Il
racconto di Cesare - Angeli salvatori
Cari
amici del 10 ", scusandomi per il ritardo , finalmente
aggiungo anche il mio commento e modesta testimonianza alla recente manifestazione della Velalonga.
Premessa
la scarsa competitività e ancor più scarsa competenza espressa dal sottoscritto e dalla mia Zoe
(ampiamente dimostrata nei nostri "normali raduni"),
il fatto di aver superato la seconda boa in buona compagnia di
tante altre barche più serie della mia, mi lasciava ben sperare
in una lieta conclusione di questa sfida tanto desiderata e un
pò temuta come l'esame di scuola dei bei tempi andati.
Quando
la buriana si è poi scatenata mi sono fatto cogliere
naturalmente impreparato, ma non abbastanza spaventato da
cercare subito un riparo a ridosso delle mura dell'isola di
Murano o ancorandomi (visto che l'ancora non c'è) per avere
modo di smontate la vela.
Per
un certo tratto ho cercato di seguire la scorciatoia consigliata
dentro un canale carico di traffico, e guadagnare la via del
rientro ricongiungendomi agli altri che già stanno planando
sulla via del traguardo. Con
l'aumentare delle raffiche questa mia spavalderia si è
presto trasformata nell'angosciante esperienza della perdita di
controllo del timone e conseguente serie di scuffie e tentativi
vani di rimettersi in piedi, fino a trovarmi totalmente
capovolto nel mezzo del canale, con traghetto e motoscafi che si
fermano mentre i turisti fotografano e si godono lo spettacolo
dello sventurato che cerca di tenere insieme i pezzi e le borse
che vanno galleggiando per la laguna.
foto
Matteo Bertolin
Dopo
pochi minuti, per fortuna vengo accostato da un'imbarcazione del
C.V. Casanova comandata da un certo sig. Vittorio (non ricordo
il cognome purtroppo) e da altri due lagunari e una signora straniera, i quali come angeli
salvatori mi tolgono prontamente dai guai, soccorrendomi con
impeccabile precisione
e solidarietà e mi
rimorchiano con altre 3 ritirati (tra cui
Ettore e Giorgio
Mussi) a P.S Giuliano.
Nel
mio caso però, il sentimento del "naufragio" si è
subito sommato a quello poco piacevole della scuffia e del
ritiro, perchè a quel punto mi sono accorto di ave
r c
ommesso l'imperdonabile sbadataggine di aver riposto
pantaloncini e chiavi del camioncino nella borsa sbagliata e
persa in laguna con il timone, seconda sorpresa di ritrovarsi
portafoglio e telefono comunque inzuppati nello zainetto nuovo
"garantito ermetico".
Potrete
facilmente immaginare quale fosse il mio morale se aggiungo che
mia moglie e mia figlia con i miei due nipotini attendevano
a Jesolo
(a
40 km
) il rientro del "nonnetto Cesare" con ansia e qualche
giustificata preoccupazione visto l'evolvere degli eventi.
Per
fortuna non tutte le disgrazie vengono per nuocere, infatti
la mia Velalonga
è proseguita obbligandomi a un supplemento di viaggio sui mezzi
e con la solidarietà di persone come Giorgio Mussi e Silvana
che mi hanno accompagnato prima in albergo
a Jesolo
, dove abbiamo comunque festeggiato questa imprevista riunione,
e poi il giorno seguente dandomi un passaggio fino a Milano alla
stazione MM. Dopo di che, con l'aiuto di mio fratello
motociclista è stato comodo raggiungere il paesello e rientrare
con le chiavi di scorta in tasca fino a P.S. Giuliano entro
sera, viaggiando in treno, autobus e autostop come ai vecchi
tempi.
In
conclusione, a parte la deriva rotta, il timone le chiavi e
altri oggetti persi, credo di poter affermare di aver ricevuto
il mio "battesimo lagunare", e di ave
r p
assato un'esperienz
a a
ssolutamente positiva e formativa che mi ha lasciato
completamente soddisfatto e carico delle voglia di ritrovare
quel magico mondo acquatico .
Arrivederci
prossimo raduno ,
un caro saluto da Cesare Costa.
Il
racconto di Nero - Parto o non parto ?
SABATO
Per Venezia, parto o non parto?
Le previsioni sono brutte,
a Pavia
c'è un vento fottuto che rompe pure gli alberi - potrebbe essere
un fosco presagio - Luigi che è sempre entusiasta sembra
diventato un pensionato, e io, chi me lo fa fare? Ebbene, me lo
fa fare il fatto che la Velalonga è sempre un'avventura, che
finora non me ne sono mai persa una, addirittura
rinunciando più volte al contemporaneo raduno nazionale degli
Alpini (che vergogna per un Alpino!), e che se sono
sopravvissuto 4 anni fa probabilmente me la caverò anche
adesso. Pronti, via.
