli apporti fluviali del Sile e dell'Adige; quello di Venezia è rinomato soprattutto per le spiaggie di sabbia finissina e la conseguente attività balneare, quello di Pellestrina per la diffusa attività peschereccia.

<197> All'interno della laguna individuiamo per primi i banchi di terreno emersi più alti ed in genere coperti da vegetazione anche di alto fusto; originariamente lembi di terraferma, aree di deposizione fluviale o dune arenose sono chiamati, tutto sommato impropriamente, <169>isole<170> (fig. 1.35). Venezia stessa è edificata sulle isole (deposizioni fuviali), la più estesa è comunque S. Erasmo (dune arenose), nella laguna nord, poco abitata e in prevalenza coltivata ad ortaggi._Alcune sono artificiali, costruite generalmente per mettere a disposizione altra superficie ai centri abitati, altre sono scomparse, inghiottite dal fango o dal mare come nel caso di Costanzìaco, Ammiàna e Metamàuco.

Nei pressi delle bocche di Chioggia e degli Alberoni vanno segnalate quattro particolarissime isolette: sono gli ottagoni, formate e fortificate all'epoca della Serenissima, a protezione di quegli ingressi lagunari.

<197> Le barene sono spazi di terreno argilloso di poco affioranti sul livello medio della laguna (fig. 1.36); sono pertanto soggette, specie con le maree sizigiali, ad essere periodicamente coperte dall'acqua della laguna. Hanno una vegetazione normalmente costituita da basse piante erbacee ed arbustive ma quando la salinità dell'acqua che le circonda diminuisce, come ad esempio alle foci del Dese, possono anche permettere la crescita di fitti canneti; in prossimità dell'autunno il loro colore predominante, il biondo, si tinge con le caratteristiche macchie azzurre e violacee dell'Aster e del Limonium21, creando armonie cromatiche di rara dolcezza.

<197> Con il termine motta <197> o motav <197> viene in genere indicato un cumulo artificiale di terra in mezzo alla laguna. La motta è di diametro assai ridotto <197> poche decine di metri <197> ma risulta sempre abbastanza elevata da rimanere emersa anche durante le alte maree più sostenute. La sua superficie veniva utilizzata per la costruzione di un cason, o comunque di un riparo per pescatori o cacciatori. Possiamo citare la motta Bombae, quella della Dolce, di Val di Pozzo, di Beverara, del Cornio Vecio e del Cornio Novo per la laguna Sud, dei Cunici (conigli) e di San Lorenzo per la laguna Nord (fig. 1.37).

@SUB_PARAG = velme, zenzìve, dossi, scanni e tegnùe.

<197> Le velme hanno l'aspetto di banchi di fango o di rive melmose perimetrali alle barene; apparentemente prive di ogni forma di vita ospitano invece degli organismi che vanno a costituire il nutrimento principale per alcune importanti specie di trampolieri22. Emergono solo nei momenti di bassa marea; in alcuni casi si tratta di ex barene sprofondate, in altri di fondali in riemersione: la laguna, lo ricordiamo, presenta una morfologia alquanto dinamica.

<197> Per zenzìva (gengiva) si intende l'argine di un canale lagunare o di un ghebo (fig. 1.38); rimane sempre sotto la superficie dell'acqua e in genere è della medesima composizione del fondale circostante. Fanno eccezione i grandi e medi canali nei quali a fondali sabbiosi o di soléra corrispondono zenzìve fangose.

<197> Ai margini di alcuni canali o ghebi nei quali si sviluppi una corrente di una certa entità, magari in corrispondenza di un'ansa o di una curva, è possibile la formazione dei cosidetti dossi di palùo, accumuli di sedimenti lagunari trasportati dalla corrente da non confondere con i dossi di terramerma propriamente intesi._Spesso costituiscono il prolungamento della zenzìva, più in generale rappresentano un rialzo, a volte emergente, di maggiore consistenza rispetto al fondale circostante. In navigazione, volendo ad esempio immetterci dal palùo in un canale, possono costituire una sgradevole sorpresa che può anche significare l'incaglio; per la loro limitata estensione è comunque possibile riuscire ad aggirarli senza eccessiva perdita di tempo. Va anche segnalato che negli ultimi anni, con l'aumento della profondità media della laguna e la formazione di correnti trasversali ai canali, i dossi di palùo si sono sensibilmente appiattiti.

<197> Per consistenza ed estensione simili ai dossi di palùo ma perpendicolari al flusso di marea in laguna si trovano ancora alcuni scanni, compatti accumuli sabbiosi anticamente presenti soprattutto in mare, al di fuori delle bocche di porto. Il mare grosso <197> in particolare quello causato da scirocco <197> sugli scanni frangeva, rallentava la sua corsa verso la laguna e le conseguenze delle acque alte eccezionali venivano in qualche misura limitate._Gli scanni tuttavia costituivano un grosso pericolo per la navigazione  e a partire da tempi relativamente recenti vengono regolarmente rimossi non appena raggiungono determinate dimensioni._Il già citato Bacàn, collocato fra S.Erasmo e la bocca del Lido, altro non è che un ultimo grosso scanno lagunare emergente; fra esso ed il mare aperto, all'altezza di punta Sabbioni, di scanni ne esistono alcuni altri, piccoli e insidiosi, e volendo procedere al di fuori del canale persino con le nostre barche è consigliata un po' di prudenza.

<197> Includiamo fra gli elementi più caratteristici del fondale anche le tegnùe, zone di estensione anche molto ridotta dove per cause naturali o artificiali risulti riprodotto un fondale frastagliato simile a quello scoglioso. La tegnùa può essere costituita da elevazioni calcaree, <169>rovinassi<170> (materiale di risulta) o opere in muratura sprofondate; il termine stesso (tegnùa significa tenuta) deriva dall'arresto che le reti a strascico subivano incappando in quel tipo di ostacolo.

@SUB_PARAG = valli, chiari e bonifiche

<197> Nel perimetro lagunare sono comprese zone vaste fino a 1500 ha artificialmente isolate dal contesto che le circonda, sono le valli (fig. 1.39) e costituiscono dei bacini con superficie complessiva di circa 8800 ha in cui si pratica l'itticultura. Vi si allevano prevalentemente anguille, specie varie di cefali, branzini e orate. Comunicano con le acque lagunari attraverso aperture controllate chiamate chiàviche; sono private (vere e proprie aziende) e oggi quasi tutte inaccessibili a qualsiasi imbarcazione._Dopo l'alluvione del 1966 gli argini della maggior parte di queste valli sono stati drasticamente rinforzati e in molti casi le stesse chiàviche sono state sostituite da vere e proprie chiuse: in caso di alte maree eccezionali la possibilità d'espansione della massa acquea risulta così sensibilmente ridotta e dovesse ripetersi il 2 Novembre 1966 le conseguenze negative non potrebbero che aumentare._All'interno delle valli, in cui abbondano minuscole formazioni barenose in un paesaggio normalmente intricato, va segnalato che gli specchi acquei più estesi - anche poche migliaia di metri quadrati - prendono il nome di ciàrig (chiari) di valle e vengono particolarmente frequentati dai cacciatori.

L'ultimo e molto particolare ambiente che va nominato è quello costituito dalle cosiddette aree di bonifica (fig. 1.40), a ovest di Fusìna._La formazione di queste superfici deriva dal riempimento <197> con materiale d'escavo dei fondali lagunari <197> di spazi barenosi dapprima delimitati tramite argini terrosi e successivamente drenati._L'imbonimento di queste specifiche aree doveva garantire una nuova superficie per l'espansione dell'adiacente polo industriale di P.to Marghera; la maturazione di nuovi orientamenti nella classe politica ed una maggior attenzione verso i problemi ambientalistici hanno poi bloccato il progetto originale lasciando queste estensioni lagunari all'evoluzione naturale._Le casse di colmata, ai confini ovest della seconda zona industriale di Marghera, costituiscono attualmente uno degli ambienti più incontaminati della laguna e sono popolate da una fauna inferiore che presenta alcune specie anche estremamente rare; offre inoltre ideali condizioni per la pasturazione e nidificazione di vari tipi di uccelli acquatici23._Tale situazione, a meno di radicali interventi, non è purtroppo destinata a perdurare; anche se risparmiate dalla rapida colonizzazione industriale le aree di bonifica si trasformeranno gradualmente in terra emersa a tutti gli effetti e fra non molto tutte quelle preziose peculiarità che ancora le legano all'ambiente umido risulteranno inevitabilmente perdute.