DOMENICA
Previsioni di vento 13 nodi a inizio pomeriggio: beh,
può ancor
a a
ndare bene!
"M
a g
uarda che ieri le previsioni davano 18 e poi sono stati 25"
Urca, allora devo montare la randa vecchia, un po' più
piccola ma che soprattutto posso terzarolare.
Il vento sta calando.... ma poi probabilmente
aumenterà......
Allora una sola mano di terzaroli invece di due -
si fa per dire, cioè un solo giro di randa intorno all'albero,
invece di due.
PARTENZA Ottima,
perchè, in ritardo da San Giuliano, arrivo appena
in tempo sulla linea mentre sparano il razzo dalla barc
a g
iuria, sono lì di fianco, vedo il tappo giallo del
razzo che finisce sulla barca di Gustavo - il tappo.... al
momento
ho pensato che si trattasse proprio del razzo..... ho
pensato chissà cos
a g
li succede ora.... ma no è solo il tappo!
Invece il razzo si dirige verso quelli partiti in
anticipo, li beccasse almeno!.
PERCORSO
All'inizio un po' di vento, ma poi sempre meno, comincio
a perdere posizioni su posizioni, la mia randa non rende, mi
supera Guido, Mariagiulia pure, mi sembra di avere il motore
rotto, le gomme d
a a
sciutto sotto la pioggia, mi supera Roberto, osa chiedermi anche
come va...
Devo togliere la mano di terzaroli, ma se poi viene il
vento? Ancora un quarto d'ora di pena e poi: BASTA, non ne posso
più, via i terzaroli!
Ma non sono terzaroli: tenendo il timone con un piede
devo liberare completamente la randa dal boma, farl
a g
irare intorno all'albero e poi rifissarla sul boma ed alla
scotta.
Tempo
quasi 5 minuti e intanto mi passa pure Ettore che mi chiede:
"Nero, hai problemi?"
Ma quali problemi! gli ruggisco.
Finalmente ho tutta la randa, che seppure più piccola
della mia consueta e anche priva della prima stecca in alto mi f
a a
ndare molto più veloce. Ribecco
Ettore - così
impari -, ora mi difendo anche con le barche più grandi, ma
subito il vento cominci
a a
d aumentare: bene, sto andando magnificamente.
Sono
nel canale da risalire contro vento,
e il vento
aument
a a
ncora.
Raggiungo e supero passandogli vicinissimo (apposta)
Roberto Prina e Ann
a a
ttaccati a una bricola che prendono i terzaroli. Ora dovrei
prenderli anch'io, ma come faccio? E Roberto urla: "Adesso
sarai contento di avere scelto la vela che si può
terzarolareeee !!"
Invece un ca....volo!
I terzaroli li ho tolti e non posso più
rimetterli. - Invece avrei potuto farlo andando a terra su
qualche isolotto -.
Ora l'andatura volge al lasco, la barca non tiene più il
vento, sembra una farfalla impazzita portata dal turbine....
devo sventare.... al traverso potevo farlo facilmente. M
a a
desso il vento è sempre più di poppa, come faccio a sventare?
Fileggio
la randa tutt
a a
prua, non voglio compiere l'errore di 4 anni fa, che
credevo di essere un dio tanto andavo
forte e invece
mi ero ritrovato ad essere un misero naufrago intirizzito. E via
fileggiando, si va lo stesso, ma che schifo di andare: la voglia
di prendere vento ma l'immediato rischio di scuffia, la vela che
continuamente sbatte frenetica decuplicando sotto le
raffiche la sensazione di enormità del vento, la paura...
cederanno i bulloni del boma? e l'albero?
Mi passano due o tre barche piu grosse, poi dietro non
c'è più nessuno, ma no, c'è uno che arriva, mannaggia è quel
demonio di Gustavo! Guarda come va, come un treno, m
a g
uarda, anche sotto raffica come tiene quella barchetta che è
sempre indietro!
E
che stabilità! E lui, ora st
a a
nche in piedi spalle alla poppa, ma che almeno scuffiasse!
Macchè, non scuffia, e addio Gustavo chi lo vede più?
Ma cos'è quel bianco sul mare che vedo verso la costa?
Oddio, sarà mica un vento ancora più forte? Ma in pochi
secondi la spiegazione: un bell'acquazzone che aggiunge il
freddo a tutto il resto.