@SUB_PARAG = tipologie dei fondali

La conoscenza del tipo di fondale lagunare è senz'altro utile per chi utilizza barche capaci di navigare in pochi centimetri d'acqua. Non è affatto raro che fra il fondo della barca ed il fondo lagunare avvengano contatti imprevisti, in molti casi tuttavia poche conoscenze possono bastare per rimediare, o quanto meno non peggiorare, una qualsivoglia situazione. Si pensi inoltre che fra le categorie di persone che maggiormente frequentano la laguna non sono pochi coloro che, nei casi di notevole riduzione della visibilità atmosferica, riescono a capire la propria posizione proprio dal riconoscimento dei vari fondali. Le descrizioni seguenti non saranno sufficienti per porre l'ultimo arrivato al livello di un mediocre pescatore ma certamente forniranno le basi per un approfondimento da adeguare alle specifiche esigenze._La terminologia è quella correntemente usata dagli stessi pescatori lagunari (professionisti e non): se in navigazione capitasse di aver bisogno di informazioni sull'argomento sarà con loro che dovremmo capirci; hanno conoscenze affidabili ed aggiornate ed è sempre conveniente essere preparati ad interpretarle:

<197> Marogna: in dialetto veneziano significa <169>scoria di fusione del ferro<170> ed è il fondale meno consigliabile per strisciarvi il fondo della barca. E' molto duro e sulla superficie presenta incrostazioni organiche quali piccole madrepore e altre forme coralline. Può formarsi e sparire anche nel giro di un paio d'anni.

<197> Solèra o Capègno: sabbia ricchissima di frammenti di gusci di conchiglie; è un fondale ugualmente molto duro e compatto e in genere non vi cresce vegetazione. Anche in questo caso se la barca striscia sul fondo non è evitabile una sostanziosa levigatura superficiale.

<197> Sabbion (Arena): fondale sabbioso, omogeneo e consistente, tipico delle zone circostanti alle bocche di porto. Vi si può camminare sopra senza sprofondare. Venendone a contatto con la barca non ne avremo nessun apprezzabile danno ma, come del resto nei due casi precedenti, avremo molte possibilità di dover aspettare la crescita della marea per riuscire a muoverci nuovamente.

<197> Carànto: fondo argilloso a ridosso delle barene, liscio, molto compatto e tipico della laguna Sud. Vi si può camminare sopra senza paura di sprofondare <197> tutt'al più risulta un po' appiccicaticcio <197> e anche in caso d'incaglio non dovrebbe essere difficile riuscire a far <169>slittare<170> la barca e riprendere la navigazione senza particolari aiuti.

<197> Grotòn o Grolo; fango argilloso, presente fra le barene. La consistenza rispetto al carànto diminuisce.

<197> Lopa; fango con torba, molto comune nella laguna sud, specie da valle Zappa alle Bonifiche. Si forma laddove muore una barena; l'uomo vi sprofonda fino al ginocchio e non dovremo preoccuparci eccessivamente per l'incaglio.

<197> Fango; fondo melmoso e viscido. La barca vi può quasi galleggiare e l'uomo vi può sprofondare fino alle coscie. Non nasconde particolari sorprese (in laguna non esistono sabbie mobili) ma nel caso fosse necessario scendere per spingere la barca i più inesperti potrebbero ritrovarsi a constatare con un certo imbarazzo come, sotto spinta, si possa sprofondare ben oltre la cinta: a questo punto attenzione, l'avventura potrebbe farsi anche seria.

Fra i tipi di fondale nominiamo anche l'Astrùra, è presente solo in mare ma risulta molto simile alla marogna, anche se più frastagliato. E' molto familiare a chi pratica la pesca costiera e potremmo facilmente sentirne parlare, magari usato come termine di paragone.

@SUB_PARAG = vegetazione acquatica.

Sui tipi di fondale appena visti possono proliferare vari tipi di alghe. Nessuna cresce necessariamente in uno specifico tipo di terreno ma per il nostro tipo di navigazione e limitatamente a brevi periodi di tempo possono rappresentare fastidiosi impicci o al contrario validi elementi di riferimento.

I primi quattro tipi di alga che elenchiamo <197> Gramin, Lissiera, Pelo e Balote <197> sono quelli comunemente ritenuti <169>nobili<170>, non eutrofizzano e convivono con le specie animali (a buon intenditor <197> o meglio pescator <197> poche parole...). Gli altri tipi sono ritenuti nocivi e possono danneggiare le altre forme di vita presenti sul fondale.

<197> Gramìn o Grisa: vegetale molto comune, con foglie nastriformi lunghe fino ad un metro; vive di preferenza su fondali sabbiosi ma soprattutto in acque limpide e ricopre estensioni anche notevoli. Può essere d'intralcio per la voga e la navigazione a vela.

<197> Lissiera: tipo di gramin di piccola dimensione; vive su pochissima acqua e rimane in secca con la bassa marea. Non occupa superici molto estese.

<197> Pelo o Pelèto: al tatto ricorda certe pellicce animali; è di colore marron-rossastro; nasce d'inverno e raggiunge i 4-5 cm di altezza.

<197> Balòte o Valonéa: hanno l'aspetto di palle tonde, dure al tatto e del diametro di un limone. Quando raggiungono la maturazione si staccano dal fondale e possono accumularsi in grosse quantità. Attualmente sono abbastanza rare e si trovano con una certa facilità solo in val Lanzoni.

<197> Leca: simile al muschio, viscida, verde e di pelo finissimo. Si forma d'estate e compare anche sulle pietre ed i marmi immersi nei canali di Venezia.

<197> Salàta o Velèta (Ulva Lactuca): è la specie di vegetale subacqueo più invadente; si forma dappertutto e in qualsiasi stagione ma è con i primi caldi che acquista la massima vigoria. Fa morire il fondale sottostante e riesce a trasformare in fango anche gli strati sabbiosi più superficiali. E' la specie più fastidiosa anche per la navigazione a vela, riuscendo ad attaccandosi in consistenti quantità alla pala del timone e rallentando considerevolmente la barca.

<197> Elastico: filamentoso, di colore rosso-castoro e sezione tonda (1-2 mm di dimetro), arriva a lunghezze di anche un paio di metri; marcisce il fango sottostante, si forma a fine agosto e diventa rigoglioso d'inverno. Attualmente, dopo adeguata lavorazione, è usato nell'industria conserviera.

<197> Sea; tipo particolare di elastico di colore verde chiaro. Non è utilizzato dall'industria; si avvolge in caratteristici rotoli che rotolano con la corrente.

@SUB_PARAG = le seràgie

Fanno parte del paesaggio lagunare da tempi molto remoti e possiamo definirle reti da posta infisse nel palùo mediante paletti di castagnér (castagno); in questo modo formano dei giochi di sbarramento atti a convogliare il pesce ed i granchi nei cogoli, tipi particolari di nasse (<169>ceste<170> di rete con l'imboccatura a imbuto)._La pesca con la seràgia è un metodo tradizionalmente lagunare-vallivo e in qualche caso, dove la tipologia del luogo lo consente (fondali bassi), anche fluviale. In laguna, nei tempi passati, ha avuto un notevole sviluppo ma in questi ultimi anni, a causa dell'abbassamento dei fondali, dell'inquinamento e, soprattutto, della crescita abnorme delle macroalghe, sta vivendo un periodo di crisi.

All'escursionista poco esperto delle cose lagunari le seràgie genericamente intese possono apparire tutte uguali e quasi sempre sono vissute come fastidiosi ostacoli; costituiscono invece un sistema di pesca molto antico ma tutt'ora valido e in grado di assicurare sufficiente reddito a quei pescatori (professionisti) che lo praticano.

Può essere interessante sapere che la seràgia originaria utilizzava sbarramenti di cannuccia palustre e cògoli in vimini, aveva inoltre una disposizione oggi utilizzata solo raramente e conosciuta come seràgia volante. Con quest'ultima viene chiuso un vasto tratto di palùo: è molto onerosa in termini di uomini e materiali utilizzati (è attuabile solo da grosse compagnie di pescatori) ma garantisce la pesca di ogni tipo di pesce e non crea particolari inconvenienti all'ambiente._Le seràgie oggi maggiormente in uso (quelle che descriveremo) possono essere considerate un segmento di quelle originarie; secondo la corretta terminologia si chiamano tresse, non richiedono molti uomini e risultano ancora sufficentemente redditizie. Quando la Serenissima rivolgeva alla laguna la sua massima attenzione o, più semplicemente e in tempi più recenti, quando le reti erano di cotone e duravano assai meno rispetto alle attuali di nylon, lr tresse venivano posate soltanto in due periodi dell'anno: in Quaresima, grossomodo da Marzo a Maggio e mai oltre, e in Fraìmag (dal latino infra hyemem, stagione autunnale), grossomodo da ottobre a dicembre e mai prima._Oggi quell'etica peschereccia non è più seguita e potremo trovare le seràgie in qualsiasi periodo dell'anno, estate compresa._Questa pratica per la laguna non è delle più salutari; le seràgie costituiscono in effetti degli sbarramenti, come tali rallentano il flusso della corrente e, soprattutto, possono trattenere le alghe. Se a questo <197> particolarmente d'estate <197> si somma l'inquinamento e l'alta temperatura dell'acqua è facile capire come i palùi possano risentirne negativamente, specie nelle zone più facilmente soggette all'eutrofizzazione.