ARRIVO
Sto arrivando, sono sotto all'ultima isoletta che non so
come si chiama e poi c'è il traguardo. Mi rendo conto che
giunto là dovrò strambare per andare a tagliare la linea di
arrivo.... strambare? Impossibile con questo popò di vento! Devo
prendere vento, orzare, virare al vento, poggiare e fileggiare
di nuovo: facile a dirsi, ma sarebbe anche facile a farsi se la
paura di scuffiare all'arrivo non mi rendesse troppo timoroso,
così orzo ma non prendo sufficiente vento, viro ma mi fermo
vento in prua, non riesco a fare la marcia indietro che invece
normalmente mi viene così bene, finalmente riprendo un po' di
vento e viro
, ma qui l'errore grave, non sono lesto a sventare, prima
straorzata, resisto, seconda, addio, la fine, la scuffia è
qua: quale sensazione finendo in acqua? il freddo? il gelo?
ma no, l'acqua è una broda calda, il freddo che
avevo scompare, è come se fossi immerso in una vasca da
bagno con acqua tiepida, meravigliosa scuffia. Ma non per il mio
orgoglio, cavolo! Raddrizzo facilmente lo scafo (meno male!),
risalgo, mi guardo intorno, la linea d'arrivo è dietro
all'isolotto, nessuno mi ha visto. E Vaai!
Un po' di fileggiat
a a
prua, poi l'ultimo glorioso bordo al traverso a tagliare
l'ambito traguardo. E' finita, questa
volta ce l'ho fatt
a a
portare
a casa la
ghirba!
Che
sberle di sensazioni ragazzi!
E dire che qualcuno invece se ne è stato
a casa con
le gambe sotto al tavolo a riempirsi di ravioli!
Mah....
Nero
Il
racconto di Ettore - I gioielli di famiglia
Io
purtroppo faccio parte di quei 51 ritiri (su 162 iscritti).
Quando il vento è aumentato ho vissuto momenti di esaltazione
pura, finalmente recuperavo posizioni (dopo aver fatto il lungo
tratto di poppa in cui mi superavano anche i tappi di sughero
abbandonati in mare) e velocemente ho raggiunto Gustavo e il
Nero, ormai li avevo nel mirino, imbocchiamo il canale nei
pressi dell'isola di
Murano e non
so per quale motivo ad ogni virata la barca si ferma con la prua al vento... bye bye Gustavo, bye bye Nero.
Non mi perdo d'animo,
velocizzo la manovra e la barca in qualche modo vira.
Raggiunto
il canale di
S. Erasmo
, da fare con il vento sul naso e contro la corrente, vedo
Giorgio fermo su un isolotto intento a smontare la vela, davanti
a me due grosse imbarcazioni tipiche (credo si chiamino
sanpierote) arrancano per risalire il canale, io sono nettamente
più veloce, ma il canale è stretto e le barche sono grandi.
Provo a passare la prima, ma un "membro"
dell'equipaggio (mai nome fu più azzeccato) mi inveisce contro
e mi rimetto dietro.
Continuano a fare bordi ma non avanzano,
devo per forza passarli, unica soluzione fare due virate vicine,
figuriamoci, la barca fatica a
farne una e infatti si ferma prua al
vento e scarroccia
verso l'isola dove c'è Giorgio, faccio per saltare
sull'isolotto ma la barca si rovescia e non so come mi colpisce
violentemente prima l'interno coscia e poi "i gioielli di
famiglia".
Sono
fermo in piedi sull'isola, osservo la situazione, trenta metri
alla mia destra c'è un tizio soccorso con la testa tumefatta da
una bomata, cinquanta metri a sinistra c'è una donn
a a
nch'essa soccorsa che strilla in pred
a a
d una crisi di panico, nel frattempo Giorgio ha smontato
l'albero e ritorn
a a
remi. Decido di tornare anch'io mi rimetto in barca faccio un
tratto al lasco e penso preoccupato a come fare il canale
successivo dove avrò il vento esattamente alle spalle. Quando
raggiungo il canale la vela si gonfia, è impossibile sventarla,
la barca letteralmente vola sull'acqua, penso "ce la posso
fare", ma subito dopo mi ritrovo in mare. Mi vengono in
mente le parole di Mario prima di partire "se scuffi non ti
preoccupare, c'è un metro d'acqua ti metti in piedi e risalti
in barca", ma io sono in mezzo ad un canale. Con l'aiuto di
due passanti risalgo in barca ma dopo pochi metri sono di nuovo
in acqua. Non riesco a risalire, raddrizzo la barca ed aspetto i
soccorsi in acqua, è la resa!
Nella
mia vita ho per anni giocato
a calcio e
praticato ciclismo, ma vi assicuro che non ho mai avuto il mal
di gambe che ho oggi.
P.s.
I "gioielli di famiglia" sono
a posto
(almeno credo!) e all'interno coscia ho un livido da record (non
vi allego la foto solo perchè passerei i limiti della
decenza).
Ciao
a tutti.
Ettore
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