Le seràgie attuali sono costituite da tre elementi fondamentali: il paré (la rete di sbarramento, con un paletto ogni metro e mezzo circa), il cògolo (la vera e propria trappola da cui il pesce non può uscire) ed il corpo (struttura di collegamento fra paré e cògolo)(fig. xx); i paletti hanno un diametro di 5 cm circa, sono alti 2,5 m circa e in caso di forti sollecitazioni (per maltempo, masse algose o urti con grossi corpi galleggianti) devono potersi sfilare dal fondale. A seconda di come vengono montati paré, corpo e cògolo si possono avere varie tipologie di seràgie; le più comuni sono quelle alla giudecchina (fig. xx), quelle alla buranella (fig. xx) e quelle da zenzìva (fig. xx).

La seràgia da zenzìva ai fini nostri è del tutto trascurabile, altrettanto non si può dire per gli altri due tipi di disposizione che, nella navigazione in palùdo, possono divenire elementi decisivi circa la rotta da seguire.

Le seràgie alla giudecchina si sviluppano in linea retta, montano i cògoli alle estremità e lungo il paré, ogni 50 metri circa._Sono posizionate in modo che la corrente lagunare le investa secondo un angolo d'incidenza che va dai 30<198> ai 60<198> ed i cògoli sono posti simmetricamente al paré, in modo tale che il pesce venga preso sia con la corrente entrante (crescente) sia con la corrente uscente (dosàna).

Le seràgie alla buranella si sviluppano invece perpendicolarmente alla corrente ed i tratti di parè (lunghi 35 metri circa) seguono un andamento a zigzag; il cògolo risulta praticamente nella stessa direzione della corrente. Questa disposizione viene usata anche fra barena e barena, viene cioè sbarrata completamente la passada (il passaggio), ossia la via obbligatoria che il pesce segue per passare attraverso le formazioni barenose.

In tutte le tipologie di seràgia il pesce è raccolto in concomitanza della bassa marea giornaliera più bassa; vengono presi anguèleg (Atherina boyeri), gog (ghiozzi), bisàtig (anguille) ed anche seppie e seppioline, gamberi e granchi._Le zone di pesca vengono assegnate dalla Capitaneria di Porto e sono delimitate dai pescatori con degli appositi paletti (da due a quattro) sufficentemente alti e con uno straccio o sacchetto di plastica legato sulla sommità. Questi pali sono chiamati meag e per quanto ci può riguardare segnalano un sicuro passaggio fra le seràgie, in alcuni periodi molto numerose ed estese (spesso più di quanto stabilito dalle vigenti regolamentazioni).

@SUB_PARAG = le segnalazioni

Isole e barene, da bordo di un'imbarcazione, appaiono come elementi emergenti in una estensione d'acqua; è difficile accorgersi o pensare alla diversità di fondale fra due di questi punti; il più delle volte anzi, complice il riflesso o la torbidezza dell'acqua, risulta impossibile; eppure in quel tratto potrebbe anche esserci una seccam di varia natura con poco più di una decina di centimetri d'acqua su cui evidentemente esiste la possibilità d'incaglio, con tutte le conseguenze che ne possono derivare. E' quindi evidente quanto sia importante comprendere il significato dei vari segnali lagunari, collocati proprio con lo scopo di indicare i canali e facilitare la navigazione.

Il segnale di gran lunga più presente è la brìcolag (fig. 1.41) che possiamo considerare un antico tipo di medam; serve ad indicare il margine dei canali navigabili; può avere varie dimensioni ed è composta da uno o più pali infissi nel fondale; i pali sono tronchi di rovere, robinia (gasìag) o castagno, legni molto robusti e pesanti; la testa è rastremata e catramata per aumentarne la durata._Se formata da più tronchi questi sono allargati in base per maggior staticità della struttura; le teste in questo caso sono unite da fasce di ferro, ora zincate ad evitare che in pochi anni la ruggine le trasformi in micidiali spuntoni pericolosi alla navigazione._Vicino alla sommità si trova una targhetta bianca o un numero inciso sul legno che indica la parte dalla quale bisogna trovarsi per navigare in canale._Se un canale è limitato da una sola fila di brìcole significa che il lato opposto alle brìcole potrebbe non essere ben delimitato, quindi attenzione a non finire in secca; quando invece entrambi i lati sono segnalati significa che il canale dovrebbe essere ben scavato per tutta la sua larghezza. Abbiamo detto dovrebbe in quanto, laddove le correnti sono più forti e lo scorrere dell'acqua non è rettilineo, esiste, nel tempo, la possibilità che l'asse del canale venga letteralmente spostato, annullando in parte l'efficacia delle segnalazioni.

La dama (fig. 1.42) è praticamente una brìcola a più tronchi con al centro un palo sensibilmente più alto; si trova all'inizio di un canale <197> in testa alla corrispondente fila di brìcole <197> o ad indicare il punto del bivio in cui il canale si divide (fig. 1.43).

Man mano che ci si allontana dai canali più trafficati diminuiscono le segnalazioni, fino a scomparire del tutto nelle zone più impervie; qui le segnalazioni sono <169>gestite<170> in maniera molto personale da quelle poche persone, in genere pescatori o vallesani, che in quei posti svolgono abitualmente qualche attività._Un ramo con uno straccio legato o una frasca infissi nel fondale (fig. 1.44) possono costituire un riferimento che dura anche qualche stagione e possono essere preziosi per individuare un piccolo ghebo che quasi sempre rappresenta l'unica possibilità per giungere ad un approdo altrimenti inaccessibile.

Nelle bocche di porto, ad indicare il canale principale, troveremo le mede correntemente intese. Come accennato in precedenza originariamente consistevano in un alto tronco isolato di cui la brìcola rappresenta un esempio superstite; attualmente possiamo definirle come strutture verticali con una base galleggiante ancorata al fondo; vengono costruite in ferro e con segnalazioni luminose fisse per la notte (fig. 1.45)._Sono montate a coppie ai bordi del canale d'entrata al porto e appartengono al sistema di segnalazione internazionale; in fase d'ingresso al porto le navi e le imbarcazioni di maggior pescaggio, per avere la garanzia di navigare all'interno del canale, lasciano le mede di colore o con luce rossa alla sinistra e quelle di colore o luce verde a dritta (all'uscita dal porto l'indicazione va ovviamente intesa in senso contrario).

Un altro tipo di segnalazione a palo è il cosiddetto punteruolo o fiasco (fig. 1.46), alto e con una sfera ben visibile sulla sommità; sta ad indicare che sul fondo è presente una tubazione e che può essere anche molto pericoloso gettare l'ancora in quel posto. Solitamente un cartello indica chiaramente il tipo di conduttura che corre sul fondale.

 

 

Regolamento provinciale per il coordinamento della navigazione locale nella laguna veneta allegato3.pdf
http://www.provincia.venezia.it/traspo/segnalinavigazione/Allegato2.pdf

Regolamento portuale di venezia – stralcio relativo alla navigazione lagunare

http://www.provincia.venezia.it/traspo/segnalinavigazione/allegato3.pdf

Regolamentazione del magistrato alle acque di venezia – stralci relativi alla navigazione lagunare

http://www.provincia.venezia.it/traspo/segnalinavigazione/allegato4.pdf

Regolamento comunale di venezia per la navigazione nei canali interni e relative ordinanze applicative allegato6.pdf

Elenco delle indicazioni minime da fornire a mezzo della segnaletica di progetto

Documentazione fotografica delle principali categorie di unità lagunari

Documentazione fotografica dei tipi di segnalazione attualmente utilizzati in ambito lagunare

MARCHIO E INCENTIVI PER LA TUTELA E LA PRODUZIONE DI IMBARCAZIONI IN LEGNO TIPICHE E TRADIZIONALI DELLA LAGUNA DI VENEZIA

http://www.provincia.venezia.it/traspo/segnalinavigazione/concorso.htm  
concorso provincia Venezia per cartelli segnaletica acquea


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